Verso il Convegno sul lavoro a Cagliari

27 Settembre 2017
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Fernando Codonesu

 

Il lavoro come fondamento della Repubblica

 

Questo il titolo del Convegno dibattito, promosso dal Comitato d’iniziativa costituzionale e Statutaria e da Europe direct Regione Sardegna, che si terrà a Cagliari il 4-5- ottobre Hotel Regina Margherita.

 

 

 

Ecco qualche spunto per la discussione.

 

 

Il lavoro e l’impresa nella costituzione

L’art. 1 della costituzione repubblicana recita “L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Come primo elemento si precisa che la natura della repubblica è quella di essere democratica, ma non solo, essa è anche fondata sul lavoro e non su altri elementi: democrazia e lavoro, quindi, come elementi costitutivi indissolubili. Giustamente il lavoro era visto dai costituenti come elemento fondante dell’intera comunità perché con il lavoro ciascun uomo si realizza, sviluppa e tutela la propria dignità e contribuisce al benessere di tutta la comunità. Sono diversi gli articoli dedicati dalla Carta al tema del lavoro, alla sua tutela, alle sue forme organizzative e ai diritti-doveri connessi e qui intendiamo discuterne qualcuno per meglio inquadrare i ragionamenti che saranno fatti successivamente.
Con gli articoli 35 e 36, ne vengono affermati la tutela, la cura della formazione ed elevazione professionale, la promozione di accordi che affermino e regolino i diritti del lavoro, il diritto ad una retribuzione commisurata alla quantità e qualità del lavoro svolto, purché sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Nella costituzione è evidente lo stretto legame tra la dignità dell’uomo e il lavoro, anzi l’accento posto sulla giusta retribuzione che consenta un’esistenza dignitosa anche per la famiglia costituisce l’elemento qualificante dell’esistenza umana attraverso il lavoro. Tra gli altri articoli che qui si intende evidenziare vi è il 41 che recita “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Se si esce dai principi e dagli articoli della carta costituzionale, il tema del lavoro viene trattato quasi sempre con lo sguardo miope o presbite. E’ miope lo sguardo di chi vede se stesso come l’ombelico del mondo, tipicamente è lo sguardo del sindacato economicista e di una certa imprenditoria italiana: non vi è mai una visione e un interesse generale, conta il tempo breve e la difesa ad oltranza delle proprie posizioni. E’ presbite lo sguardo di chi si preoccupa di fare analisi teoriche, che possono essere corrette e lungimiranti, ma le cui ricette non risolvono i problemi del presente, indipendentemente dal tempo storico a cui il presente si riferisce.
In mezzo, a nostro avviso, vi è la necessità di uno sguardo corretto con lenti progressive in modo da contemperare la visione strategica con un’applicazione coerente con i bisogni del presente.
Innanzitutto c’è bisogno di lavoro, ma bisogna essere consapevoli che la politica non crea né può creare lavoro, ne crea però le condizioni: è vero, il lavoro viene creato dalle imprese, anche se non bisogna negare la necessità dell’intervento pubblico diretto.
Non è vero che privato significa efficienza e produttività e pubblico significhi inefficienza e mancanza di produttività. Vi sono settori produttivi e dei servizi, nonché determinati periodi economici, nei quali non solo è auspicabile l’intervento pubblico diretto, ma solo l’intervento pubblico può garantire la ripresa economica, lo sviluppo della collettività e il benessere sociale.
In ogni caso, non c’è lavoro senza impresa per cui parlare dell’uno significa necessariamente parlare anche dell’altra. Alla politica, ora più che in passato, spetta un intervento sistematico, continuo ed organico innanzitutto sul fronte dell’attività di regolazione delle relazioni tra lavoro e impresa e, a valle, sul fronte della redistribuzione della ricchezza. Un tempo tale attività poteva essere compiutamente affrontata dallo Stato regolatore, oggi tale compito può essere risolto sì dallo Stato regolatore pur di averne la volontà politica corroborata da adeguate maggioranze parlamentari, ma solo all’interno di politiche sovranazionali coordinate.

Si tratta  della necessità di declinare il ruolo del Governo, della parte pubblica a diversi livelli di responsabilità e di capacità decisionali (Regioni e Comuni, per esempio) e della politica come attore fondamentale innanzitutto a monte del mercato decidendo le regole del gioco per tutti i giocatori e con un ruolo più diretto, a valle,  che potrà essere rivolto agli interventi su asset economici e produttivi strategici, così come a tutti quei casi nei quali è l’assunzione di responsabilità pubblica della politica che può garantire i territori e i comparti particolarmente soggetti a stati di crisi e/o di marginalità.
Da qui l’interrogativo se e come il diritto al lavoro può essere garantito per tutti, considerati i vari aspetti della questione sul piano locale, nazionale, ed europeo.

 

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