Oggi alle 15 inizia il Convegno sul Lavoro, a Cagliari, Hotel Regina Margherita, ad iniziativa del Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria e di Europe Direct regione Sardegna.
Continuiamo a offrire spunti di riflessione in vista di questo importante appuntamento, trattando di uno dei fattori che incidono sull’occupazione e sullo sviluppo, il fattore più importante: la scuola, l’istruzione.
Gianna Lai
Sì certo, la Società della conoscenza, i grandi quotidiani ne parlano tutti i giorni e ne sono entusiasti. Ma il quadro che emerge in Italia, in questi anni di selvaggio liberismo davvero inquietante, non dovrebbe indurre perlomeno a chiederci se c’è posto per tutti in questa benedetta Società della conoscenza? Nel Paese Italia della scuola di Berlinguer, Moratti, Gelmini, e della Buona Scuola di Renzi, 1 cittadino su 5, dai 15 ai 24 anni, oggi non studia, non si forma e non lavora. Dal 2008 al 2014, questi cittadini sono aumentati di mezzo milione, il 19,9 per cento, quasi il doppio, secondo la Commissione europea, rispetto alla media europea stessa (11,5 per cento). La chiamano la vergogna dei Neet, e l’Italia è la patria dei Neet, ed è questo l’esito finale dei tagli di 9 miliardi a Scuola, Università
(-20%), Ricerca. Per quest’ultima, persi 1miliardo di finanziamenti, mentre l’Università perde, a partire dal 2008, 10mila ricercatori e scienziati, considerati tra i migliori i ricercatori italiani, per numero di pubblicazioni. Perché l’Italia investe in ricerca l’1,3 per cento del Pil, secondo l’OCSE, contro la media europea del 2 per cento, ben lontano l’ obiettivo del 3 per cento tracciato dall’ Europa per 2020, in quell’ obiettivo Europa del 40 per cento di giovani laureati. L’Italia del 2014 è a quota 23,9 laureati, ultima nell’Unione, il minor numero di laureati, e di diplomati, in Europa. Si produce povertà, l’Italia resta sempre più povera (il 12% degli italiani lo è già), e si riprende a bocciare nell’obbligo, 11mila bambini fermati nel 2015, altrettanti nel 2016, senza alcuna indagine che ne tratti le ragioni. E si tenta di introdurre il numero chiuso nelle facoltà umanistiche ‘per garantire qualità e congruo numero docenti’, (a Cagliari 2 mila concorrenti a Medicina e scienze infermieristiche si contendono 300 posti), proprio perchè i tagli fanno saltare gli organici e non si assumono docenti. Dice che può costruirsi anche così la Società della conoscenza, impedendo che ‘l’ascensore sociale’ continui a funzionare tra i banchi e facendo venir meno la scuola di massa, una volta venuta meno come questione centrale del Paese . Sicché, in termini di mobilità sociale,’ il titolo posseduto dai genitori resta tutt’ora in Italia un forte indice predittivo dei risultati scolastici e universitari dei propri figli’, come dice Marco Magnani in Sette anni di vacche sobrie, edito da Utet. Mentre, divaricati precocemente i percorsi sulla base della provenienza sociale e culturale dei ragazzi, oggi solo un liceale su sei proviene da famiglia di operai, secondo i dati di Almadiploma, solo il 15 per cento i figli degli operai e degli impiegati tra i laureati nelle lauree magistrali. Perché nel mentre cresce la spesa totale per le famiglie fino a 522 euro all’anno, +0,7 per cento, tagliato netto il fondo per spese scolastiche ad esse destinate, anche per finanziare gli 80 euro. E si può ancora tagliare a man bassa per un miliardo su scuola sanità e assistenza, perché regressione demografica e dispersione di questi 4 anni, fanno ormai registrare 50 mila studenti in meno tra medie e superiori!
Immobilismo sociale l’ideologia che sta alla base della Buona scuola di Renzi, a coronamento delle politiche della destra di questi anni, e ci si guadagna anche il plauso di ampie fasce della nostra classe dirigente, per quella legge scritta sotto dettatura della Treelle su incentivi ai docenti e assunzioni di precari e supplenti. E che così bene inquadra le borse di studio di Renzi, le super- borse nazionali del valore di 15 mila euro l’una, per pochi ragazzi.
Intanto, nelle amene prediche di inizio d’anno, si ribadisce ai giovani studenti che il mondo non è l’orticello di casa, si consiglia loro più semplicemente di pensare già da ora a emigrare, anche il nostro assessore regionale della Sardegna, Giuseppe Dessena, lo ha detto in una scuola. Ma è il recente Rapporto di Confindustria a rispondere direttamente, secondo cui i cervelli in fuga sono la nuova emergenza e costano all’Italia l’1per cento del Pil annuo, quasi 50 miliardi dal 2008 al 2015. Gli industriali la definiscono vera emergenza perché, dicono, la scarsa occupazione giovanile abbassa il potenziale di crescita e conduce all’emigrazione. Dal 2008 al 2015 la disoccupazione passa dal 6,7 per cento all’11per cento, 509 mila italiani emigrati, 260 mila tra i 15 e i 39 anni, il 51per cento del totale. Se si considera che ‘la spesa familiare per la crescita e l’educazion di un figlio, dalla nascita ai 25 anni, si aggira intorno ai 165 mila euro, è come se l’Italia avesse perso più o meno 42,8 miliardi di euro di investimenti in capitale umano’, così come loro continuano a chiamare gli uomini e le donne che lavorano. Per il 2015, oltre 51 mila emigrati sotto i 40 anni, da 21mila che erano nel 2008, persi 8,4 miliardi di euro.
Lasciare tutto lo spazio in Europa ai paesi che investono in conoscenza, attraverso la divisione internazionale del lavoro a noi quello più arretrato, e turismo e terziario, al massimo. Bé ognuno si prepara come può alla grande trasformazione della quarta rivoluzione industriale, senza diritto alla studio, ignorando del tutto ‘i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi’ dell’art. 34. Ignorando l’istruzione come luogo della cittadinanza per tutti. In ogni società moderna, la vera garanzia di futuro non è forse data dal ‘riconoscimento degli stessi diritti a tutti i cittadini, per assicurare uguaglianza delle opportunità’, ugualianza delle condizioni di partenza? Come scoprire, sennò, capacità attitudini, talenti?
Dice lo scrittore Eraldo Affinati, ‘la scuola è un tema troppo importante per essere usata politicamente, quasi strumento per acquisire consenso. Oggi il primo problema è la dispersione, l’abbandono, in particolare, negli istituti professionali del meridione’. E poi la formazione insegnanti e motivarli i docenti, e restituire loro dignità con stipendi dignitosi. Gli ultimi in Europa, se pensiamo che in questi 10 anni son stati sottratti loro ben 12mila euro, grazie al blocco dei rinnovi contrattuali.
1 commento
1 Oggi mercoledì 4 ottobre 2017 | Aladin Pensiero
4 Ottobre 2017 - 08:11
[…] che incidono sull’occupazione e sullo sviluppo, il più importante: la scuola, l’istruzione. Gianna Lai su Democraziaoggi. […]
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