Andrea Pubusa
Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato due nuovi post sulle casse fiorite del Sulcis di Maria Laura Ferru e mio, mettendo in luce influenze arabesche sui disegni floreali. In effetti il motivo dei fiori che promanano da un vaso stilizzato è presente sia nella tradizione araba come nelle belle casse sulcitane. Un motivo ricorrente n queste ultime, sopratutto al lato, ma non solo, è una stella stilizzata, come si vede nella bella cassa di Elio Fanutza, titolare del rinomato Ristorante Letizia, della figura seguente.
Michele Podda in un commento ha evidenziato una confusione terminologica sulla parola “rosone”, impropriamente usata per indicare il fregio a forma di stella e ha dato una preziosa indicazione, e cioè la descrizione della Chiesa de “S’eremita Matteu“, effettuata da Sandro Angei, Stefano Sanna, Gigi Sanna, dove quella stella stilizzata compare più volte.
(Chiesetta S’eremita Matteu - Narbolia)
Quel prezioso articolo dei tre studiosi segue ad un altro, pubblicato il 28 febbraio 2014 su Monte Prama blog, dedicato alla chiesetta dell’Eremita Matteu dal titolo: “Le donnine scolpite di Narbolia”. L’articolo descrive alcuni particolari di quella chiesetta, focalizzando l’attenzione sulle tre donnine presenti sul frontone. Nel nuovo articolo si indaga più a fondo in questa costruzione, per trovare qualcosa di più di …’tre donnine‘. E questo quid pluris interessa anche le nostre casse, per la presenza di alcuni fregi a forma di stella.
Ecco la descrizione dei tre studiosi:
“Quella denominata S’eremita Matteu è una costruzione alquanto insolita nel quadro delle chiese campestri sarde. Il piccolo edificio, un ambiente interno voltato a botte di 4.50 m di larghezza per 6.80 m di lunghezza, si erge seminterrata nel pendio esposto a Est Sud-Est della collina de S’eremita; tanto che salendo il pendio che costeggia i suoi fianchi si riesce a salire agevolmente sul tetto della costruzione. Nessun’altra chiesa campestre, che noi si sappia, è edificata in simile posizione.
Sopra il varco dove in origine si presume fosse situata la porta d’ingresso, è incastonata una finestra circolare ricavata all’interno di un quadrato di conci di bianco tufo di ” “Santa Caterina”, poggiato sopra una lastra del medesimo materiale decorato a dentelli. La finestra circolare è sormontata da un concio esagonale, sormontato a sua volta, da un concio quadrangolare. Sopra quest’ultimo concio si staglia in bassorilievo una delle tre figurine femminili con le braccia alzate; in posizione simmetrica rispetto a questa, ad una distanza di circa 1.40 m, si individuano le altre due.
Fig. 2
All’interno della chiesetta è presente nella parete di fondo e in posizione asimmetrica, una piccola nicchia absidata (Fig. 3) ; nicchie che, come di consueto, troviamo in altre chiese.
Sopra la nicchia corre orizzontale per tutto il perimetro dell’ambiente, un cornicione decorato a dentelli sul quale è impostata la volta a botte”.
Ecco il punto che a noi qui interessa.
” Sono degni di nota tre particolari decori realizzati nel tratto di cornice posto proprio sopra la piccola nicchia (fig. 4, 5, 6). I due fregi laterali propongono il fiore della vita, simbolo di rinascita. Il fregio centrale (Fig. 5), già notato nell’articolo pubblicato su Monte Prama e descritto quale “stella di Ištar” (dea della fertilità), è posizionato esattamente a metà della corda che sottende l’arco di volta.
Stella a sei punte posizionata all’estremità sinistra del concio.
Particolare della stella a 8 raggi, posizionata al centro esatto della navata
Stella a sei punte posizionata all’estremità destra del concio
Di certo, se non descrivessimo più compiutamente la stella di Ištar qui rappresentata, quale mirabile e certosino lavoro, non renderemmo giustizia allo scultore che la realizzò. Il fregio fu realizzato incidendo la tenera roccia calcarea in modo da ricavare quattro pentaedri e otto tetraedri (quelli che possiamo interpretare come sorta di piramidi in negativo: quattro a base quadrangolare e otto a base triangolare, Fig. 7 a). Tra pentaedri e tetraedri sono frapposti 12 solchi (Fig. 7 b).
La figura è estremamente complessa, tanto che si pone d’obbligo la domanda: perché realizzare un fregio cosi elaborato in una chiesa d’eremiti, la cui semplice vita era dedita alla preghiera e alla contemplazione? Forse il fregio nasconde qualcosa di più di un semplice logogramma… ma lasciando in disparte (per ora) altre considerazioni, sembrerebbe chiaro il messaggio simbolico di richiesta di fertilità e rinascita che suggeriscono i tre decori”.
Fin qui la descrizione dei tre studiosi. Ma la stella a sei punte compare anche nella fronte dei boes, la maschera carnevalesca di Ottana. Ed anche qui è simbolo di rinascita, rigenerazione, gioia e speranza, direttamente collegato ai primitivi culti del sole. La stella della vita è poi semppre contenuta in un cerchio, simbolo dell’eternità.
Su Boe
Ed ecco la possibile conclusione: la stella simboleggia la fertilità e la rinascita, e dunque non è una forzatura collegarla al culto dell’acqua, che a Nuxis ha radici risalenti, come prova il Pozzo sacro della valle di Tattinu, ricca di fonti.
Nuxis, area pozzo sacro Nuragico di Tattinu
Inoltre, il paese è nato attorno all fonte “Sa Turri“, che alimenta l’intera popolazione, “Sa cannaredda” (v. foto sotto) e il rio Cuxina: su queste acque abbondanti poggia la cultura del verde, dei giardini e dell’orto dei suoi abitanti.
(Nuxis, “Sa cannaredda“, fonte di paese a valle della Sorgente “Sa Turri“)
Si può fare un passo avanti nella comprensione del valore simbolico delle casse sulcitane, espressione della cultura locale: i fiori come evocazione della rinascita della natura, la stella simbolo dell’amore, della fertilità e dell’acqua. D’altra parte queste erano le casse della sposa e dunque niente e piu appropriato in esse dei simboli del’amore, della vita che si riproduce e dell’acqua che ne e’ il fattore ineliminabile.
In questa cassa la stella della vita è nel lato anteriore ed ha otto raggi.
1 commento
1 michele podda
5 Marzo 2017 - 10:21
“Che confusione!” Caro Direttore, con questa espressione non mi riferivo certo all’ottimo lavoro di ricerca della studiosa M. L. Ferru, che apprezzo moltissimo. Intendevo soltanto manifestare la MIA DIFFICOLTA’ nel considerare gli aspetti comuni relativamente ad elementi così diversi, quali casse fiorite del Sulcis e antiche chiesette campestri. Ora l’aggiunta della maschera dei “boes” di Ottana mi convince ancora di più che ho e che c’è da studiare parecchio per poter decodificare in maniera credibile l’immenso patrimonio “artistico e culturale” della Sardegna, con i suoi risvolti spesso avvolti nel mistero. Devo ammettere che molto si sta facendo, e quel che più mi affascina è che persino in oggetti di poco conto o in manufatti di apparente limitata rilevanza (umili chiesette campestri, casse della sposa, antiche maschere carnevalesche, decorazioni nei costumi tradizionali o nei “criccos” dei “malunes” di sughero e legno…) si tramandano SEGNI che si ripetono in modo sicuramente non casuale, anche se gli stessi autori non riconoscono più i significati originari, ma ne intuiscono soltanto la loro importanza o sacralità. L’importante è, a mio parere, che tali elementi si riscoprano e si confrontino fra loro con frequenza sempre maggiore.
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