L’Unione Sarda ha pubblicato oggi, 17 dicembre, una mia recensione del volume di Gianni Fresu “La prima bardana – Modernizzazione e conflitto nella Sardegna dell’Ottocento”.
Ve la propongo.
Gianni Fresu, La prima bardana – Modernizzazione e conflitto nella Sardegna dell’ottocento
Gianni Fresu torna sull’ottocento sardo con questo volume di agevole lettura, appena edito dalla CUEC. Come specifica l’autore nelle conclusioni “esso non ha l’ambizione di fare sensazionali scoperte scientifiche, né di stravolgere i canoni interpretativi sul rapporto tra modernizzazione e conflitto, dominio ed egemonia, nella Sardegna dell’Ottocento”.
Tuttavia, il libro è utile. In quasi 170 pagine, con una prefazione di Nicola Tranfaglia, Fresu ricostruisce dal punto di vista storico il banditismo. Trova ampio spazio il dibattito storiografico sul tema e, soprattutto, si ripropone l’elaborazione di alcuni dei più importanti intellettuali comunisti sardi del novecento. Non Gramsci, che viene utilizzato come bussola metodologica. Stiamo parlando, invero, di Renzo Laconi, Girolamo Sotgiu e Umberto Cardia. Nomi che, anche a sinistra, oggi vogliono dire poco. Nomi di uomini che hanno guidato la sinistra sarda del novecento e studiato a fondo la Sardegna.
Attraverso loro, ed altri, Fresu scandaglia le ragioni del banditismo senza scadere nelle semplificazioni. Anzi. Sono proprio le semplificazioni, e la loro rivisitazione critica, la causa prima del volume. Messo al bando ogni forma di romanticismo, ed ogni forma di determinismo pseudo-marxista, il banditismo viene inserito all’interno di fenomeni storico-sociali che travalicano la Sardegna, per cui “negli stessi anni in cui assume connotati di massa il fenomeno del Brigantaggio meridionale raggiunge punte estreme di intensità il banditismo sociale in Sardegna”.
Nondimeno, se ne indaga la peculiarità. Il ragionamento si sofferma sulle contraddizioni che il processo di modernizzazione sabaudo, in modo tutt’altro che lineare, provoca tra le classi subalterne. Viene indagato il rapporto urbano-rurale e, all’interno del rurale, l’evoluzione dei rapporti tra agricoltura (allargamento delle superfici coltivate) e pastorizia (restringimento delle aree destinate al pascolo). I passaggi storici, noti, sono quelli dell’editto delle chiudende, dell’abolizione dei feudi e della proprietà perfetta.
Il fenomeno del banditismo viene inserito all’interno di un grande processo egemonico, che sconfigge definitivamente le tendenze rivoluzionarie di fine settecento e primi dell’ottocento. L’apice è la perfetta fusione del 1847. Come scrive Fresu “con le riforme del regime fondiario tra gli anni Venti e i Quaranta i governi sabaudi compiono una grande operazione egemonica attraverso cui compattano dietro di sé non solo le classi dirigenti tradizionalmente omogenee ma persino quelle fasce di intellettualità irrequieta prima collocate su un altro versante politico. Senza tenere conto di questo processo politico il cosiddetto riflusso conservatore di parte della borghesia sarda che porta alla perfetta fusione, dopo la stagione tumultuosa dei moti tra Settecento e Ottocento, apparirebbe poco comprensibili o peggio gli si darebbe una spiegazione totalmente concentrata sulle singole biografie”.
Verrebbe da chiedersi se quel periodo storico, oggi che si celebrano i funerali dell’autonomia, sia già stato superato o meno.
Di sicuro le classi subalterne, di cui Fresu tratteggia condizioni e reazioni, pagarono materialmente e socialmente la modernizzazione. Il decennio più catastrofico del banditismo (1890-1899) viene definito un “decennio di guerra […] conclusosi con l’intervento dell’esercito con modalità non dissimili da quelle adottate dalla corona britannica in Irlanda”. I rapporti coloniali, semicoloniali o di colonialismo interno che dir si voglia, tra Piemonte e Sardegna prima e Italia e Sardegna dopo, tornano spesso nel volume.
Ma il punto più interessante per l’oggi è, forse, quando Fresu riporta una considerazione di Girolamo Sotgiu su come la questione sarda nasca non tanto con la fine dell’autonomia, quanto proprio con la fusione perfetta, che rende uguali situazioni profondamente diseguali.
“Si può affermare che è quello il momento in cui si stringe il nodo della questione sarda perché l’unificazione giuridica, amministrativa e politica ponendo sotto lo stesso denominatore due realtà economico-sociali e politiche disuguali, avviava un processo di profonda diversificazione destinato a respingere sempre più indietro quella parte che in partenza era la parte più debole, secondo la logica interna dello sviluppo capitalistico che determinava la generale politica espansionistica della borghesia piemontese ed aveva imposto la stessa fusione”.
Se pensassimo all’Unione Europea di oggi, ed alla Banca Centrale Europea, e sostituissimo questi attori ai piemontesi, non sarebbe una analisi perfettamente calzante all’attuale fase storica?
1 commento
1 Oggi venerdì 18 agosto 2017 | Aladin Pensiero
18 Agosto 2017 - 08:51
[…] La prima bardana – Modernizzazione e conflitto nella Sardegna dell’ottocento 18 Agosto 2017 Su Democraziaoggi. ————————- ven 19 ago 2017 […]
Lascia un commento