Francesco, oggi ti salutiamo, ma non ti lasciamo

27 Dicembre 2017
2 Commenti


Andrea Pubusa

Oggi alle 15,20 il saluto di compagni ed amici a S. Michele

(11 dicembre Festa del referendum: Francesco con alcuni compagni del Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria, mentre le compagne ballano il ballo sardo)

Oggi alle 15,20 a S. Michele salutiamo Francesco. Lo facciamo con semplicità, non dico in allegria, come lui vorrebbe, ma con serenità, come lui se n’è andato. Non ha voluto crearci problemi neppure nell’addio. Si è congedato con garbo, con riservatezza, com’era nella sua indole, senza creare ad alcuno neanche il problema del permesso a lavoro per recarsi a salutarlo. Quanto lui era premuroso con gli amici così era schivo quando si trattava di ricevere attenzioni.
Per quelle insondabili coincidenze nelle vicende umane se ne va mentre noi festeggiamo il 70° della promulgazione della Costituzione, che lui aveva difeso con vigore nel 2006 contro lo sfregio inferto da Berlusconi e contro la replica vigliacca di Renzi dello scorso anno. Ci stavamo, con Francesco, preparando a ricordare questa data storica in un Convegno di metà gennaio, e, insieme, nel nuovo anno a celebrare il 70° dello Statuto sardo. Ora, lo faremo in suo ricordo il pomeriggio del 15 gennaio nella sala della Fondazione di Sardegna in via Torino.
Francesco, che aveva una grande sensibilità istituzionale e una seria cultura da costituzionalista, aveva chiara consapevolezza della storicità di queste Carte, ne avvertiva in talune parti il carattere datato, eppure era molto circospetto sulle proposte di modifica e del tutto insofferente alle improvvisazioni, alle cc.dd. riforme fatte sull’onda della demagogia.
E sapete perché lui era così appassionatamente legato a queste Carte?  La ragione è molto semplice. Perché Costituzione e Statuto sardo sono il frutto di grandi lotte popolari, poggiano sulla riflessione lunga di intellettuali coraggiosi. Perché erano bagnate dal sangue di tanti martiri. E per lui, laico, queste cose avevano il crisma della sacralità.
Quasi 70 anni anni fa, il 26 febbraio 1948, l’Assemblea Costituente ha approvato lo Statuto per la Sardegna, dando all’Isola un’autonomia speciale legislativa e amministrativa. Comunemente si ritiene che questa preziosa Carta costituzionale dei sardi sia nient’altro che uno Statuto ottriato, concesso, una appendice della Costituzione italiana, approvata ed entrata in vigore poco prima. Certo, lo Statuto affonderebbe, pur sempre, le sue radici nella Resistenza, nella lotta di Liberazione nazionale contro il nazifascismo, ma scompare quasi la lotta sociale e politica sarda, la nostra storia. Sembra che lo Statuto sia sorto senz’alcun significativo e specifico apporto dei sardi. Ed invece per Francesco non era così. Lo diceva con foga. Lui ci ha insegnato che lo Statuto evoca grandi uomini ed avvenimenti della storia sarda che hanno alimentato l’idea della libertà in collegamento coi grandi sommovimenti che hanno sconvolto e cambiato il mondo. Fu nella Grande Guerra, lo sappiamo tutti, tra le trincee degli altipiani dolomitici e carsici, che trovarono sbocco positivo e si diffusero velocemente idee di riscatto sociale, di autonomia e di libertà. Ma - sottolineava Francesco nelle sue socratiche conversazioni con noi all’ombra del suo grande ulivo - si trattava di idee in incubazione da secoli e che avevano animato tutto l’Ottocento sardo dopo la scintilla, mai spenta, della breve epopea angioiana della fine del 1700, a partire dai moti di Thiesi e Santulussurgiu del 1800. Spiccano grande figure, che Francesco elencava puntigliosamente perché se ne evocasse il ricordo e le si portassero in onore: non solo Angioy, ma Francesco Sanna Corda, parroco (vicario) di Torralba e il notaio cagliaritano Francesco Cilloco, barbaramente massacrati dai Savoia e dai baroni sassaresi dopo il fallito tentativo insurrezionale per la Repubblica sarda nel 1802. Salvatore Cadeddu e altri due patrioti, Raimondo Sorgia, Giovanni Putzolu, animatori della  tentata rivolta di Palabanda del 1812, impiccati a Cagliari nella pubblica piazza. Seguono i moti popolari di Alghero del ‘21 e la ribellione del 1832 nel Nuorese contro le recinzioni realizzate «a s’afferra afferra» in attuazione dell’editto delle chiudende. E l’anno successivo (1833) la fucilazione a Chambéry, perché accusato di essere mazziniano, l’ufficiale sassarese Efisio Tola, fratello di Pasquale, magistrato, erudito, rettore dell’Università di Sassari e storico raffinato della Sardegna. E poi Francesco ricordava, fra i tanti, alcuni grandi spiriti dell’Ottocento come lo Spano, il Siotto-Pintor, il Tuveri. Quest’ultimo, in particolare, nel 1851 pubblicò il trattato teologico-filosofico «Del diritto dell’uomo alla distruzione dei cattivi governi», che illustra la sua concezione dello stato federalista, dove il popolo è sovrano. Insisteva Francesco: fu questa battaglia culturale a costituire l’humus da cui è nata l’idea dell’autonomia per poi diffondersi e divenire una coscienza di massa durante i terribili sacrifici imposti ai combattenti della Prima Guerra Mondiale, ad opera di uomini come Attilio Deffenu, Camillo Bellini, Emilio Lussu. La rivendicazione dell’autonomia regionale divenne uno dei punti qualificanti del programma dell’associazione degli ex combattenti e poi del PSd’A che si organizzarono all’indomani della Grande Guerra e vide in Emilio Lussu l’esponente più noto e deciso. Problematiche che entreranno anche nei programmi dei grandi partiti nazionali, e segnatamente in quello del Pcd’I quando Antonio Gramsci ne diverrà segretario generale e nel Partito popolare di Sturzo. E’ da qui - sottolineava Francesco - che, ancor prima della fine del Secondo Conflitto Mondiale, il 27 gennaio del 1944 nasce l’Alto Commissariato per la Sardegna, il primo passo verso la nostra autonomia regionale, seguito dalla Consulta per lo Statuto e finalmente dallo Statuto. Si sente qui la grande lezione storica di Renzo Laconi, che Francesco aveva appreso fin dagli anni giovanili dalla viva voce di Laconi, segretario regionale del PCI.
Francesco si appassionava nel narrare questi eventi nel riannodare finemente i tanti fili della storia sarda a quella nazionale ed europea. E soffriva per l’oggi. Sembra paradossale - diceva quasi con rabbia - lo Statuto in certo senso non esiste più; è svanito per la spinta congiunta del nuovo titolo V della Costituzione, dell’inerzia del Consiglio regionale e dell’apatia dei sardi. La revisione costituzionale del 2001 ha ridisegnato il regionalismo italiano, assegnando sostanzialmente alle regioni ordinarie potestà legislative e amministrative non dissimili da quelle prima riconosciute solo negli Statuti speciali. Si fanno salve le «condizioni di miglior favore» in essi previste (peraltro spesso cadute in desuetudine). E così per conoscere delle potestà della Sardegna bisogna ricostruire un complesso puzzle fatto di disposizioni del titolo V per le regioni ordinarie e dello Statuto speciale. Un pasticcio. Ed anche una vergogna, se si pensa che stiamo parlando non di una qualsiasi disciplina ma del nostro assetto costituzionale e della «forma di Stato» della Repubblica. Ma se in passato sono stati il regime sabaudo e quello fascista a far tacere i sardi con la forza, oggi- diceva preoccupato - siamo noi, con la nostra insipienza, a privarci di un nuovo Statuto adeguato ai tempi e alle nostre aspirazioni. Franceso stimolava ad un sussulto d’orgoglio e d’intelligenza. Ci richiamava all’azione nel solco del pensiero e dell’azione dei grandi sardi e dei popolani sardi che hanno lottato duramente per queste conquiste.
E contro i tentativi di modifica della Costituzione più volte Francesco è intervenuto severamente, nel corso delle iniziative del Comitato per il NO e anche in questo blog con scritti netti e incisivi. Sentite cosa scriveva il 24 ottobre 2016:
Non se la prendono i sostenitori  del SI se parteggio per il NO al voto referendario del 4 dicembre.  Conosco  degnissimi  sostenitori del si  che meritano il massimo rispetto. Il loro voto favorevole in generale nasce da una mancata lettura o mancata riflessione sul  testo referendari proposto. Del resto come si fa a dire NO a domande che  propongono la diminuzione del numero dei parlamentari o l’abolizione del CNEL. A queste domande, se non pongo attenta riflessione, dovrei anch’io rispondere SI. Solo che quelle domande per il modo in cui furbescamente vengono poste finiscono per essere esse stesse  un motivo in più per votare  NO. Aggiungo un NO incazzato perché non si può riformare una costituzione con l’inganno.  A ben vedere è una tecnica da marketing: ti propongo di acquistare un certo prodotto ad un prezzo molto scontato a condizione di farti acquistare un altro prodotto di scarto.
Dicono che la Costituzione attende di essere riformata da 30 anni. Solenne menzogna! Forse che non  è stata già modificata (riforma Bassanini) con norme abborracciate, e ancora più recentemente non è entrato in vigore il nuovo articolo 81?!   Certo vi sono norme  da modificare con attenta  ponderazione senza spaccare il Paese perché la Costituzione è la legge fondamentale di tutti gli Italiani, e questo ben compresero i padri costituenti che la approvarono con la maggioranza di due terzi”.

Una battaglia vinta, fra le tante combattute insieme. Per questo l’11 scorso Francesco è venuto a festeggiare, coi compagni e le compagne del Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria e l’ANPI, l’anniversario della vittoria referendaria. E così ci siamo salutati in allegria. E poi ci ha lasciato sereno, con la coscienza tranquilla di chi ha sempre fatto il suo dovere di homo civis, di cittadino democratico, di combattente per un mondo di uomini liberi e uguali. Ma sia ben chiaro - noi, caro Francesco, non ti lasciamo.

2 commenti

  • 1 Oggi salutiamo Francesco Cocco | Aladin Pensiero
    27 Dicembre 2017 - 09:54

    […] Andrea Pubusa su Democraziaoggi. […]

  • 2 Gian Piero Perinu
    27 Dicembre 2017 - 10:47

    Salutò con dolore la scomparsa di un vero comunista e galantuomo. Ci saluta nel giorno in cui si festeggia la nascita della nostra amata Costituzione

Lascia un commento