Red
La legge di cui s’iniziava a discutere in Senato quando Eluana è morta sollevava più di un dubbio in relazione alla sua applicabilità proprio alla Englaro. Può il legislatore interferire nella potestas judicandi soprattutto quando c’è già un giudicato o comunque un provvedimento definitivo dell’Autorità Giudiziaria? Più specificamente nel caso della Englaro esiste un provvedimento esecutivo e definitivo della Corte d’Appello di Milano, Prima Sezione Civile del 25 giugno 2008, adottato a seguito ed in attuazione di una sentenza della Corte di Cassazione. Con tale decreto il giudice d’appello milanese ha autorizzato “l’interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale ad Eluana, realizzato mediante alimentazione e idratazione con sondino naso-gastrico” e, nel contempo, ha dato “disposizioni relative all’attuazione in concreto di tale misura“.
Ciò detto, poteva il legislatore vanificare questa decisione? O, detto altrimenti, può interferire nel potere giurisdizionale già esercitato e trasfuso in una decisione definitiva? La Corte costituzionale, sin dalla sentenza n. 118 del 1957, a proposito di una legge interpretativa, ha ritenuto che la legge “non può essere considerata lesiva” della sfera giurisdizionale a due condizioni:
- “che rispetti i giudicati….;
- “e non appaia mossa dall’intento di interferire nei giudizi in corso“.
“Se queste circostanze non ricorrono - è precisato nella altrettanto nota sentenza n. 155 del 1990 - si deve escludere che le attribuzioni del potere giudiziario siano vulnerate, in quanto legislatore e giudice agiscono su piani diversi: l’uno su quello suo proprio introducendo nell’ordinamento un quid novi che rende obbligatorio per tutti il significato normativo …., l’altro applicando al caso concreto la legge intesa secondo le comuni regole di ermeneutica.”
Quindi, a giudizio della Corte, il legislatore vulnera le funzioni giurisdizionali:
- quando intervenga per annullare gli effetti del giudicato (sent. n. 155 del 1990);
- quando la legge sia intenzionalmente diretta ad incidere su concrete fattispecie sub iudice (da ultimo v. sentenza n. 397 del 1994).
La prima circostanza si sarebbe verificata nel caso Englaro giacché - come si è già detto - la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione è avvenuta in esecuzione di un provvedimento definitivo della Corte d’Appello di Milano.
Quindi, in relazione al caso Englaro, la nuova legge non sarebbe stata applicabile. E, dunque, se come è probabile, il Ministro Sacconi, dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina, avesse adottato un decreto per la ripresa dell’alimentazione e dell’idratazione ad Eluana i suoi avvocati certamente lo avrebbero impugnato davanti al Tar perché inapplicabile alla Englaro. Il Giudice amministrativo avrebbe potuto annullare l’atto senza necessità di rimettere il caso alla Corte costituzionale. Oppure avrebbero potuto sollevare una questione di legittimità costituzionale, in riferimento ai poteri del giudice, per violazione degli artt. 3, 101, 103 e 108 Cost., dal momento che si pretendeva con una legge di vanificare un provvedimento giurisdizionale adottato alla luce della legislazione vigente al momento della decisione e sulla base dei presupposti allora esistenti. Secondariamente, la nuova legge avrebbe violatoto gli artt. 3 e 97 Cost. perché pretendeva d’incidere retroattivamente su diritti soggettivi già perfezionati e come tali accertati in un provvedimento giurisdizionale definitivo.
Come si vede, la questione involgeva delicate questioni giuridiche e certamente Beppino Englaro e i suoi avvocati non si sarebbero lasciati intimorire né piegare. Per fortuna, finora, la magistratura, anche nella fase successiva al decesso, sul caso ha manifestato - come prevede la Costituzione - piena autonomia rispetto al potere esecutivo e legislativo. Non sembra per nulla orientata a dare ascolto agli umori forcaioli del centrodestra e a quelli da Santa Inquisizione delle gerarchie ecclesiastiche. Non sembra lasciarsi impressionare dalle urla scomposte degli esponenti del PdL risuonate perfino in Parlamento. Il cagliaritano Beniamino Deidda, procuratore generale presso la Corte d’appello di Udine, da questo punto di vista costituisce una garanzia sicura, essendo sempre stato, nel suo difficile magistero, sempre ben ancorato ai principi e al dettato costituzionale. A conferma di quanto siano preziosi il bilanciamento dei poteri e l’indipendenza dell’ordine giudiziario, ivi compreso l’ufficio del Pubblico Ministero, e quanto pericolosi siano i tentativi volti ad eliminarli o anche solo ad attenuarli. Non altrettanto equilibrato, per esempio, sembra essere l’Ordine dei medici di Udine, che ha aperto un procedimento disciplinare contro l’equipe medica che ha assistito Eluana nella clinica La Quiete. A quali canoni intende iispirarsi? A quelli della legge, trasfusa nelle decisioni dei giudici o alle urla dei vari Gasparri, Quaglirello o Ferrara? Al dettato costituzionale o alle prescrizioni di Santa Romana Chiesa e alle sue inaccettabili interferenze nell’attività politica e amministrativa delle istituzioni italiane.
Purtroppo l’odissea di Eluana prosegue. Non possono più accanirsi sul suo corpo, lo fanno perseguendo chi, per pietà e per solidarietà e in applicazione scrupolosa di decisioni giursdizionali definitive, ne ha eseguito la volontà, espressa da un padre premuroso e tenace.
2 commenti
1 Nicola
11 Febbraio 2009 - 12:58
Ieri sera durante la trasmissione televisiva Ballarò, Rodotà ha espresso con molta chiarezza l’orientamento giurisprudenziale ben riassunto in questo commento, ribadendo che anche una legge ordinaria non avrebbe potuto in nessun caso travolgere il guidicato. Il povero ministro Alfano (che anche fisicamente assomiglia a Cappellacci), visibilmente stordito dalla potenza delle argomentazioni di Rodotà, ha replicato citando alcune (non meglio precisate) opinioni di insigni costituzionalisti che, in questi giorni, avrebbero sostenuto nei quotidiani il contrario. Vale a dire la possibilità di sterilizzare gli effetti del provvedimento della Corte d’Appello di Milano, reso definitivo dalla pronuncia di inammissibilità della Corte di Cassazione. Chiedo ai lettori e alla redazione del blog di segnalare questi (eventuali) interventi.
2 angelo aquilino
15 Febbraio 2009 - 11:40
La legge sul testamento biologico
E’ chiaro a tutti, tranne agli integralisti religiosi veri ed a quelli a cui conviene fingere di esserlo, che ognuno appartiene a se’ stesso ed alla propria famiglia. Anche questo elementare diritto sta per essere negato. Allegria! e meno male che Silvio c’e’. In caso di grave malattia converra’ suicidarsi anche con mezzi di fortuna per non avere rotture di cabbasisi per se’ e per la propria famiglia.
Angelo Aquilino
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