Portovesme si ferma: il Sulcis-Iglesiente nel dramma della disoccupazione

5 Febbraio 2009
1 Commento


Antonello Tiddia

Dal R.S.U. della Carbosulcis Antonello Tiddia riceviamo e volentieri pubblichiamo.

In questi ultimi anni il Sulcis-Iglesiente è sprofondato in un malessere diffuso, testimoniato anche da una grande ripresa del flusso migratorio. Coi processi di deindustrializzazione in atto da anni nel territorio, si sono persi e si stanno perdendo migliaia di posti di lavoro. Nel Sulcis-Iglesiente la disoccupazione è a livelli insostenibili: molti piccoli centri hanno un terzo della popolazione attiva disoccupata. Una disoccupazione di massa, conseguenza della progressiva desertificazione industriale.
In questi giorni, mentre molti esponenti politici sono impegnati nella disputa tra un “padrone” Soru e un servo di un “padrone” Cappellacci, nel Sulcis il dramma sociale aumenta. Siamo tutti direttamente o indirettamente vittime della ulteriore crisi che ha investito pesantemente il polo industriale di Portovesme. I dati parlano da soli:
- Otefal Sail (la ex Ila) fabbrica di laminati d’alluminio, da circa tre mesi 200 lavoratori sono senza stipendio e ammortizzatori sociali, la fabbrica è chiusa.
- La Portovesme S.R.L. ha fermato da gennaio i forni Waelz e messo 100 operai in cassa integrazione, perché il prezzo dello zinco è colato a picco.
- L’Euralluminia rischia la chiusura, attualmente la fabbrica è ferma, sono circa 700 (circa un migliaio con l’indotto) i lavoratori che rischiano il posto di lavoro. La fermata degli impianti potrebbe aver altre gravi ripercussioni per l’area del Sulcis in quanto l’alluminia viene poi acquistata dall’Alcoa che si ritroverebbe senza il prodotto da trasformare.
L’attuale polo industriale di Portovesme non è e non può essere il propulsore del futuro economico del territorio. Appare ormai evidente che lo sviluppo richiede nuove iniziative. Tuttavia, nel breve e nel medio periodo il polo è l’unica risorsa certa, di importanza vitale per le popolazioni. Occorre, dunque, preservarlo attraverso interventi di consolidamento sul piano dell’efficienza. I lavoratori sono in lotta con blocchi e azioni decise nelle fabbriche e fuori. In una situazione difficile come questa per il territorio, occorre avviare una grossa mobilitazione e una lotta unitaria dei lavoratori, delle famiglie e delle organizzazioni sindacali del territorio. Perché l’esperienza insegna che la lotta paga, come ha pagato quella grande e tenacissima lotta dei minatori della Carbosulcis 15-16 anni fa.

1 commento

  • 1 matteo
    10 Marzo 2009 - 20:32

    è davvero triste

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