Gianfranco Sabattini
Pubblichiamo la prima parte di un interessante articolo di Gianfranco Sabattini, autorevole economista deò nostro Ateneo, che ci spiega perché, nonostante la ripresa, il lavoro cala.
Questa riflessione approfondisce alcuni spunti emersi nel Convegno sul Lavoro pragnizzato il 4-5 ottobre sul quale il Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria intende tornare, ponendo il focus su tematiche oggi centrali: economia e illegalità, ambiente e lavoro, scuola e lavoro, dividendo sociale o reddito di cittadinanza ed altri ancora.
Dopo un decennio di crisi, l’economia italiana sembra dare segni di ripresa: il PIL tende, sia pure stentatamente, a crescere; le esportazioni, che secondo alcuni osservatori hanno “salvato l’Italia” durante la crisi, aumentano; ma l’occupazione resta al palo. All’apparente contraddizione l’”Espresso” del 13 agosto scorso dedica due articoli: uno, “Il lavoro dov’è”, di Luca Piana e Francesco Sironi ed un altro, “Quanta propaganda sulle statistiche”, che riporta il testo di un colloquio di Luca Piana con Enrico Giovannini, già presidente dell’Istat dal 2009 al 2013 e già Ministro del lavoro nel governo di Enrico Letta.
La lettura degli articoli non offre un’univoca spiegazione della contraddizione, in quanto diverse sono le cause alle quali essa è ricondotta; ma la non univocità del perché, nonostante la crescita, il PIL, non vada di pari passi con l’aumento dei livelli occupazionali, non impedisce di cogliere la tendenza secolare che, per quanto evidente, sembra non attrarre la necessaria attenzione delle forze politiche e sindacali del Paese; non impedisce cioè di capire che una ripresa fondata sull’approfondimento capitalistico di medie imprese orientate ad operare sul mercato globale, al fine di conservarsi competitive, devono necessariamente frenare la domanda di lavoro. Per rendersi conto di ciò, è utile considerare gli effetti che, secondo Piana e Sironi, sarebbero stati determinati dalla crisi iniziata dieci anni or sono, integrando il loro discorso con alcune osservazioni avanzate da Giovannini.
I dati statistici – affermano Piana e Sironi – “raramente mentono: l’Italia è un Paese più povero di un decennio fa. Gli ultimi numeri dell’Istat dicono che lo scorso giugno i disoccupati restavano 2,8 milioni, più del doppio rispetto all’ultimo momento d’oro vissuto dall’economia nazionale, la primavera del 2007”. Ciononostante, a parere di Piana e Sironi, se si allarga lo sguardo sull’intero panorama industriale italiano, l’idea di un “sistema industriale in disarmo” tenderebbe a traballare. Dopo il crollo, verificatosi all’inizio della Grande Recessione, le esportazioni si sono riprese e sono cresciute secondo ritmi pressoché costanti, superando i livelli pre-crisi; anche il PIL ha iniziato, a partire dalla metà del 2013, a risalire lentamente, sebbene la ferita della recessione sia ancora aperta. Questi trend, però, secondo Piana e Sironi, non si traducono “nella crescita dei posti di lavoro che servirebbe”.
Oggi, in Italia, gli occupati sono circa 23 milioni, un tetto che è molto vicino a quello raggiunto negli anni d’inizio della crisi; esistono, quindi, tanti occupati, ma anche tanti disoccupati. “Quali sono – si chiedono Piana e Sironi – le ragioni di questo paradosso, che impedisce a molti di percepire i miglioramenti generali e distrugge la fiducia delle persone?” Le cause sono numerose; una di queste è certamente il fatto che il tessuto produttivo nazionale è sempre stato un po’ a “macchia di leopardo”, nel senso che l’economia italiana ha funzionato “a più velocità”, per la presenza, non solo del divario Nord-Sud, ma anche di specializzazioni e territori che hanno saputo resistere agli esiti della crisi, mentre altri sono rimasti fermi. Questo stato di cose ha concorso a tenere schiacciati verso il basso i redditi personali e a comprimere la domanda globale del sistema-Italia; sono andate bene solo le industrie medie che sono state capaci di “esportare e di insediarsi all’estero”, mentre quelle di grande dimensione, che non sono state all’altezza di affrontate la concorrenza dell’economia globalizzata, sono andate solitamente fuori mercato. Le industrie che hanno saputo inserirsi con successo nel mercato internazionale sono state, dunque, quelle di “taglia media”, grazie alla loro capacità di conservarsi in equilibrio nelle loro dimensioni.
Le “medie eccellenti”, però, cioè quelle industrie che, nonostante la crisi, sono riuscite a reggere l’impatto col mercato globale, per quanto abbiano “permesso all’Italia di tenere botta“ negli anni bui della recessione, non potranno mai assorbire la forza lavoro che ha perso la stabilità occupativa con la crisi delle industrie di grandi dimensioni. Dal punto di vista del lavoro, perciò, la mutata struttura della base industriale dell’Italia dà da pensare, nel senso che – come sostengono Piana e Sironi – se “questo è uno dei più radicali problemi” ereditati dalla recessione, che condanna al “nanismo (o meglio, alla ‘medietà’)” il sistema produttivo nazionale, l’unica speranza per i tanti disoccupati è riposta sulla possibilità che le industrie maggiori sopravvissute agli anni della crisi riescano a reinserirsi sul mercato.
A tal fine, però, queste industrie devono crescere, e per riuscirvi devono aumentare la loro efficienza produttiva “robotizzandosi”, accentuando il livello di automazione dei loro processi produttivi; qui sta, dal punto di vista del lavoro, l’altro radicale problema, in quanto, com’è noto, l’automazione dei processi implica “distruzione” di opportunità occupazionali, non un aumento dei posti di lavoro. In questo caso, la capacità di fare fronte a questo secondo radicale problema, dipenderà, secondo Piana e Sironi, dalla possibilità che a produrre i sistemi di automazione sia la stessa industria italiana; quindi, dalla possibilità per le industrie che si automatizzano di disporre di forza lavoro dotata della necessaria formazione; fatto, quest’ultimo, non sempre scontato, anche per via delle differenze territoriali, concludono Piana e Sironi, “che alla fine frenano l’Italia intera”. - Continua -
1 commento
1 Oggi lunedì 23 ottobre 2017 | Aladin Pensiero
23 Ottobre 2017 - 08:19
[…] ——————————–riflessioni & dibattito—————————– Ripresa economica… ma il lavoro dov’è? (1) 23 Ottobre 2017 Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi. […]
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