Andrea Pubusa
Ho detto subito che Puigdemont è un giovanotto che giochicchia con cose troppo grandi per lui. I temi della democrazia, delle valore delle Costituzioni post-fasciste, del loro sviluppo in senso democratico e del consenso sono questioni serie, che non si trattano con leggerezza o disinvoltura. Nel pollaio locale queste posizioni non hanno incontrato il favor di tanti indipendentisti vecchi e nuovi, storici e neofiti, alla Dadea e alla Pigliaru. Il moto corale era: “oggi in Catalogna, domani in Sardegna“. Ed ora? Un dietrofont altrettanto rapido della non meditata adesione? Si capisce perché è bene tenersi alla larga da costoro. Non per antipatia ma per timore. Inseguono tutte le mode, guardano dai loro osservatori ogni stormir di foglia indipendentista e se ne antusiasmano, senza mettere sù nulla di credibile, senza fare innanzitutto i conti con chiarezza con la Costituzione repubblicana.
Ho detto che Puigdemont è una avventurista. Oggi lo dicono, anche i catalani indipendentisti. Come si fa a dichiarare l’indipendenza con l’aereo coi motori accesi per scansare la galera? E come fa Puigdemont, in un’intervista dal rifugio belga, a dire che lui da presidente della Catalogna ha parlato non di indipendenza ma di interdipendenza? Cose da matti! Una farsa. Non che pensi dovesse martirizzarsi. No, era semplicemente ragionevole prendere atto che il percorso verso l’indipendenza è lungo e tortuoso, richiede vaste forze e ancor più ampi consensi e, dunque, si costruisce con pazienza, prevedendo anche passaggi intermedi. Richiede molta cultura e una chiara proposta costituzionale. Companys nel 1934 proclamò l’indipendenza, ma nel contesto meno traumatico della trasformazione della Repubblica spagnola in una federazione. Questo non poteva essere un obiettivo per mantenere e far crescere il movimento?
E qui, in terra sarda, come stanno le truppe indipendentiste, dopo i rovesci catalani? Paolo Maninchedda è tranquillo, ha già la Costituzione. L’assemblea costituente? Lui ha deliberato e Franciscu promulgato. Sapete che di Paolo ho grande stima. Come organizzatore è imbattibile! Come politico mi piace perché fa con maestria un giochino che riesce a pochi. Inventa delle cose grandi per farne piccole: prosaicamente lancia programmi affascinanti per mantenersi a galla. E così ha assunto le vesti di padre costituente con Franciscu, pensando a come sfangarla nelle regionali prossime venture. Di cuore gli auguro buona fortuna. In effetti, lui, mettendo da parte Costituzione sarda ed altro, nel pollaio sardo merita un posto, perché è uno dei migliori.
Paolo deve però lasciar da parte il suo progetto non tanto nascosto di essere il candidato alla presidenza di un vasto fronte. Lì, ahinoi!, ha una fitta concorrenza! C’è Soru che scalpita. Chissà cosa s’inventerà. Fatto sta che va per convegni, sempre ricorosamente senza targa PD, è cerca di riunire un po’ di gente sbandata e disperata, oggi priva anche del modello catalano, segno di catastrofe. Qualcosa al seddorese certamente frulla per la testa. Ha dietro un po’ d’intellettualità che finge di credere alla sua immagine di sardo verace, ma pensa, con lui, di guadagnare un ruolo nelle istituzioni sarde. L’intellighentzia ha sempre desiderio di contare, anche se, in fondo, peserebbe di più facendo il proprio mestiere e basta. Renato e Paolo si sono amati, ma, ahinoi!, l’amore è finito e, come in tutte le passioni appassite, il ritorno di fiamma è quasi impossibile, anche perché la rottura non fu indolore.
Ora poi a complicare le cose c’è Antony. Per lui, confesso, ho una non disinteressata simpatia: mi ha indicato come presidente della prossima Assemblea Costituente Sarda (istintivamente lo preferisco per questo a Paolo che la Magna Carta l’ha già deliberata!). Anche l’ex director sta dando fondo alla convegnistica, ma con Paolo è incompatibile perché vogliono la stessa cosa, nientemeno che la Presidenza dell’Isola. E con Soru? Con Renato Antony non può fare neppure da comprimario. Semplicemente l’aiutante, salvo che mister Tiscali non voglia dargli un peso. Antony vuole l’eredità di Sardegna possibile, però in politica non vale la proprietà transitiva: ciò che ha preso Michela, non è detto che passi all’ex direttore de L’Unione. Anzi, è impossibile. Lei aveva un profilo di verginità politica, di estraneità a questi giochi che Tony non ha.
Morale della favola: gli indipendentisti nostrani vagano in ordine sparso e per di più senza identità: hanno dovuto smettere di chiamarsi ambiguamente sovranisti per l’utilizzo della parola da parte delle destre nazionaliste, ora hanno difficoltà ad appellarsi indipendentisti per via di Puigdemont. L’unità è una chimera. Nessuno è disponibile ad una convergenza per il semplice fatto che ciascuno vuole la leadership e la nega agli altri. Sennonché, come diceva la canzone, “Soli si muore!”. Di qui il funesto presagio. Non solo non avranno l’indipendenza, ma neanche il seggio.
Però non tutto è perduto! Attenzione!, amici miei, la legge elettorale truffa è sempre lì, tutti se la tengono ben stretta, basta allearsi col PD e forse qualcuno la sfanga. Nessuna preoccupazione per l’incompatibilità politica fra unionisti e indipendentisti. In vista delle elezioni nazionali, rosatellum imperante, impazza la nozione di coalizione “tecnica”, per cui ognuno può fare le alleanze più strane e innaturali. Le coalizioni non hanno valenza politica. Costituzione, infissolubilità, indipendenza, autonomia, tutto va in second’ordine. Il re è nudo: ciò che conta è solo il seggio. Essere o non essere (eletto): this is the problem.
P.S. Qualcuno obietta che questa è una visione catastrofica della politica sarda. Tonino Dessì ieri non ha negato la possibilità di un nuovo inizio, ha anche indicato in generale il percorso: “C’è bisogno di un salto di qualità politico, di una maggiore maturità sui temi costituzionali e istituzionali, di un più esplicito e radicale orizzonte democratico, di una più originale e concreta propositività programmatica, proprio in questo versante tutt’altro che marginale, almeno potenzialmente, della realtà sarda, al quale non darei per scontato che molti di noi non possano, sia pure da storie e posizioni non completamente coincidenti, guardare con interesse“.
Sottoscrivo. Ma ci vorrebbero interlocutori che non deliberano Costituzioni da soli, ex direttori che non pensano di essere chiamati dal Signore a presiedere le istituzioni sarde, ma al più e più modestamente a concorrere ad un programma, ci vorrebbero persone in odore di evasione che si mettono rispettosamente da parte, ci vorrebbe un’intellighentzia che, anziché genuflettersi a questo o a quello, svolge la sua funzione in modo rigoroso. Si impegna in uno sforzo di approfondimento culturale e costituzionale per delineare un assetto sociale e istituzionale della nostra Isola, che costituisca un coraggioso ma sicuro approdo democratico, di libertà, di maggiori diritti individuali e collettivi, di un rtrovato gusto per le garanzie e per l’uguaglianza. Se manca tutto questo qui come in Catalogna si insegue confusamente l’avventura, senza successo. Chiaro?
2 commenti
1 Serenella
14 Novembre 2017 - 07:57
Chiarissimo!
2 Oggi martedì 14 novembre 2017 | Aladin Pensiero
14 Novembre 2017 - 10:03
[…] Catalogna-Sardegna: vita dura per gli indipendentisti! 14 Novembre 2017 Andrea Pubusa su Democraziaoggi ——————————————- […]
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