Gramsci, una vita e un pensiero in movimento

7 Agosto 2017
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Gramsci, una vita e un pensiero in movimento

2 Maggio 2017
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Gianna Lai

Nella sede dell’Associazione culturale Antonio Gramsci di via Doberdò a Cagliari, la prima presentazione, in Italia, del libro di Angelo d’Orsi “Gramsci. Una nuova biografia”. Storie Feltrinelli, 2017. I temi  proposti dal prof. Mauro Pala, entrano con intelligenza subito nel merito, sulla qualità della scrittura, non esistendo in Italia tradizione di biografie scritte da storici. E su Gramsci dalla Sardegna a Torino, perché lo spazio diventa sedimentazione di esperienze.  E poi, man mano che il discorso si dipana, la guerra, per Hobsbawm un’unica guerra dal 1914 al 1945, e poi l’idea di questo libro in rapporto agli studi approfonditi dell’autore su Gramsci. E poi quel che resterà ancora, e sempre, da indagare e da scrivere sulla vita e le idee del grande  pensatore.
Avvertivo l’esigenza di una ricerca storica, dice il prof. Angelo D’Orsi,  a partire dall’accesso a fonti nuove e alla possibilità di porre domande nuove, dopo la biografia di Fiori, che resta epocale. Perciò ho esitato a scrivere questo libro, pur avendo 40 anni di lavoro su Gramsci alle spalle, essendo  un mare gli scritti su Gramsci pubblicati in tutto il mondo, una valanga che non smette mai. Gramsci è il mio santo laico, sempre stimoli inediti e impensati nelle sue opere, e c’è poi un elemento autobiografico importante: son nato anch’io nel sud e giunto a Torino, le prime difficoltà di adattamento, ‘città fredda e ostile’, così come per Gramsci. Mi sono imbattuto, giovanissimo, in Gramsci, studiando la storia della cultura torinese.
Se pensiamo alle componenti politico-culturali di quel mondo,  Gramsci oggi non è attuale, ma piuttosto molto necessario; cosa di più diverso, della fisionomia antropologica di Gramsci, non c’entra niente con l’oggi, ma ci vorrebbe Gramsci per orientarci in questo nostro difficile presente.
Il libro è una biografia che non è una biografia, c’è dentro il filo della vita di Gramsci, come fosse un romanzo: la storia è attività narrativa (gli studiosi accademici italiani, a differenza dei francesi e degli inglesi, non ne considerano la giusta rilevanza), e io scrivo per tutti i lettori, perché bisogna tenere insieme il racconto di una vita, il concetto di crisi, essendo un percorso ad ostacoli la vita politica di Gramsci, con l’enucleazione del  pensiero. E ‘poiché le idee non cascano dal cielo’, enucleare il pensiero vuol dire collocarlo via via nei contesti storici, politici e geografici. Ed è la cosa più difficile mettere insieme questi due piani, vita e opere, perché Gramsci è autore che si è occupato di tutto, l’autore italiano più studiato, dopo quelli del XVI secolo. Quindi può essere inteso, questo mio libro, come propedeutico alla lettura dei Quaderni, che vanno letti con, a fianco, le Lettere.
La guerra è il basso continuo su cui si costruisce il quadro della personalità di Gramsci. Per il giornalista Gramsci nel 1911 a Torino, centrale diviene l’esperienza dell’Ordine Nuovo. Giornalismo di tipo nuovo che, con intento pedagogico crea i suoi lettori, poi teorizzato sui Quaderni, un’attitudine pedagogica sempre presente nel pensiero e nell’azione di Gramsci.
Il giornalismo di Gramsci si identifica con la critica alla guerra, secondo un approccio di carattere antropolgico, non sono interessanti i fatti militari o la geopolitica, ma la trasformazione nella testa della persone. La guerra vive di menzogne, la guerra istupidisce le persone, conforma la testa delle persone. Un lavoro straordinario quello di Gramsci, dice che cosa c’è dietro, facendo assumere così alla guerra un valore che va ben oltre la sua portata. E denuncia Gramsci  lo scollamento del Partito dalle masse, opponendosi al nullismo della dirigenza del Partito Socialista, che non si accorge quanto la guerra stia portando le masse stesse ad essere protagoniste. E’ la centralità della contrapposizione guerra  di posizione-guerra di movimento, una delle chiavi attraverso cui egli elabora il concetto di rivoluzione. E ne emergono stimoli lessicali sempre nuovi, vengono prima le parole poi i concetti, secondo la sua straordinaria capacità di manipolare le parole, usandole e cambiandone il senso, deformando i nomi, creando  parafrasi che nascono dall’esperienza.
In primo piano una continuità di pensiero, non sempre compresa nel dibattito storiografico, che risulta spesso inquinato dal dibattito politico, per una pretesa discontinuità tra il giovane Gramsci rivoluzionario e quello dell’età matura contrario alla rivoluzione. Così la lettura in chiave simbolica delle Lettere dal carcere, si usa molto adesso, come anche la storia che Gramsci in carcere fosse un privilegiato.
Il Gramsci sardo e il Gramsci intellettuale che si forma a Torino, l’incontro con il genius loci che respira la cultura del rigore, e Gramsci ci invita ancora a scrivere con rispetto, a parlare solo delle cose che abbiamo studiato, perché le informazioni ‘le più esatte concrete e precise’,  lui ci tiene a raccogliere sempre prima di scrivere.
E  il cambiamento, il periodo della scoperta del bolscevismo, poi il carcere, un Gramsci ancora diverso, arrestato da parlamentare in carica, e il suo calvario, due settimane a Regina Coeli, ceppi ai piedi, manette ai polsi, legato agli altri prigionieri, nello spostamento a Ustica. Poi a S. Vittore, a Milano, costretto ‘a razzolare nel letamaio’, scopre “l’onesta gallina” della letteratura italiana, Carolina Invernizzio, non avendo libero accesso alle letture. Un accumulo di sofferenze gli vengono inflitte, dalle mancate cure per non poter ricorrere al suo medico curante, alla lunga attesa dei libri e alla censure imposte alle sue richieste. Arrestato l’8 novembre del 1926, solo nel ‘29 è autorizzato a scrivere, e le vessazioni continuano, può farlo solo per quattro ore al giorno.
Gramsci in carcere è un uomo sconfitto, nella sconfitta del Partito Comunista e del movimento popolare internazionale. Ma Gramsci non rinnega, e sbaglia chi parla di ripensamenti  verso l’orizzonte liberaldemocratico. Non è così, Gramsci in carcere, ecco l’insegnamento, elabora categorie politiche e storiche e,  se in questa fase non è pensabile la rivoluzione come assalto al Palazzo d’Inverno, bisogna pensare alla rivoluzione attraverso una controegemonia, a partire dal ruolo degli intellettuali. Ed è la guerra ad essere dirimente, è lì che si cimenta la costruzione egemonica,  da lì la critica delle ideologie, è la guerra a fornire le parole che fanno nascere i concetti.
Ho provato a fare una biografia che sia racconto della vita e del pensiero di Gramsci, del pensiero in movimento, e una delle ragioni per cui ritengo si dovesse scrivere è il ritrovamento, in questi anni, di nuovi documenti, provenienti dalla Russia e dalla famiglia, nuove cose da scoprire, per un’indagine a tutto tondo. A partire da  un’interpretazione di fondo, pur nei cambiamenti inerenti alla situazione in cui si viene a trovare, Gramsci resta comunista, rivoluzionario, marxista. Gramsci apre piuttosto la porta verso orizzonti nuovi, per una nuova teoria del marxismo, che rinnova profondamente il marxismo, ma senza rinnegarlo. Parla di gruppi subalterni e non di classe, le funzioni dello Stato  sono cambiate rispetto allo Stato come espressione di dominio di una classe su una classe, e di capitalismo come di una civiltà, l’insieme di ciò che il capitalismo realizza in una certa epoca. Parla di americanismo e di fordismo, che non è certo fare apologia, perché  vuole capire, Gramsci è antidogmatico e la parola fondamentale per lui è critica, pensiero critico. Dal lemma marxismo-leninismo si allontana e nella lettura dei Quaderni se ne deve vedere il processo: questo era il mio intento, un percorso contestualizzato,  le questioni politiche del tempo cioé, a fianco del dato biografico.
Grande Gramsci, la sua vita è, di per sé, un’opera. Lui non ha mai scritto un’opera, ma documenti, articoli, piccoli saggi, le Lettere, le note dei Quaderni, che sistematizza nella ristesura, ma poi da riprendere per trasformare in saggi.
Legami tra affetti e storia e politica del tempo, e la percezione del tempo storico è insegnamento fondamentale anche per chi fa politica.

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