Antonello Murgia
Dopo aver provveduto ad attaccare i diritti sanciti dalla Costituzione adducendo motivi ora di bilancio (tagli alla scuola pubblica e alla sanità), ora di miglioramento dell’efficienza (attacco al capo dello Stato che rifiutava la firma sul decreto per la ripresa forzata dell’alimentazione; proposta di potenziare il ricorso ai privati in sanità per ridurre le liste d’attesa, etc.), ora addirittura di garanzia per il cittadino (proposta di abolire l’obbligatorietà dell’azione penale o di limitare le intercettazioni), Berlusconi, come era ampiamente prevedibile, è tornato all’attacco frontale, favorito anche da un’opposizione accondiscendente ed autolesionista.
L’occasione è stata fornita dalla vicenda di Eluana Englaro: quando alcuni anni fa gli fu chiesto aiuto, il Premier si guardò bene dal fare qualcosa, mentre il periodo scorso ha prontamente utilizzato la sentenza dei giudici che riconoscevano alle testimonianze dei familiari il valore di espressione della volontà della ragazza in coma, per ergersi a paladino della vita. Tanti episodi precedenti mettono in dubbio la sincerità del Premier in una difesa così estremistica, dall’aborto terapeutico subito in passato dalla moglie al 7° mese di gravidanza (ricordato da Giomaria Bellu sull’Unità del 9 febbraio scorso e relativamente al quale non risulta nessuna sua dissociazione), al sostegno alle guerre USA che in nome della ricerca di improbabili armi di distruzione di massa hanno prodotto l’uccisione di centinaia di migliaia di innocenti, all’intenzione di non andare oltre le chiacchiere rispetto alla piaga delle morti sul lavoro, etc. Peraltro, non si può certo chiedere ad altri minore rigore in difesa della vita in ragione di loro precedenti cedimenti: la vita va difesa sempre e comunque. Però occorre mettersi d’accordo su cosa sia la vita. Come si può pretendere di ritenerla tale senza neanche una lontana speranza di ripresa di una qualche forma di vita di relazione? In un domani molto prossimo si avranno le competenze tecniche per creare un individuo vivo e dotato di vita autonoma partendo da una cellula di un individuo morto (se ne sta discutendo al fine di riesumare specie biologiche estinte). Per quanto dovremmo ritenere allora vivo l’individuo defunto? Io ritengo che Eluana sia morta molto tempo fa perché passati 17 anni non c’è alcuna ragionevole speranza di ripresa e perché gli specialisti della materia affermano che le possibilità sono inversamente proporzionali al tempo trascorso (pressoché inesistenti dopo un anno di coma profondo). Accetto anche che la si pensi diversamente e che, per motivi che prescindono dalle acquisizioni scientifiche chiunque esiga per sé il supporto vitale ad oltranza; trovo inaccettabile che lo si voglia imporre agli altri. In realtà, sono convinto che non si tratti di battaglia per la vita, ma per il potere, sia per il Governo che per la gerarchia ecclesiastica che lo spalleggia.
Il 7 febbraio Berlusconi afferma: “Due culture si confrontano: da un lato la cultura della verità e della vita, dall’altro quella dello statalismo e della morte …Noi siamo per la cultura della vita e della libertà”. E poi: “è necessaria una riforma della Carta costituzionale perché è una legge fatta molti anni fa sotto l’influsso di una fine di una dittatura e con la presenza al tavolo di forze ideologizzate che hanno guardato alla Costituzione russa come un modello”.
Il cavaliere della P2 (tessera n. 1816) è così costante nelle sue bugie che, senza conoscere la Storia né i fatti più recenti, potremmo prendere l’opposto di ciò che dice ed avere ragionevole certezza di ciò che pensa: la Costituzione non nacque affatto sotto l’influsso della dittatura, ma fu il ricordo ancora vivissimo di essa a dettare una Carta molto attenta ad evitare il suo ripetersi e questo disturba il disegno autoritario del nostro. Così come lo disturba il fatto il fatto che gli interessi del singolo (e lui ne ha tanti da mandare avanti per sé) siano subordinati a quelli della collettività (ciò che chiama lo statalismo e che non vale nemmeno spendere parole per spiegare che non ha niente a che vedere con la Costituzione russa). Altra cosa che disturba molto il nostro è che la nostra Costituzione non sia una mera regolatrice di fatti locali, ma, come le altre costituzioni nate dopo il discorso “delle quattro libertà” (Roosvelt 7 gennaio 1941), che essa intenda esprimere la tutela, “dappertutto nel mondo” dei diritti umani universali.
Quei diritti che oggi sono nuovamente sotto attacco frontale da parte di Berlusconi; un attacco che ha riacceso l’allarme rosso nella società civile. Così, mentre il PD continua a mostrare segni preoccupanti di incoerenza e divisione, di cui è testimonianza esemplare il caso Englaro/Ignazio Marino/commissione sanità del Senato (con l’appendice odierna Rutelli-Marini contro l’eventuale referendum: a dimostrazione del fatto che quando si è toccato il fondo non è vero che si può solo risalire, ma si può anche cominciare a scavare), i cittadini che avevano condotto la bella battaglia referendaria contro la modifica della parte II della Costituzione hanno ripreso a cercarsi con più insistenza e a sollecitare una ripresa forte dell’impegno.
Anche a Cagliari (come nelle principali città italiane) ci siamo incontrati il 9 febbraio in un sit-in autoconvocato davanti alla prefettura e l’11 in un’assemblea non molto numerosa, ma ricca di spunti interessanti dai quali intendiamo ripartire, nella consapevolezza della necessità di doverci attrezzare per sostenere un sempre più probabile nuovo referendum e nella speranza che i partiti che avevano sostanzialmente latitato nella precedente tornata referendaria non arrivino addirittura a posizioni contrarie: è un lusso che la nostra democrazia oggi non può permettersi.
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