Oggi a Cagliari in un libro l’epopea delle miniere

29 Settembre 2017
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Gianna Lai

1965: i minatori marciano da Carbonia a Cagliari, in difesa del lavoro e delle Miniere. Sandro Mantega, giornalista, ha scritto un libro e fatto un documentario su quel fatto importante della lotta sindacale e sociale in Sardegna.
Il libro viene presentato da Andrea Pubusa oggi venerdì a Cagliari nella libreria Mondadori di via Farina 16. Con l’Autore, a parlare della marcia e delle miniere, anche Paola Atzeni, antropolga, e Luisanna Marras, vice sindaco di Cagliari.
Ecco una recensione del libro.
  

Una marcia che resterà impressa nella memoria delle persone, e comincia finalmente a cambiare il corso delle cose, il destino della città prende finalmente un andamento diverso. C’è una storia importante al centro del libro di Sandro Mantega, ‘Senza sole né stelle’, Edizioni della Torre, 2017, che si snoda nel racconto sui protagonisti, nell’intreccio delle esperienze di ciascuno e in quel continuo rimando al quadro collettivo della vicenda. Sì perché queste ‘Storie di minatori e miniere nella città più giovane d’Italia‘, rappresentano esistenze varie di vita comunitaria a Carbonia, ma stesse condizioni di lavoro e di sfruttamento e di totale precarietà esistenziale. Dentro il contesto di una Sardegna destinata all’emigrazione, e ancora non sfiorata dal boom economico o da processi di moderna industrializzazione. Ed in questo lento materializzarsi dell’evento finale, dall’esito per niente scontato, ogni paragrafo diviene centrale nel restituire la ricchezza delle immagini, tutta giocata sulla profonda presa di coscienza di ciascun minatore protagonista. Ad ogni paragrafo un personaggio, che rappresenta la crescita di questo gruppo sociale, così ampio e radicato da coinvolgere l’intera città nella costruzione di un movimento, divenuto presto simbolo della volontà di emancipazione di tutto il territorio del Sulcis. Già nella figura di Albino la storia di Carbonia appena nata, fino alle dure lotte contro la chiusura dei pozzi, lo sguardo teso e critico di questo servo pastore che, nel lavoro massacrante della miniera, vuole trovare il modo di sfuggire a una vita di stenti. Il prima e il dopo, il lettore ne avverte la forza e ne intravvede il filo e lo svolgimento, lasciandosi prendere dalla continuità pressante della storia, che accoglie in sé figure le più diverse, ma tutte destinate a convergere in un’ unica rapppresentazione finale.
Ad ogni nome un paragrafo, ma il protagonista può invadere lo spazio destinato al personaggio precedente o successivo, dando così ancor più vigore all’intreccio. Dante e Antonio M., il sindacato, la Camera del lavoro, la politica, e la dura vita di miniera, come impedire la fine del lavoro, come i lavoratori in prima persona seguono e commentano ogni nuova proposta tecnica di uso del carbone. Fino al lento farsi strada di una ipotesi nuova, che impedisca la morte della città, quel lento stillicidio dei licenziamenti di massa conseguenti alla fine delle produzioni: si prepara la grande marcia. Benedetto sembra rivivere ora il passato di tutti quei minatori suoi compagni, come se la fatica del camminare facesse riemergere più fortemente nella coscienza il lavoro dei pozzi, il pericolo, gli incidenti e i morti. E poi gli amministratori, Antonio S. e Aldo, il sindaco che vigila da Roma, a capo della delegazione cittadina. Gli alti e i bassi delle notizie che si rincorrono, senza lasciar prevedere nulla di buono e che generano apprensione nel lettore quando, drammaticamente, si avvicina l’epilogo, e più partecipe diventa il coinvolgimento a quella lunga marcia, a quel percorso, potremmo dire, esistenziale, che è ricerca del futuro prima di tutto. In particolare seguendo il pensiero dei figli e delle figlie che raccontano i padri, l’enfasi dei ragazzi che frequentano la scuola e che vogliono sfilare accanto ai minatori.
Coerente lo sviluppo del processo narrativo, così vivacemente costruito attraverso le figure dei protagonisti, e poi in quegli spazi che si aprono, appena possibile, per inquadrare storicamente i loro racconti, e dare corpo al ragionamento di ciascuno, al ragionamento stesso dell’autore. L’Italia del dopoguerra e i nuovi scenari di politica economica nel rapporto tra gli Stati, il destino del carbone nel mercato internazionale, le nuove fonti energetiche, la Questione meridionale e la Sardegna. Unitario il disegno, per sottolineare la crescita di una consapevolezza nuova tra i lavoratori e per mantenersi dentro la concretezza delle cose, l’essenza dei fatti. E un ritmo della scrittura teso a non enfatizzare, a niente concedere alla retorica, anche di fronte al precipitare drammatico degli eventi. Come nella rappresentazione di copertina, il dentro e il fuori della miniera non divide il padre dal figlio, a voler quasi lasciare intravvedere, ancora adesso, un possibile futuro di quei luoghi e di quella storia.

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