Renzi: parole d’ordine e menzogne

27 Febbraio 2017
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Lucia Pagella

C’è è stato un periodo in cui Matteo Renzi veniva percepito come il nuovo salvatore della patria e la parole d’ordine era “ solo Lui può fare le riforme e salvare l’Italia.”  La parola d’ordine divenne un mantra e coloro che salirono sul carro del vincitore ne fecero, per interesse, il loro credo.
Non ho mai ritenuto vera questa bufala perché in politica, come in natura, vi è l’horror vacui e il venir meno di un protagonista ( oltretutto per ottime ragioni ) consente ad altri di emergere. Del resto lo stesso Renzi è comparso quasi improvvisamente sulla scena politica nazionale e da sindaco di Firenze è riuscito a divenire primo ministro oltretutto  senza essere stato votato da nessuno.
La realtà ha dimostrato che le sue tanto decantate riforme non attingevano al patrimonio ideale del PD, non facevano parte del programma di governo su cui gli Italiani erano stati chiamati ad esprimersi, e spesso erano incostituzionali. La sua principale riforma, poi, quella che ci sarebbe stata invidiata dall’universo mondo – la riforma della Costituzione – è stata sonoramente bocciata dagli Italiani imbufaliti per essere stati presi in giro e relegati in fondo alla classifica dei paesi europei ( la nostra crescita è addirittura inferiore a quella della Grecia ). E’ stato il periodo dei Marchionne, dei Briatore dei Farinetti, della confindustria. Marchionne ci ha portato via la nostra industria automobilistica, Briatore si è fatto promotore di iniziative insensate in Puglia, e Farinetti ha avuto gratis un enorme spazio all’Expo. La confindustria è stata beneficata da sconti fiscali che avrebbero dovuto promuovere l’ occupazione e la crescita ed ha ottenuto l’annullamento di quello che era stato una pietra miliare nel percorso di tutela dei lavoratori e, cioè, l’art. 18. Dopo di allora tutti sono divenuti precari e per ciò stesso ricattabili. In cambio essi hanno avuto vouchers e bonus ripetuti in occasione di ogni tornata elettorale. Si è cosi evidenziata l’incapacità di questo governo di esprimere una vera politica economica.
Adesso la parola d’ordine è cambiata : “ nessuno comprenderebbe una scissione consumata solo sulle date del congresso.”
La compagine di scalcinati legislatori che in questi ultimi tre anni ha fatto ricorso quasi esclusivamente a decreti legge, voti di fiducia, canguri ed animali vari per far passare tutto quello che un parlamento degno di questo nome non avrebbe mai approvato ed un presidente della repubblica avrebbe dovuto rinviare al mittente,  hanno largamente contribuito a non portare a conoscenza degli elettori le possibili alternative ed a rendere le riforme sponsorizzate dalle slides oggetti misteriosi di cui, però, se ne sono sentiti i malefici effetti. Quando ciò accade non si può parlare di democrazia. Orbene è evidente che in questa situazione un congresso farsa non aiuta certo a rendersi conto di quali siano stati e siano gli interessi in gioco e quali siano le proposte portate avanti dai vari candidati per cui è perfettamente inutile. L’unico che potrebbe esserne beneficato è il trombettiere di Rignano che evita in tal modo qualsiasi confronto. Solo apparentemente quindi  si tratta di una disputa tra date, in effetti la disputa è sui contenuti che se non portati a conoscenza rimangono ignorati e, quindi, tamquam non essent. Di tutto ciò gli Italiani  se ne rendono perfettamente conto.
Emiliano è stato molto abile nel suo discorso a riportare la palla nel campo avversario ma la sua decisione di rimanere nel partito dopo l’insulto in pieno viso ricevuto da Renzi che, sebbene sollecitato, non ha dato alcun riscontro rende ambigua la sua posizione. Ora, però, Renzi appare più solo con un cerino acceso in mano che rischia di bruciarlo. Alla fine mister arroganza dovrà però sollevare lo sguardo dal suo ombelico e sottoporsi al giudizio degli elettori e questi hanno dimostrato di non essere decerebrati,. Mentre scrivo la scissione sembra essersi ormai consumata. Non c’è che da augurarsi che essa non porti alla creazione di un pulviscolo di partitini che farebbero il gioco delle destre secondo una collaudata consuetudine e questo veramente gli italiani non sarebbero in grado di capirlo perché tutto quello che è successo apparirebbe come un litigio fra prime donne.

1 commento

  • 1 francesco Cocco
    27 Febbraio 2017 - 18:53

    Giusta indignazione dalla quale partire per ricostruire. Come può un capo partito operare per dividere e non per unire? Penso che il capo ed i suoi uomini e donne del giglio magico siano ben felicidi poter fare e disfare con la limitazione dell’ opposizione interna.

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