Tonino Dessì
Ripensando alla discussione sulla legge elettorale sarda, mi è caduto l’occhio sopra i risultati prodotti dal meccanismo della legge elettorale siciliana, che si basa sull’elezione diretta del Presidente, sul voto presidenziale disgiunto e su una premialità maggioritaria sostanzialmente coincidente con l’assegnazione al candidato presidenziale vincitore dei sei seggi di un listino regionale.
Con trentasei seggi assegnati al centrodestra, venti al M5S, tredici alla coalizione a guida PD, uno alla sinistra, balza agli occhi che la maggioranza a Palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea Regionale Siciliana, è appesa a due voti di vantaggio, il che, conoscendo le turbolenze della politica italiana anche nelle sedi locali, non è che garantisca grande coesione nè lineare coerenza interna, salva la deterrenza del meccanismo dissolvente, che vige anche da loro.
I sostenitori del proporzionale secco potranno obiettare che, anche qualora esiti analoghi si determinassero senza elezione diretta e senza premio di maggioranza, la vitalità del gioco parlamentare sarebbe sempre in grado di produrre coalizioni, maggioranze, intese.
A me viene in mente che se ciò accadesse in Sicilia, con quelle rappresentanze, non esiteremmo a riesumare polemicamente il fantasma del Milazzismo.
La competizione presidenziale, sembra di capire, è stata determinata dalla facoltà del voto disgiunto. Nonostante le opinioni prevalenti inclinino a difendere questa facoltà come ampliamento della libertà di scelta dell’elettore, io continuo a chiedermi se invece essa non rappresenti piuttosto uno strumento che premia oltre misura il personalismo politico a scapito della coincidenza tra voto presidenziale e voto di coalizione, da cui forse deriverebbero risultati più trasparenti e magari politicamente più stabili.
L’altra cosa che mi ha colpito nel profondo è che il tema dell’autonomia non sembra, da quel che ho potuto leggere e sentire, aver sfiorato nemmeno un po’ la campagna elettorale.
Fa una certa impressione che ciò sia potuto accadere nella Regione speciale italiana dotata costituzionalmente della forma più forte di autonomia.
Anche la più malata, a dir di tutti: sarà per questo, tanto reticente silenzio.
Sicilia ridotta, insomma, al rango politico di una lontana, anche se popolosa provincia, terra di razzia elettorale dei partiti romani, la cui residua specificità sembrerebbe coincidere, semmai, solo nelle contrastanti valutazioni sull’incidenza nella vita pubblica della criminalità organizzata più nota del mondo.
Qualcuno nemmeno avrebbe voluto nominarla, la Mafia (“esiste?”), la cui minaccia anche in termini di democrazia autonomistica non sembra esser stata particolarmente, neanch’essa, al centro del confronto fra le forze politiche, visti tra l’altro i risultati finali complessivi.
Poi ci si interroga sul perché più della metà degli elettori neppure è andata a votare.
Mala tempora currunt, quindi, se la specialità più significativa è ridotta così.
Da dove mai attingere a mo’ di esempio?
Da noi stessi?
Non si direbbe.
Mentre si trascina una delle più grigie (prefettizia, l’ha definita qualcuno) esperienze politico-istituzionali della storia sarda contemporanea, ancora confusi movimenti si colgono in vista di elezioni sempre meno lontane, sullo sfondo vago di suggestioni (e di abbagli) indotti dalla scottante vicenda catalana.
Due mesi fa un’iniziativa a Siamaggiore ha visto concelebranti il massimo, vero, ancorché stagionato leader regionale del PD e il leader del PDS (cioè dei sovranisti di governo), sostenitore il secondo di una proposta di Costituzione repubblicana sarda della quale il minimo che si può dire è che esprime una cultura istituzionale di impianto democratico debolissimo. Non casualmente il primo avrebbe dichiarato di condividerla (mi par di vederlo, con la sua nota partecipe passionalità; roba da crederci, proprio).
Poche settimane fa abbiamo visto a Villagrande l’establishment consociativo istituzionalmente prevalente celebrare in nome dell’autonomismo “da rilanciare” la vacuità di se stesso (roba da impuniti), officiante il PSd’Az.
Un’ulteriore iniziativa del PSd’Az e de La Base ha chiamato a proprio supporto Vittorio Sgarbi.
Giorni fa, apparentemente a latere, ma non troppo, mi pare che si sia celebrata a Cagliari, con sull’altare il noto politico-imprenditore di Sanluri e alcuni intellettuali della sua corte, una messa funebre in suffragio dell’indipendentismo.
Messa mesta anche per l’autonomia, mi è sembrato di capire (non poteva essere diversamente, visto il “capitolo” orante).
Per di più in qualche modo si è voluto consumare un rito “corpore praesenti”, con la partecipazione diaconale e accessoria di alcuni esponenti vecchi e nuovi di un’area latamente ascrivibile all’indipendentismo.
Sarò onesto.
Un autonomo (dagli schieramenti di matrice romana, ma anche da revenants della politica regionale), originale e vivace movimento identitario e indipendentista, interpretato da personalità innovative di inequivocabile coerenza democratica, di forte spessore e di ampia apertura sul terreno culturale, di adeguata competenza politica, potrebbe rianimare significativamente il contesto sardo anche mediante la sua rappresentanza non occasionale in tutte le sedi rappresentative e istituzionali.
La regressione moderata che a me pare incombere su quell’area come esito della presa di consapevolezza degli aspri risvolti della vicenda catalana, invece, mi preoccupa non poco.
Riterrei votato alla sconfitta l’ennesimo ripiegamento su un terreno puramente politicistico ed elettoralistico dei movimenti e dei soggetti del variegato universo indipendentista e perfino tale da esporre anche il tema identitario alle concorrenti incursioni della destra più estrema: Salvini già si fa fotografare con i gadget dei Quattro Mori.
C’è bisogno perciò di un salto di qualità politico, di una maggiore maturità sui temi costituzionali e istituzionali, di un più esplicito e radicale orizzonte democratico, di una più originale e concreta propositività programmatica, proprio in questo versante tutt’altro che marginale, almeno potenzialmente, della realtà sarda, al quale non darei per scontato che molti di noi non possano, sia pure da storie e posizioni non completamente coincidenti, guardare con interesse.
2 commenti
1 Oggi lunedì 13 novembre 2017 | Aladin Pensiero
13 Novembre 2017 - 08:52
[…] Elezioni siciliane e attualità sarda 13 Novembre 2017 Tonino Dessì su Democraziaoggi. ———————————— oggi […]
2 Fernanda Graziani
13 Novembre 2017 - 09:11
Come sempre sa essere Tonino Dessì, articolo chiaro e condivisibile.
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