Red
Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, stringe i tempi sul varo di una legge che regolamenti le intercettazioni telefoniche, invitando gli alleati a non mettersi di traverso. Il premier, durante il suo tour elettorale in Sardegna della settimana scorsa, si è levato a difensore della privacy dei cittadini e ha lanciato l’allarme su quello che definisce il “piu’ grande scandalo della Repubblica” legato ad una probabile diffusione delle intercettazioni contenute nell’archivio di Gioacchino Genchi. Voleva preparare il terreno per il disegni di legge che dimezza le intercettazioni e le ammette soltanto per «gravi indizi di colpevolezza». Ed è chiaro che gravi indizi di colpevolezza, in luogo dell’attuale «gravi indizi di reato», vuol dire un dimezzamento degli strumenti della polizia giudiziaria nel perseguire i reati anche gravi (eslcusi mafia e terrorismo). Ma non è chi non veda la contraddizione. Le intercettazioni scatteranno (su autorizzazione di un gip collegiale nel capoluogo di distretto) solo se ci sarà un «quasi colpevole». Sennonché le intercettazioni sono proprio volte ad individuare i colpevoli! Inoltre, gli ascolti dureranno meno: 45 giorni con una proroga di altri 15 solo se saranno «emersi nuovi elementi». In caso di procedimenti contro ignoti l’intercettazione ci sarà solo su richiesta della parte lesa sulle sue utenze e per il resto il controllo si limiterà all’acquisizione dei tabulati. Sarà impossibile intercettare due detenuti se uno dei due non è in carcere per mafia o terrorismo. La Digos dovrà chiedere l’autorizzazione al gip collegiale per puntare le telecamere sui cortei e sulle curve degli stadi. E ancora: le intercettazioni ambientali si potranno fare solo se «nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l’attività criminosa». Stop, poi, alle udienze in tv senza consenso delle parti. Il governo ha poi precisato che è solo colpa di un refuso la cancellazione dell’aggiottaggio e dell’insider tarding dal ddl.
Il ddl così articolato non dispiace all’Udc e dei radicali. La Fieg, gli editori, penalizzati in caso di pubblicazione delle intercettazioni sono nel giusto mezzo: «No agli abusi ma bisogna salvaguardare il diritto di cronaca» dice il presidente Carlo Malinconico. Come del resto Veltroni, che però sposta il problema sui giornalisti: ”Le intercettazioni telefoniche si devono fare ma non devono finire sui giornali”. Alla fine il più centrato sembra l’irriverente commento che Marco Travaglio fece fin dal giugno scorso, quando il disegno di legge era ancora in gestazione, ma già ne venivano pubblicizzate le linee guida.
Cosa disse Travaglio? Ecco le sue parole: “Il problema, per il governo non sono i reati, ma chi li scopre e li racconta. Galera per chi dispone e pubblica intercettazioni; per chi viene beccato a delinquere al telefono, invece, la pena massima è la presidenza del Consiglio e quella minima la presidenza di Raifiction. Mentre in America arrestano un costruttore nel cui cantiere un operaio è morto sul lavoro, in Italia chi ammazza i lavoratori rischia poco o nulla, ma chi lo smaschera rischia grosso. Oggi, fosse già stata in vigore la legge porcata, non conosceremmo ancora le telefonate di Fazio e dei furbetti del quartierino, di Moggi e dei designatori arbitrali, e tutti gli scandali politico-finanziari degli ultimi 5 anni: i processi non sono ancora iniziati. Né sapremmo nulla delle tangenti a Genova e a Perugia. E neppure degli scannamenti alla clinica Santa Rita. Per due fondamentali motivi: i giornalisti non avrebbero potuto pubblicare le intercettazioni, salvo rischiare 3 anni di galera (senza contare le multe agli editori); e comunque non avrebbero avuto nulla da scrivere, perché i magistrati le intercettazioni non avrebbero potuto comunque disporle (i decreti del gip autorizzavano ascolti per truffa e falso in atto pubblico e solo dopo si sono scoperti i casi di lesioni e omicidi; ma la truffa e il falso sono puniti fino a 6 anni, ben al disotto del nuovo limite di 10). Da qualunque parte la si guardi, è una legge salvacriminali”.
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