Gianfranco Sabattini scrive, Andrea Pubusa risponde
Caro Andrea,
finalmente ci siamo; mi fa piacere che ti sia convinto che il problema, nelle attuali condizioni di funzionamento dei moderni sistemi economici, è quello di spostare l’attenzione dal lavoro verso la distribuzione della ricchezza sempre meno prodotta dai lavoratori”, i quali, per questo motivo, verranno a trovarsi in una condizione di “disoccupazione strutturale irreversibile”.
Tu dici che il tema è nuovo, ma che il suo nucleo è “vecchio”; non è così. Quando Robert Owen propagandò la lotta contro l’uso indiscriminato delle macchine nel processo produttivo (se si prescinde dalle condizioni del contesto sociale ed economico del suo tempo, ma anche dalla teoria economica allora vigente, quella classica) non aveva molti argomenti per giustificare la sua proposta, in considerazione del fatto che l’approfondimento capitalistico del processo produttivo e, dunque, un maggior uso delle macchine, avrebbe comportato un ulteriore incremento della produzione e dell’occupazione, che nel mondo moderno non sempre è possibile.
Ora in te, caro Andrea, resta ancora un “residuo” antico, residuo della tua fede marxista, che non ti consente una considerazione realistica della natura del lavoro nella moderna società capitalistica. Tu pensi che, nel mondo moderno, un “reddito senza lavoro, ossia senza impegno sociale”, costituisca pur sempre un problematico sociale devastante. Certo, lo è sin tanto che si continuerà a pensare secondo la tradizione cristiano-marxista, che il lavoro è “dignità”, è “liberazione” è “obbligo morale verso chi lo rimunera”; come ti sarai accorto, anche il Papa è di questo parere, che visitando gli impianti dell’Ilva si è espresso contro il “reddito assicurato a tutti” e a favore del lavoro per tutti; lui, però, si è ben guardato dall’indicare come garantirlo. Di ciò il Papa non era tenuto ad interessarsi più di tanto, considerato che la sua “missione” dovrebbe essere quella di indicare ai “comuni mortali” come si “va nel mondo ultraterreno”, e non quella di indicare “come funziona quello terreno” (almeno non per tutti).
E’ giusto perciò, come tu affermi, ritenere il tema dello spostamento dell’attenzione dal lavoro verso la distribuzione della ricchezza prodotta, avendo cura però di salvaguardare la libertà del disoccupato, titolare del diritto a ricevere un “reddito di cittadinanza”, di realizzare il proprio “progetto di vita”, dedicando il tempo libero allo svago, all’arricchimento interiore ed al lavoro in proprio.
Non è questa la società che tu vorresti? L’impegno sociale di chi gode di un reddito di cittadinanza, la cui istituzione dovrebbe compensare l’incapacità del mondo capitalistico moderno di fare fronte alla disoccupazione strutturale irreversibile, consisterebbe proprio nell’impiegare il tempo libero secondo una delle modalità indicate, consapevole di contribuire in tal modo a realizzare un comunità nella quale è “conveniente vivere”.
E’ bene che tu promuova un dibattito sull’argomento, anche perché è ricco di tante altre implicazioni, tutte connesse allo spostamento dell’attenzione dal lavoro alla distribuzione della ricchezza prodotta.
Caro Gianfranco,
sarà che ho sempre lavorato sodo e che anche quando sono in vacanza nei miei “poderi”, mi alzo all’alba, fotografo il sorgere del sole, e mi metto a far qualcosa. Fingo di lavorare, ammetto, ma m’illudo di fare qualcosa di utile. Mi sembra che la condizione del rien faisant sia infelice.Tu dici che questo deriva dalla mia matrice marxista, ma ne sei certo? Non devo ricordare a te, lettore insaziabile, che fu proprio il genero di Karl, Paul Lafargue, a scrivere il Il diritto alla pigrizia (Le Droit à la paresse, 1883). E quel testo, scritto dalla cella di prigione (nel 1880), non fu stroncato, anzi fu commentato in modo favorevole da Marx. In esso - come sai - viene mossa un’aspra critica alla strana follia che si è impossessata di uomini e donne della società moderna: l’amore per il lavoro. Secondo Lafargue, la passione per il lavoro è causa della degenerazione intellettuale tipica delle società capitalistiche, nonché generatrice di miserie individuali e sociali. A sostegno del diritto all’ozio Lafargue porta un pungente ritratto della società lavoratrice del tempo, alienata da ritmi estenuanti e dal paradosso di macchinari sempre più precisi e veloci, ma - ecco il punto - l’impiego di essi non porta però ad una riduzione delle ore di lavoro umano. Al contrario velocizza i ritmi di lavoro quasi a voler mettere l’uomo in competizione con la macchina. Del resto, secondo Paul, “anche i Greci dell’antichità non provavano che disprezzo per il lavoro: solo agli schiavi era permesso lavorare; l’uomo libero conosceva unicamente gli esercizi corporali e i giochi di intelligenza».
La tesi non apparì così eterodossa ai circoli socialisti del tempo se nessuna opera di propaganda socialista è stata tradotta in tante lingue quanto Il diritto alla pigrizia, eccettuato, ovviamente, il Manifesto comunista.
E quando Marx parla di estinzione dello Stato e delle classi? Certamente pensava anche ad una drastica riduzione del lavoro e a tanto tempo libero da trascorrere occupandosi della cosa pubblica o in piacevolezze di vario tipo. Dunque, quando tu annetti la mia propensione per il lavoro alla formazione marxista, forse sbagli. Stando alla arguta intuizione di Lafargue la mia operosità è più un lascito dell’egemonia culturale capitalistica che non un’influenza delle letture marxiane.
Ammetto così di buon grado che la tendenza verso una società dove lavorano le macchine e l’uomo si occupa delle cose piacevoli è in fondo auspicabile ed anzi, se mi permetti, è quella sorta di paradiso terrestre che risponde all’utopia socialista. Credo che nessun sogno negli uomini sia stato più ricorrente di questo. Ora la robotica, sembra rendere quel sogno realistico. Non mi oppongo, dunque. Anzi dico che questa è la frontiera della battaglia socialista del futuro: fare in modo che della ricchezza, prodotto sociale, non si approprino gruppi ristretti o una classe in danno delle altre, ma che la distribuzione sia equa, tendenzialmente egualitaria. Ma la lotta per questo sarà asperrima e senza esclusioone di colpi. Si può dire? E’ lotta di classe allo stato puro.
Come vedi, gira, gira, torniamo sempre al punto di partenza, alla lotta per un mondo di liberi ed eguali, a cui si può dare il nome che si vuole, ma per me è sempre la società per la quale mi sono battuto fin dagli anni verdi. Finora con scarsa fortuna, ma domani chissà.
3 commenti
1 Lavoro | Aladin Pensiero
22 Giugno 2017 - 08:06
[…] “follia del lavoro” occorre opporre la distribuzione della ricchezza 22 Giugno 2017 Gianfranco Sabattini scrive, Andrea Pubusa risponde. Su Democraziaoggi. Aladinews lavoro Gianfranco Sabattini scrive Andrea Pubusa risponde. Su […]
2 Franco Meloni, direttore Aladinews
22 Giugno 2017 - 10:57
La cantava mia mamma (fm)
Quando sarà abolito il capitale
Canto anarchico di fine 800
————————–
Quando sarà abolito il capitale
e splenderà il bel sol dell’avvenir
avremo la ricchezza generale
e la felicità che niun sa dire
I fiumi scorreranno latte e miele
il mare sarà tutto uno sciampagna
invece di patate, sorgo e mele
le piante daran gnocchi con la bagna
Trulalala la la…
Non vi saran più vizi nè difetti
non più carabinieri nè furfanti
i gobbi e storpi diveran perfetti
e i magri grossi come elefanti
Avremo le montagne di formaggio
i sassi di prosciutto e mortadella
i giorni saran sempre il Primo Maggio
e la stagione sempre la più bella.
Trulalala la la…
Non ci sarà bisogno di lavoro
poichè dal cielo pioverà la manna
ognuno sdraiato all’ombra d’un alloro
potrò dir, “Pancia mia fatti capanna!”
Se c’è qualcun di voi che non ci crede
signori, lo dovete compatire
è l’unico mortal che non ha fede
nel folgorante sol dell’avvenire.
Trulalala la la…
——-
Elio Pereno nel disco “Sventolando la libera bandiera – canti della 41ma Brigata Garibaldi «Carlo Carli»”.
https://www.youtube.com/watch?v=Rdd0f0XXfgE
3 Verso il Convegno per il Lavoro | Aladin Pensiero
28 Settembre 2017 - 12:54
[…] che già ha trattato il tema in diverse riviste a cui collabora, tra le quali Aladinews e Democraziaoggi. ————————————– II […]
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