Ittiri, una storia gloriosa di lotte per la giustizia sociale

9 Dicembre 2017
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Gianni Pisanu

Gianni Pisanu c’invia una breve storia che mostra la grandezza degli ideali di solidarietà internazionale e di classe che animava la comunità ittirese, guidata dai socalisti e comunisti all’inizio del secolo scorso. Leggete la delibera a fine articolo. E’ una pagina tanto alta, da essere commovente; la lettura ci stimola ad un maggior impegno nelle battaglie di eguaglianza e democrazia dei nostri giorni, così carichi di egoismi e d’istinti prevaricatori e razzisti.

 

 

Dal punto di vista storico-geografico Ittiri Cannedu fa parte del Logudoro occidentale sub regione Coros. Nel 1991 contava una popolazione di 9.267 abitanti, erano 6.979 nel 1901.
Le attività prevalenti legate al territorio sono costituite da sempre dalla pastorizia, prevalentemente stanziale con la trasformazione di tutto il latte nel grande caseificio cooperativo, e dall’agricoltura (carciofaie e olivicoltura) praticate entrambe con criteri avanzati.
Grande prestigio per il paese deriva dalla stima che ha sempre accompagnato gli artigiani, muratori, fabbri, scalpellini, falegnami, e un tempo anche i sarti e i calzolai di Ittiri, per laboriosità e perizia. Un cenno meritano l’arte della tessitura e dell’intreccio delle corbule. A Ittiri Eugenio Tavolara ha trovato le artigiane che hanno dato concretezza alle sue geniali intuizioni.
A proposito dei muratori e scalpellini, basterebbe una visita al paese dove sono presenti numerose facciate e cornici di porte e finestre risalenti al primo ‘900, come pure alla parte antica del cimitero per ammirare le opere che quegli uomini hanno saputo realizzare dalla trachite e arenaria che ancora oggi viene cavata e lavorata con altri mezzi e sistemi, ma non sempre con gli stessi risultati.

La storia del secolo scorso conferma quanto la passione politica abbia trovato nella comunità ittirese un terreno fertile. Possono essere indicativi due episodi del 1906 e del periodo dell’immediato 2° dopoguerra.

I moti popolari del maggio 1906

Un gruppo di scioperanti con una bandiera in testa al corteo, cominciò ad aggirarsi per le principali vie del paese al grido: “abbasso i caseifici”. Il caseificio dei continentali Castelli e Berio aveva la necessità di quanto più latte possibile per soddisfare la domanda di pecorino romano dal nord America, pertanto aveva pensato bene di aumentare il prezzo del latte.

I pastori ottenevano un aumento dei ricavi, ma il risultato finale, dato che quasi tutti erano in affitto era tutto a vantaggio dei proprietari terrieri che aumentavano l’affitto e non concedevano più i terreni ai contadini causando disoccupazione. In molti casi una volta ottenuto un terreno in affitto taluni subaffittavano ad altri allevatori.
Un altro risultato era l’innalzarsi dei prezzi del latte, dei latticini, e la scarsità del grano, poiché anche nei paesi del circondario la situazione era simile se non peggio. Come diremmo ai giorni nostri: il PIL aumenta, evviva, ma solo per pochi, i poveri che erano maggioranza vedevano aumentare la loro sofferenza.
Gli scioperi coinvolsero non solo i contadini, ma anche operai e artigiani anch’essi colpiti dal caro viveri, e andarono avanti per tutta l’estate, con la partecipazione di molte donne e bambini. L’esercito intervenne più volte e l’organico dei carabinieri venne potenziato con militari richiesti ad altre stazioni. Gli scioperi sfociarono con assedi ripetuti ai caseifici e l’invasione del comune con ferimenti e falò dei documenti dell’anagrafe e sedie degli uffici. Ci furono 26 arresti.
Le proteste si placarono in parte perché alcuni grossi proprietari rifiutarono offerte cospicue per non entrare in un sistema che era una specie di trust, e buona parte di contadini e braccianti ebbero la possibilità di tornare al loro lavoro. La dura repressione da sola non era stata sufficiente a fermare la protesta.

Le lotte per la terra

Intorno alla fine del 1945, il problema dell’occupazione rischiava di esasperare la popolazione. Con il ritorno dei reduci le occasioni di lavoro erano ulteriormente diminuite. “Anche a Ittiri la possibilità di guadagnarsi qualche giornata era legata alla particolare abilità del prestatore d’opera- scriveva Salvatore Lorelli - al bracciante si tastavano i muscoli. I comunisti seppero proporre un nuovo modo di intendere il rapporto con la terra, ancora l’unica risorsa per la maggioranza della popolazione. “La terra a chi la lavora” fu lo slogan, non nel senso della “sovietizzazione”, ma del “diritto all’accesso alla proprietà”.
Fra i tanti elementi che contribuirono a favorire (meglio dire consolidare) l’ideologia di sinistra a Ittiri, sempre secondo Lorelli, assunse grande importanza il fatto che in quell’area era stato confinato durante il fascismo un giovane socialista proveniente dal Lazio, Donato Leone. Non fu un caso che la costituzione della cooperativa agricola, ai sensi dei decreti Gullo del novembre 1944 fu formalizzata nel gennaio 1945. I braccianti sindacalizzati superavano le 1000 unità.
Intanto la requisizione delle terre da destinare alla cooperativa incontrava le prime decise ostilità. “erano terre che conoscevamo bene, incolte da anni” riferiva uno dei 12 fondator della cooperativa, Salvatore Sussarellu, delegato alla trattativa convocata dalla commissione prefettizia. Le buone ragioni dei contadini venivano eluse da rinvii e altri stratagemmi come il sentirsi proporre altre terre difficili da raggiungere e non adatte alla coltivazione e “nella maggior parte dei casi eravamo costretti comunque ad accettare, perché la necessità di lavorare prevaleva su ogni altra considerazione”.
Iniziarono le occupazioni. La prima avvenne il 2 ottobre del 1949. La polizia sorprese contadini (28) al lavoro e armi in pugno sequestrò gli arnesi da lavoro e li ammanettò per condurli alla caserma del paese. La notizia si diffuse e centinaia di persone si portarono all’ingresso dell’abitato per aspettare l’arrivo dei cellulari e camionette. Allora il corteo prese la strada per Sassari. Uno dei protagonisti, Giovanni Maria Tavera riferisce: “in Questura ci definirono facinorosi e sovversivi. Non conoscevo il significato di quelle parole, non eravamo violenti, non abbiamo opposto resistenza, eravamo dei poveri contadini senza terra”.
Il fallimento della prima occupazione non scoraggiò la determinazione dei contadini. Anzi l’eccessivo rigore con cui l’autorità aveva reagito sembrava aver prodotto un effetto contrario. Il territorio di Ittiri -ormai era chiaro- per dimensioni e caratteristiche morfologiche non era in grado di assorbire la forte pressione bracciantile. La cooperativa contava oltre 300 soci e divenne sempre più uno strumento di lotta per il lavoro. “La soluzione non poteva che essere l’occupazione della Nurra” spiegava Toiedda Meloni che fu protagonista di quell’episodio. Veniva chiamata la terra di nessuno. Migliaia di ettari che mai avevano visto la mano dell’uomo.
Toiedda non aveva studiato, era una semplice contadina che, come gran parte delle donne ittiresi, ha trascorso gli inverni della sua giovinezza negli uliveti del paese per la paga di un litro d’olio al giorno. All’epoca dei fatti era poco più che ventenne, era dotata di una straordinaria sensibilità per i problemi sociali, si trovò sempre più coinvolta in quegli avvenimenti fino a divenirne una, se non la, figura centrale.
La vicenda della Nurra vide l’assegnazione di migliaia di ettari e gli ittiresi, a costo di occupazioni, arresti, processi, ancora occupazioni alle quali parteciparono uomini e donne di ogni estrazione in appoggio ai contadini, ottennero centinaia di poderi dove adesso vivono e lavorano i figli e i nipoti dei protagonisti di questa storia straordinaria. Ancora alla fine degli anni ‘990, era normale incrociare nella contrada donne che mantenevano l’uso del tradizionale inconfondibile costume del paese.

 

 

 

 

 

Un tuffo nel primo novecento

Libro dei verbali del Consiglio Comunale di Ittiri

N° 51 addì 4-9-1921

Oggetto

Erogazione di un sussidio straordinario a favore della popolazione Russa languente nella miseria.

 

VERBALE del Consiglio in sessione straordinaria partecipata al Sig. Prefetto.

Adunanza del giorno quattro settembre millenovecentoventuno, in prima convocazione. Convocato il Consiglio di questo Comune con avviso in iscritto contenente l’elenco degli oggetti da trattarsi……. convennero …… i Signori Consiglieri: 1 Dore Angelo 2) Piras Giomaria 3) Serra Leonardo 4) Mele Diego 5) Canu Giov. Antonio 6) Biddau Francescantonio 7) Meloni Leonardo 8) Tavera Giovanni 9) Manca Gian Salvatore 10) Oggianu Francesco 11) Cau Francesco 12) Cossu Antonio. Presiede l’adunanza il Signor Angelo Dore Sindaco.

Il Presidente…… pone in discussione l’oggetto……. Egregi Colleghi

“Noi aiutiamo le popolazioni della Russia, secondo il consentono le nostre deboli forze, e non già per speculazione politica, sola prerogativa del prete; ma per quel senso umanitario che domina le nostre coscienze, e dirige le nostre azioni, nel porgere sollievo a chi si dibatte fra la miseria la più spiccata, e le sofferenze, le più inaudite, guidati da quel sentimento, che superbo rifulge in tutta la sua magnificenza della solidarietà di classe.

Noi aiutiamo quei bambini affamati dalla guerra, dall’assedio capitalistico mondiale, dal flagello della siccità, che il buon Dio dei preti, impostori e malvagi, già da un settennio vi ha scatenato.

Noi aiutiamo quel popolo, in cui il terribile spettro della fame miete vittime innocenti, e ci adoperiamo per la sua salvezza, con entusiasmo, pari a quello dimostrato dall’Esercito Russo, quando anch’esso spinto da sentimento umanitario, si slanciò fra le rovine di Messina, e di Reggio Calabria, per estrarre di sotto le macerie, le vittime dei terremoti, che come la siccità in Russia, il buon Dio del prete avea mandato.

Il Comune dà ciò che può in proporzione alle sue finanze, sapendo di adempiere ad un’opera altamente umanitaria e Civile. Qualcuno dirà che si dovrebbero di preferenza soccorrere i nostri poveri; costoro d’altra parte dovrebbero pensatamente considerare, che molti si sono generosamente immolati per il benessere altrui……. I nostri poveri vivono in un ambiente ben diverso, lungi dalle rovine di un flagello; fra persone che detengono la ricchezza, e non mancano di cuore……

Aiutiamo dunque, quella parte del popolo Russo che vive di stenti e muore d’inedia…… noi che comprendiamo tutta la grandezza della solidarietà, specie della solidarietà internazionale, che è il legame di tutti i popoli del mondo uniti in una sola famiglia; oggi da questo modesto paese di lavoratori, mandiamo riverenti un saluto al popolo Russo, inneggiando alla solidarietà internazionale ed al socialismo……

Propone che l’Amm/ne Com/le deliberi la concessione straordinaria di un sussidio di lire cinquecento.

Ed il Consiglio

plaudendo alla proposta del Presidente, con voti unanimi ottenuti per appello nominale

Delibera……… Il Sindaco Angelo Dore

 La composizione del Consiglio comunale secondo la professione era la seguente: agricoltori 5; braccianti agricoli 5; pastori 2; artigiani 7; carrettieri 1. Per la prima volta accedevano alla scena politica i braccianti e i carrettieri.

Nella seduta del 5 dicembre 1920 il Consiglio si proclamava socialista e aderiva alla lega dei comuni soialisti, anche per difendersi dalle difficoltà che la borghesia avrebbe potuto creare.

Angelo Dore (Ittiri 1875-1936) Fabro dalle forti braccia, dalla dialettica sagace, trascinatore di folle, fondatore e instancabile diffusore dei principi e delle idee socialiste. Come antifascista fu perseguitato dal regime fascista. Fu sindaco per quasi 3 anni dal dicembre 1920 al luglio del 1923. Successivamente il Consiglio fu sciolto dal regime. I compagni di partito lo hanno esaltato come grande pensatore, come scrittore, come uomo politico, gli avversari hanno cercato di infangarlo ingiustamente. In realtà era un grande uomo ed ebbe un ruolo importante per la vita politica sarda. Da buon socialista vide nel lavoro il suo più grande ideale e dedicò ad esso energie e spirito di impresa. Apri un frantoio e un panificio raggiungendo una condizione di relativa agiatezza. Autodidatta, si cimentò anche nella poesia in limba con un libello in versi rimasto famoso.

 

 

 

 

 

 

2 commenti

  • 1 Oggi sabato 9 dicembre 2017 | Aladin Pensiero
    9 Dicembre 2017 - 10:38

    […] Gianni Pisanu su Democraziaoggi. —————————————————– Eventi aladinsegnalati————————- Oggi sabato 9 dicembre————————————————- - Approfondimenti su Aladinews (intervento di Gigi Sotgiu). —————————- Lunedì 11 dicembre —————————————————– ————————————— Giovedì 14 dicembre Auditorium Comunale [Piazza Dettori 8, Cagliari] ore 18:00 L’economia della felicità – Incontro con l’economista Leonardo Becchetti. Circondati da ipermercati dove si vende di tutto a prezzi bassissimi, siamo arrivati alla felicità? Forse no, perché dall’economia non dipende solo il benessere delle nostre tasche, ma gran parte della felicità di tutti noi e, a lungo termine, la sopravvivenza del pianeta. Orientare le nostre scelte d’acquisto fa la differenza nel preservare e promuovere valori fondamentali come libertà, giustizia ed equità, valori che sono alla base di una vera felicità. Presenta l’incontro Roberto Sedda. - Libro di riferimento: Capire l’economia in sette passi [Minimum Fax, 2016] —————————— Venerdì 15 dicembre —————————— Sabato 16 dicembre Mercoledì 13 dicembre —————————————————————- “Pro Salute e prosperitate nostra – Nostra Signora di Bonaria nella storia della salvezza, dalla corona al regno d’Italia” ——- di Gianlorenzo Porrà. […]

  • 2 Angelo
    9 Dicembre 2017 - 21:39

    Parlare di documenti straordinari è riduttivo, sicuramente un pezzo di Storia da conservare e tramandare con rispetto e attenzione, Grazie.

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