Andrea Pubusa
Avete notato? Il conflitto d’interessi e la questione morale, cavallo di battaglia della sinistra e dei democratici in questi anni di aspra lotta a Berlusconi e alla destra, sono scomparsi dalla campagna elettorale sarda. Per Cappellacci la cosa è comprensibilissima. E’ l’alternos del cavaliere, e dunque del titolare della madre di tutti i conflitti e di tutte le indagini. Cosa può fare se non tacere? Ma per il centrosinistra? Beh, per noi dovrebbe essere il contrario. Come mai, allora, anche noi taciamo? Forse un post ad un articolo di Marco Ligas sul Manifesto sardo spiega meglio di ogni altra argomentazione l’arcano. Scrive un tal Federico Zitkowsky: “In questa fase elettorale, nel momento in cui la scelta è netta, marcata e forte, tra frenare o finire nell’abisso berlusconiano, a nulla vale, se non a darsi le solite mazzate tafazziane, citare un conflitto di interessi o una indagine della magistratura che non possono essere lontanamente confrontate con quelle dell’avversario: perchè, come disse il Governatore durante una memorabile (sic!) seduta in consiglio, in questa maniera diamo una mano a coloro che in questi anni hanno voluto far credere che i gatti sono solo grigi. Scrivetelo forte e chiaro, a Febbraio bisogna votare per Renato Soru!“.
Fin qui il supporter, il quale non si accorge che il fatto stesso che Soru sia indagato e in conflitto d’interessi, lo assimila a chi dice di voler combattere. Tant’è che per l’ultras parlare di questi temi significa non tanto levare alta la bandiera della questione morale, della correttezza e del disinteresse nella gestione della cosa pubblica, ma “darsi le solite mazzate tafazziane” e “far credere che tutti i gatti sono solo grigi“. E perchè mai tutto questo? Perché il confltitto e l’essere indagato di Soru “non possono essere lontanamente confrontate con quelle dell’avversario“. Quindi, sembra di capire, è una questione di quantità. E, si sà, la differenza di quantità, oltre un certo limite, si trasforma in diversa qualità. Come per la tortura, che quando fu introdotta da Bush come forma di lotta al “terrorismo”, fra i supporter italiani trovò molti pronti ad affermare che certamente un po’ di tortura poteva introdursi anche in Italia. In piccole dosi, però, non integralmente! Ma non è meglio fare come ha subito disposto l’eterno abbronzato d’America, che la tortura l’ha bandita subito e senz’appello? E, dunque, tornando a noi, che il conflitto d’interessi e l’essere indagati per fatti della carica importa puramente e semplicemente la non candidabilità?
D’altronde, se volessimo sottilizzare potremmo dire che Cappellacci non ha conflitto d’interessi e non è indagato. Ma lui è l’alternos. E il raffronto va fatto non con lui, ma col dominus, col Cavaliere. Ed allora è esagerato dire che il conflitto di Soru in Sardegna è proporzionalmente simile a quello di Berlusconi su scala nazionale?
Ma già fare questi sottili distinguo è uno scivolar, neppure lento, nella nostra assimilazione all’avversario. Ed è quanto il sedicente Zitkowsky finge di non capire, quando invoca un’indicazione decisa di voto a Soru, a prescindere…
Ma c’è di più. Zitkowsky soggiunge: “Autoritarismo e rapporti tra gli Organi di governo della Regione sono temi che, lasciatemelo dire, oggi, di fronte al rischio di una cancellazione di quanto di buono fatto dalla Giunta in questi anni, e penso alle leggi sul territorio, o all’opera di risanamento del bilancio intrapresa (che significa possibilità di indirizzare meglio risorse che per anni hanno finanziato solo il sottogoverno dell’isola), o di fronte alle soluzioni proposte dalla Destra per temi quali l’emergenza lavoro o il livello di istruzione della nostra società, debbono apparire nella loro giusta e concreta dimensione“. E quale sarebbe “la loro giusta e concreta dimensione“? Lasciar perdere? Tacere anche sulla questione democratica? Il che tradotto su scala nazionale significa consenso all’iperpresidenzialismo che Berlusconi vuole introdurre nella Costituzione italiana, stravolgendola. Ecco dunque che l’assimilazione all’avversario è completa. Perché certo, a fronte dell’attacco che le destre si apprestano a sferrare alla Carta, sarà ben difficile essere iperpresidenzialisti in Sardegna e parlamentaristi o fautori di un presidenzialismo temperato su scala nazionale. Come si può essere anti Assemblea nelle regioni e difensori delle prerogative parlamentari a Roma? O ancora, essere a favore di corretti rapporti con l’opposizione e coi partiti su scala nazionale e fautori del più duro accentramento nell’Isola? Come si vede, anche qui Soru introietta nella testa della gente una visione di destra e imprime alla dinamica politica una prospettiva sistemica simile a quella berlusconiana. L’incursione nel campo dei media con L’Unità ed altro, l’essere parte di un raggruppamento di finanzieri (De Benedetti, Tronchetti ecc.) che si propongono il controllo del centrosinistra italiano in antitesi ad un altro raggruppamento finanziario, che fà capo a Berlusconi, delinea uno scenario della politica italiana raccapricciante. In esso il lavoro, le libertà, l’istruzione e via discorrendo non sono che funzioni dell’impresa e della finanza. Questi valori perdono quella centralità che oggi formalmente ancora hanno nella nostra Costituzione. Soru ha dunque ragione quando dice che la competizione sarda ha rilievo nazionale, influisce sull’evoluzione politico-istituzionale del Paese. Ma lui, purtroppo, non spinge in direzione alternativa al Cavaliere. Conflitto d’interessi, guai giudiziari e iperpresidenzialismo son lì a dimostrarlo. E per cancellarli non basta certo l’abito di velluto o l’invito dei Zitkowsky a non parlarne. Sono fatti che incideranno senz’altro sul risultato delle elezioni, che verosimilmente sarà deciso dagli astenuti.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.
Lascia un commento