Andrea Pubusa
Si è svolta ieri pomeriggio all’Hotel Regina Margherita la prima giornata del Convegno sul Lavoro, organizzato dal Conitato di inziativa costituzionale e statutaria e da Europe Direct - Regione Sardegna, Una sala affollata di studenti e di cittadini ha ascoltato la bella relazione introduttiva di Fernando Codonesu sulle problematiche del lavoro oggi; a seguire la tavola rotonda con Cannavera ed altri, portatori di testimonianze su lavori sociali solidali, poi una efficace e brillante ricostruzione del lavoro nella Costituzione di Tonino Dessì. In chiusura l’intrigante dialogo col filoso della scienza Silvano Tagliagambe, intervistato da Mauro Tuzzolino. Serata faticosa ma di grande livello culturale.
Oggi si prosegue alle 9 con una tavola rotonda sul lavoro in Sardegna Ci saranno poi relazioni di esperti autorevoli come quello di Gianfranco Sabattini dell’Ateneo cagliaritano e diRomano Benini della Sapienza. Dopo la pausa pranzo, alle 15 la parte finale con l’intervento di una autorità sulla materia Domenico De Masi, che risponderà alle domande di Fernando Codonesu.
Ecco ora la presentazione del Convegno svolta ieri da Andrea Pubusa del Comitato.
Come avete letto, questo Convegno è organizzato dal Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria e da Europe Direct – Regione Sardegna. Su quest’ultimo parlerà Franco Ventroni. Io dirà brevemente del primo.
Il Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria nasce dalla trasformazione del Comitato per il NO, dopo la splendida vittoria referendaria del 4 dicembre.
Ci siamo dati un codice di comportamento e un progetto, una missione, come si dice oggi. Il codice di condotta: rimanere comitato, ossia un organismo informale di base, aperto a tutti, senza finalità politco-elettorali. Abbiamo deciso di non fiancheggiare partiti o movimenti, anche perché fin nel Comitato nazionale abbiamo nel nostro seno personalità della più varia estrazione democratica, come Alessandro Pace e Gustavo Zaghrebelsky, per citare i più noti, che non ci seguirebbero in avventure di tipo politico-partitico.
E ci siamo dati una finalità: dopo il 4 dicembre, la Costituzione ci siamo proposti di lavorare per attuarla, nella consapevolezza che la Costituzione materiale, quella reale, è molto diversa da quella formale. E proprio il lavoro mostra questo abisso profondo fra lettera della Carta e realtà. Tanto il lavoro è bistrattato nelle leggi e nella realtà quanto è centrale nella Costituzione. La disoccupazione dilaga, ma la Carta annovera il lavoro fra i diritti-doveri fondamentali. Nella Carta è il lavoro il criterio generale per qualificare il valore sociale della persona e dare unità al nostro ordinamento, secondo la solenne enunciazione dell’art. 1, che pone il lavoro a base della Repubblica.
Se la dichiarazione dell’89 rivoluzionario fra i diritti “naturali e imprescrittibili” poneva la libertà, la sicurezza, la resistenza all’oppressione, nonché la proprietà, mentre il lavoro veniva considerato sotto l’aspetto negativo del divieto di ostacoli alla sua libera esplicazione, nella nostra Carta l’art 1 accoglie ed enuncia una concezione generale di vita secondo la quale deve vedersi nel lavioro la più efficace affermazione della personalità dell’uomo e della donna, perché nel lavoro ciascuno riesce ad esprimere la propria capacità creativa. Il lavoro, dunque, non fine a sé né mero strumento di guadagno, ma mezzo necessario per l’affermazione della persona e per l’adempimento dei suoi fini materiali e spirituali.
E’ questa una concezione del lavoro che accomuna in certo senso la visione cattolica e quella di matrice marxista, egemoni in Assemblea costituente. Papa Francesco ne parla in tutti i suoi discorsi, nell’ansia di vedere un mondo giusto e pacificato. Oggi a questa concezione se ne accompagnano altre. In particolare, c’è chi, non nel lavoro vede la realizzazione della personalità, ma nel possesso di un reddito garantito. Si invoca così un dividendo sociale, reddito di cittadinanza, reddito d’inclusione o altro ancora.
Ecco dunque un nuovo dilemma. Diritto al lavoro o diritto al reddito? Due visioni non collimanti anche se, forse, non antitetiche. Ma anche su questo dilemma, centrale nel dibattito pubblico attuale, il convegno vuole indagare. E’ l’innovazione tecnologica e la robotica a rendere stringente la risposta a questo interrogativo.
Ma – badate – non è un dilemma nuovo e non è estraneo alla cultura del movimento operaio e neanche a quella cattolica. Per la Chiesa la vita senza la fatica del lavoro è irrimediabilmente perduta con la cacciata dal paradiso terrestre, dove si viveva senz< faticare, piacevolmente. Nei pensatori del nascente Movimento operaio invece, la fine della fatica del lavoro o del lavoro tout court è il mondo dell’avvenire. Non devo ricordare a voi, lettori insaziabili, che fu il genero di Karl Marx, Paul Lafargue, a scrivere il Il diritto alla pigrizia o Il diritto all’ozio (Le Droit à la paresse, 1883). E quel testo, scritto dalla cella di prigione (nel 1880), non fu stroncato, anzi fu commentato in modo favorevole da Marx. In esso viene mossa un’aspra critica alla strana follia che si è impossessata di uomini e donne della società moderna: l’amore per il lavoro. Secondo Lafargue, la passione per il lavoro è causa della degenerazione intellettuale tipica delle società capitalistiche, nonché generatrice di miserie individuali e sociali. A sostegno del diritto all’ozio Lafargue porta un pungente ritratto della società lavoratrice del tempo, alienata da ritmi estenuanti e dal paradosso di macchinari sempre più precisi e veloci, ma - ecco il punto - l’impiego di essi non porta però ad una riduzione delle ore di lavoro umano. Al contrario velocizza i ritmi di lavoro quasi a voler mettere l’uomo in competizione con la macchina. Del resto, secondo Paul, “anche i Greci dell’antichità non provavano che disprezzo per il lavoro: solo agli schiavi era permesso lavorare; l’uomo libero conosceva unicamente gli esercizi corporali e i giochi di intelligenza».
La tesi non apparì così eterodossa ai circoli socialisti del tempo se nessuna opera di propaganda socialista è stata tradotta in tante lingue quanto Il diritto alla pigrizia, eccettuato, ovviamente, il Manifesto comunista.
E quando i pensatori ottocenteschi del nascente Movimento operaio parlavano di estinzione dello Stato e delle classi? Certamente pensavano anche ad una drastica riduzione del lavoro e a tanto tempo libero da trascorrere occupandosi della cosa pubblica o in piacevolezze di vario tipo. La tendenza verso una società dove lavorano le macchine e l’uomo si occupa delle cose piacevoli è auspicabile ed anzi, se mi permettete, è quella sorta di paradiso terrestre che risponde alla vecchia utopia socialista. Ci vuole però tanta cultura, tanta conoscenza, tanta scuola. Credo che nessun sogno negli uomini sia stato più ricorrente di questo: una società di uomni e donne liberi e ugualu, colti, con un buon reddito e tamto tempo libero, da dedicare alla vita pubblica, alle attività sociali, allo svago.. Ora questo sogno pare realizzabile, Ora la robotica, sembra rendere quel sogno realistico. Lavora la macchina e libera l’uomo dalla fatica e dal lavoro. Non possiamo opporci, dunque. Anzi questa è la frontiera della battaglia democratica del futuro: fare in modo che della ricchezza, prodotto sociale, non si approprino gruppi ristretti o una classe in danno delle altre, ma che la distribuzione sia equa, tendenzialmente egualitaria. In questo modo la disoccupazione scompare, si trasforma nel mitico “lavorare meno, lavorare meglio, lavorare tutti“, non a caso titolo di questo Convegno.
Ma la distribuzione non sarà frutto di automatismi o di benevole concessioni. Non sarà la distribuzione delle pietanze in un pranzo di gala. Sarà il frutto di una lotta asperrima e senza esclusioone di colpi. Si può dire? E’ la lotta di classe del tempo nostro, che è già iniziata e per ora è vinta dai grandi manager e dai grandi finanzieri, che si accapparrano gran parte della richezza sociale.
Come vedete, gira, gira, torniamo sempre al punto di partenza, alla lotta per un mondo di liberi ed eguali, a cui si può dare il nome che si vuole, che la Costituzione fonda sul lavoro inteso non più come castigo, ma come valore. Dobbiamo fare in modo ch’esso sia limitato e piacevole e accompagnato da un reddito che consenta una vita libera e dignitosa, come può essere nella società in cui le macchine ci sgraveranno dalla fatica e ci daranno molto tempo libero.
Non vi pare che si tratti di un argomento importante e intrigante per il quale vale la pena discutere e battagliare.
E’ quanto faremo in questo Convegno, grazie a voi e ai relatori.
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