Umberto Allegretti
Pubblichiamo volentieri questo secondo contributo di U. Allegretti alla riflessione sul voto, destinato a Sardinews di febbraio.
In un precedente intervento, che ha avuto larga circolazione su una varietà di siti e ha ricevuto molti consensi e qualche dissenso, mi sono espresso sulle elezioni sarde, rilevando che esse hanno per tema di fondo la questione stessa dell’autonomia della Regione. Dicevo in quell’articolo che l’impostazione data alla campagna elettorale della destra dal presidente del consiglio agente in prima persona, come pure le politiche attese da una maggioranza che fosse conquistata da quella coalizione (Berlusconi, come si sa,ha annunciato che verranno abrogate tutte le leggi della Giunta Soru), raffrontate a quelle di un centro-sinistra che si presenta in continuità di programmi e di direzione politica con la maggioranza finora in carica, consigliano a elettori che votino con mente vigile una scelta netta a favore di quest’ultima. Terminavo perciò, poiché l’astensione da cui è tentata una parte degli elettori di centrosinistra rappresenterebbe un contributo indiretto e forse decisivo alla vittoria della coalizione berlusconiana, segnalando che un principio di responsabilità verso l’autonomia – un sano “patriottismo costituzionale” (si sarà riconosciuta la locuzione habermasiana) – dovrebbe indurre costoro a…astenersi dall’astensione.Voglio ora riprendere e approfondire il tema, sperando di aiutare a riflettere sulla natura del voto elettorale, e naturalmente di questo voto.
Qual è, infatti, la “struttura” intrinseca di un voto elettorale – diversamente dal contributo che ad esempio un parlamentare o un consigliere di un ente pubblico può dare a una decisione dell’organo a cui appartiene, all’elaborazione della quale è in grado di partecipare –, qual è, per conseguenza, il senso della espressione di volontà di ciascun elettore, quale la responsabilità che egli assume? Quando si arriva al voto, si è ormai davanti a soluzioni politiche complessivamente definite e proposte da altri – i partiti, le coalizioni, i personaggi in grado di influire su tale definizione -, e l’elettore è chiamato, quasi come un arbitro, a decidere a quale accordare la preferenza. Se i cittadini possono influire sulla formulazione delle proposte, ciò avviene, se avviene, in una fase precedente, attraverso la lotta sulle politiche e sugli uomini chiamate a realizzarle, e nella misura in cui questo è stato possibile e di questo si è stati capaci. Le opzioni possibili nel momento elettorale sono per lo più scelte tra posizioni date, e il campo delle opzioni è tanto più ristretto in presenza di situazioni del sistema politico e di leggi elettorali che si allontanano dal metodo del voto proporzionale su una molteplicità di liste separate per configurare un confronto tra poche liste (di coalizione, almeno in Italia) suscettibili sole di conquistare la preferenza del corpo elettorale e di aspirare a una rappresentanza maggioritaria negli organi rappresentativi. Perciò non pochi, come chi scrive, restano in favore di leggi elettorali fedeli al sistema proporzionale – per quanto corretto in funzione di esigenze di riduzione della frammentarietà dei partiti in parlamento e quindi delle difficoltà di un efficace governo - e che mantengono la possibilità di dare un voto di preferenza al singolo candidato.
Perciò la democrazia elettorale è un momento importante ma non esclusivo della dialettica democratica. Infatti fin dall’Ottocento si è precocemente osservato che il momento elettorale, che insedia al potere una maggioranza proceduralmente costituita come interprete della sovranità popolare, ma in realtà non coincidente col popolo (che è realtà pluralistica), e lo fa per tutta la durata di un mandato pluriennale, non può esaurire lo svolgersi d’una vita politica che voglia dare davvero al popolo la guida del paese (da ultimo, in questi termini, Rosanvallon, 2008). L’intervento politico del popolo in una democrazia sviluppata deve essere puntuale e continuo. Ciò non si ottiene solo col referendum, che è uno strumento semplificato di decisione tra un sì e un no e necessariamente sporadico, ma attraverso quelle forme continuative praticate con l’uso delle diverse libertà democratiche – di manifestazione del pensiero, di uso dei mezzi di comunicazione, di associazione, di riunione, di organizzazione sindacale e via dicendo -; e a lungo si è fatto assegnamento su partiti più o meno democraticamente organizzati e che potranno forse tornare a esserlo. Oggi tali forme tendono a dispiegarsi in quella “famiglia” di nuovi e assai vari strumenti di intervento della società nella politica e nell’amministrazione che ormai in tanti paesi e anche in varie comunità locali italiane vanno raccogliendosi nell’idea di democrazia partecipativa.
Un tale complesso di azioni politiche deve essere sperimentato e gradualmente praticato con un lungo lavoro, ispirato a ideali forti e naturalmente pluralistici: ideali di partecipazione democratica e di capacitazione (A. Sen) di tutti i cittadini, di inclusione dei generi, dei ceti deboli, degli immigrati e degli altri esclusi, di giustizia distributiva, di diffusione universale dell’istruzione, di “giustizia cognitiva” e non soltanto economica (De Sousa Santos, ed. Città aperta, 2008), di salvaguardia ecologica dell’ambiente naturale e storico, di orientamento umanisticamente controllato della scienza e della tecnica, di ricerca e valorizzazione dell’identità di una particolare comunità, di dialogo fra culture diverse e che si rispettano mutuamente. A tutto questo converrà dedicarsi maggiormente anche in Sardegna se si vuole modificare un sistema di governo che si ritiene troppo personale e accentrato, ma che d’altronde ha in questa legislatura cercato di lavorare per molti di questi ideali. Perciò occorre mettere in moto l’agire responsabile di tutta la società, con l’iniziativa di quei cittadini, di quegli organismi associativi e di quei movimenti che maggiormente ne sentono l’importanza.
Ma, data la sua natura, il momento elettorale, decisivo e pur tuttavia limitato nello sviluppo d’una democrazia matura, pone i cittadini di fronte a un diverso tipo di responsabilità: una responsabilità che impone scelte distinte dagli altri momenti dando luogo a un dualismo di comportamenti, peraltro non contraddittorio. Un dualismo costitutivo della realtà politica e inevitabile nel mondo umano di tutti i tempi. A tutti coloro che per tradizione (una tradizione a cui chi scrive appartiene in pieno) lavorano con atteggiamento esigente in direzione di quegli ideali, e ai giovani giustamente orientati nello stesso modo, va dunque segnalato che rispetto al lavorare quotidiano nel movimento della realtà in funzione di tali ideali e al giudicare di volta in volta in base ad essi, come va fatto, il comportamento di chi ha il potere conferitogli dalla rappresentanza, il momento elettorale ha un carattere e una dimensione diversi. In esso occorre consapevolmente scegliere l’opzione politica più vicina o spesso solo meno lontana da quegli ideali: talora si è infatti davanti a due opzioni sufficientemente buone, talaltra purtroppo a due opzioni non buone e tuttavia di rado equivalenti, talaltra a una considerabile come più o meno buona e a una assolutamente lontana e cattiva. Questa terza – sembra di poter dire – è l’attuale situazione, sia la situazione nazionale che quella sarda: e in questo caso come in altri, non una scelta all’altezza piena dei propri ideali si ha il diritto di adottare ma quella da essi meno lontana. Infatti il pericolo di una vittoria di chi sta agli antipodi, che è già al potere nella situazione nazionale e punta a esserlo anche nella Regione Sarda - sia per dominarne la vita a soddisfazione di interessi anche personali (come ben sappiamo) che per rafforzare la propria presa sull’intero paese – è incombente e va fronteggiato in maniera adeguata: lo impone il principio responsabilità (Jonas), unico principio che può guidare i comportamenti consapevoli di chi vuol essere davvero cittadino, portandolo a considerare gli effetti prodotti dalle proprie azioni e non le mere intenzioni o i dettami di una astratta e improduttiva “coerenza”,.
3 commenti
1 luca sanna
10 Febbraio 2009 - 13:02
Chissà se il signore che si firma ap (ma non credo che sia Pubusa) avrà capito le sue considerazioni raffinate. Contro un pensiero rozzo - che non è solo quello di Berl - non è facile.
Povera sinistra!
2 alessandropsi74
10 Febbraio 2009 - 16:00
Penso che questo sia un invito al voto utile, ma il esiste anche un voto di dissenso rispetto a due candidati che si presentano più o meno con gli stessi metodi di governo.
E’ questo il bello della democrazia! altrimenti tutto diventerebbe deprimente.
Le critiche all’operato del governatore uscente sono sempre più bipartisan, e vengono da autorevoli persone e studiosi, perchè il popolo della sinistra non può dissentire e esprimere questo dissenso alle urne?
3 Gavino Corda
10 Febbraio 2009 - 17:07
Con tutta l’umiltà opportuna, mi ritrovo pienamente, ancorchè obtorto collo, nelle considerazioni del Prof. Allegretti.
Un vecchio uomo della sinistra
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