Andrea Pubusa
Arriva in aula al Consiglio regionale sardo la proposta della doppia preferenza di genere. Pur ritenendo assolutamente necessario dare rappresentanza adeguata alle donne nell’Assemblea sarda, non esitiamo a dire che concorrere ad una truffa non è una conquista democratica. Lo è inserire meccanismi volti ad assicurare la parità uomo/donna nel contesto di una legge, che assicuri, in generale, la piena rappresentatività degli elettori e delle elettrici della nostra isola. L’attuale legge, pur con l’approvazione dell’emendamento in discussione, contiene un grave vulnus al principio democratico e di rappresentatività con l’iperpremio di maggioranza e l’alta soglia di sbarramento. Lo comprova l’attuale composizione del Consiglio, che non ha consentito neanche il “diritto di tribuna” a liste che hanno raccolto oltre 40 (Pili) e 70mila (Murgia) voti.
Occorre una riflessione e un impegno a tutto tondo per fare una nuova legge elettorale, in sintonia con la Costituzione e lo Statuto. E’ quanto sta facendo il Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria (già Comitato per il NO), che mercoledì prossimo illustrerà al Presidente del Consiglio Ganau le linee guida per una vera riforma elettorale: sistema proporzionale, scelta diretta del presidente, meccanismi per una reale parità di genere, eliminazione dello sbarramento di coalizione, riequilibrio territoriale.
In proposito alcuni spunti vengono dalle recenti elezioni sicule. L’Assemblea regionale siciliana, infatti, è stata eletta nei giorni scorsi con una nuova legge elettorale. Di essa abbiamo già detto, ma è bene riparlarne ora, per valutarla alla prova dei fatti.
Quali le novità? Grazie a questa recente legge il plenum è passato da 90 a 70 deputati, tra di loro anche il presidente della Regione eletto direttamente dai votanti. Dei 70 parlamentari regionali, 62 (finora erano 80) sono stati eletti con il sistema proporzionale, mentre nel cosiddetto “listino del presidente” sono sette gli eletti, presidente compreso. L’ultimo seggio viene assegnato di diritto al candidato presidente secondo classificato. Per quanto riguarda l’attribuzione dei seggi, essa - come detto - avviene su base provinciale. E qui vengono le dolenti note perché le circoscrizioni sono molto disomogenee: Palermo eleggerà 16 deputati (finora erano 20), Catania ne avrà 13 (al posto degli attuali 17), a Messina 8 (erano 11), ad Agrigento 6 (prima erano 7), a Siracusa e a Trapani 5 (Trapani ne aveva 7 mentre Siracusa ne aveva 6), a Ragusa spettano 4 seggi (ne aveva 5), a Caltanissetta 3 seggi (ne aveva 4) e a Enna 2 seggi (ne aveva 3). I seggi sono assegnati con il metodo proporzionale e l’attribuzione dei più alti resti (con recupero sempre a livello provinciale) alle liste che abbiano superato lo sbarramento del 5% a livello regionale.
Questa, in sintesi, la disciplina contenuta nella nuova legge elettorale siciliana. E’ un modello utile per la riflessione e il dibattito in corso da noi, in Sardegna. L’elemento che colpisce è che il sistema siciliano è proporzionale con scelta diretta del presidente da parte degli elettori. In Sardegna molti proporzionalisti ritengono le due cose incompatibili e sbagliano. Sono compatibili, il problema è la c.d. governabilità perché il presidente eletto deve poi trovare in consiglio la sua maggioranza. Ma questo vale anche per chi opti per il sistema proporzionale senza scelta diretta del presidente. In questo caso in Consiglio si deve formare la maggioranza e trovare anche il presidente.
Vediamo i punti a prima vista discutibili.
Anzitutto. lo sbarramento del 5% su base regionale per partito/coalizione con sistema proporzionale per l’elezione dei consiglieri su base provinciale. Il 5% è troppo alto? Può bastare il 3%? O soltanto l’avere un quoziente pieno almeno in un collegio? Secondariamente, è molto penalizzante l’elezione dei consiglieri su base provinciale. La lista Fava, ad esempio, ha avuto un solo seggio con circa 100 mila voti, mentre il PD ne ha avuto 11 con circa 250 mila voti. C’è sproporzione, il principio di rappresentatività è palesemente violato. In un sistema correttamente rappresentativo Fava avrebbe dovuto avere almeno 3 seggi, se non 4. Quali i rimedi? Raccogliere i resti su base regionale? O disegnare circoscrizioni provinciali più omogenee per popolazione e seggi?
Infine, non c’è premio ufficiale, ma ce n’è uno camuffato. Il listino del presidente, molto ampio (7 consiglieri). Con maggioranza a 36 (50%+1) la quota del listino rappresenta circa 1/5 della maggioranza teorica. E’ troppo alta? Va ridotta? O completamente abolita?
Insomma, la nuova legge siciliana è più equilibrata di quella truffaldina vigente in Sardegna (che rimarrà tale anche con più donne), ma presenta alcune evidenti e gravi criticità, sopratutto in relazione al principio di rapprsentatività. Comunque offre interessanti spunti di riflessione per il movimento isolano che si batte per una nuova legge elettorale regionale, anche perché coniuga l’elezione diretta del presidente a ad un sistema proporzionale corretto nella distribuzione dei seggi, che - da noi - molti ritengono incompatibili. Con qualche miglioramento il testo siciliano può costituire una base utile per la Sardegna.
2 commenti
1 Legge elettorale | Aladin Pensiero
10 Novembre 2017 - 08:22
[…] Andrea Pubusa su Democraziaoggi. ———— […]
2 Legge elettorale sarda. Pubusa: guardiamo alla Sicilia. Quasi come Lussu per lo statuto sardo | Aladin Pensiero
19 Novembre 2017 - 02:37
[…] Per spiegare in dettaglio questa proposta di seguito riporto gli interventi di Andrea Pubusa e di Gianni Pisanu, rispettivamente coordinatore e componente del CoStat. (segue) ———————— Legge elettorale regionale: in Sardegna (…). Quali spunti dalla Sicilia per una vera riforma? (…) Occorre una riflessione e un impegno a tutto tondo per fare una nuova legge elettorale, in sintonia con la Costituzione e lo Statuto. E’ quanto sta facendo il Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria (già Comitato per il NO), che mercoledì prossimo illustrerà al Presidente del Consiglio Ganau le linee guida per una vera riforma elettorale: sistema proporzionale, scelta diretta del presidente, meccanismi per una reale parità di genere, eliminazione dello sbarramento di coalizione, riequilibrio territoriale. In proposito alcuni spunti vengono dalle recenti elezioni sicule. L’Assemblea regionale siciliana, infatti, è stata eletta nei giorni scorsi con una nuova legge elettorale. Di essa abbiamo già detto, ma è bene riparlarne ora, per valutarla alla prova dei fatti. Quali le novità? Grazie a questa recente legge il plenum è passato da 90 a 70 deputati, tra di loro anche il presidente della Regione eletto direttamente dai votanti. Dei 70 parlamentari regionali, 62 (finora erano 80) sono stati eletti con il sistema proporzionale, mentre nel cosiddetto “listino del presidente” sono sette gli eletti, presidente compreso. L’ultimo seggio viene assegnato di diritto al candidato presidente secondo classificato. Per quanto riguarda l’attribuzione dei seggi, essa – come detto – avviene su base provinciale. E qui vengono le dolenti note perché le circoscrizioni sono molto disomogenee: Palermo eleggerà 16 deputati (finora erano 20), Catania ne avrà 13 (al posto degli attuali 17), a Messina 8 (erano 11), ad Agrigento 6 (prima erano 7), a Siracusa e a Trapani 5 (Trapani ne aveva 7 mentre Siracusa ne aveva 6), a Ragusa spettano 4 seggi (ne aveva 5), a Caltanissetta 3 seggi (ne aveva 4) e a Enna 2 seggi (ne aveva 3). I seggi sono assegnati con il metodo proporzionale e l’attribuzione dei più alti resti (con recupero sempre a livello provinciale) alle liste che abbiano superato lo sbarramento del 5% a livello regionale. Questa, in sintesi, la disciplina contenuta nella nuova legge elettorale siciliana. E’ un modello utile per la riflessione e il dibattito in corso da noi, in Sardegna. L’elemento che colpisce è che il sistema siciliano è proporzionale con scelta diretta del presidente da parte degli elettori. In Sardegna molti proporzionalisti ritengono le due cose incompatibili e sbagliano. Sono compatibili, il problema è la c.d. governabilità perché il presidente eletto deve poi trovare in consiglio la sua maggioranza. Ma questo vale anche per chi opti per il sistema proporzionale senza scelta diretta del presidente. In questo caso in Consiglio si deve formare la maggioranza e trovare anche il presidente. Vediamo i punti a prima vista discutibili. Anzitutto. lo sbarramento del 5% su base regionale per partito/coalizione con sistema proporzionale per l’elezione dei consiglieri su base provinciale. Il 5% è troppo alto? Può bastare il 3%? O soltanto l’avere un quoziente pieno almeno in un collegio? Secondariamente, è molto penalizzante l’elezione dei consiglieri su base provinciale. La lista Fava, ad esempio, ha avuto un solo seggio con circa 100 mila voti, mentre il PD ne ha avuto 11 con circa 250 mila voti. C’è sproporzione, il principio di rappresentatività è palesemente violato. In un sistema correttamente rappresentativo Fava avrebbe dovuto avere almeno 3 seggi, se non 4. Quali i rimedi? Raccogliere i resti su base regionale? O disegnare circoscrizioni provinciali più omogenee per popolazione e seggi? Infine, non c’è premio ufficiale, ma ce n’è uno camuffato. Il listino del presidente, molto ampio (7 consiglieri). Con maggioranza a 36 (50%+1) la quota del listino rappresenta circa 1/5 della maggioranza teorica. E’ troppo alta? Va ridotta? O completamente abolita? Insomma, la nuova legge siciliana è più equilibrata di quella truffaldina vigente in Sardegna (che rimarrà tale anche con più donne), ma presenta alcune evidenti e gravi criticità, sopratutto in relazione al principio di rappresentatività. Comunque offre interessanti spunti di riflessione per il movimento isolano che si batte per una nuova legge elettorale regionale, anche perché coniuga l’elezione diretta del presidente a ad un sistema proporzionale corretto nella distribuzione dei seggi, che – da noi – molti ritengono incompatibili. Con qualche miglioramento il testo siciliano può costituire una base utile per la Sardegna. (Su Democraziaoggi del 10 novembre 2017) […]
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