Andrea Pubusa
Ogni sardo dovrebbe averlo nel comodino, e ogni notte prima di dormire ed ogni mattina al risveglio, dovrebbe leggere un episodio dei tanti riportati nel libro di Francesco Casula. Che so io? Una sera la vicenda di Francesco Cillocco e al mattino seguente la storia di Efisio Tola. Ciascuno di noi avrebbe così la descrizione di due espisodi di ordinaria ferocia dei Savoia all’inizio del secolo e dopo qualche decennio. Tranquilli, gli altri giorni non vi mancherà l’oggetto della lettura, in questa vera e propria galleria dell’horror.
Dunque iniziamo dalla morte di Francesco Cilocco, una delle più truci esecuzioni che la storia moderna ricordi. Siamo nel 1802 e la Grande Rivoluzione ha gia’ “addolcito” la pena di morte con la invenzione “umanitaria” del dr. Josefph-Ignace Guillotin. I Savoia e i baroni sassaresi invece a Cilocco riservano i tomenti più atroci. Vera barbarie. Gli ultimi giorni del giacobino cagliaritano, dopo l’arresto avvenuto il 25 luglio 1802, furono dei più terribili che si possano immaginare. Messo, sanguinante e pesto, sul dorso di un asino, fece il suo ingresso in Sassari, a torso nudo, fustigato senza sosta dal boia tra il dileggio dei popolani, istigati dal baronaggio sassarese, che nella sua cattura vedeva la fine di un proprio incubo sociale. Dopo il processo, solo un passo formale verso l’esecuzione, che si voleva esemplare, il 12 agosto venne emessa la sentenza. Il 30 ag. 1802, all’età di trentatré anni, pur disfatto per le torture subite, recuperata la propria lucidità, “con animo forte” (Martini), Cilocco saliva sulla forca. Il suo corpo rimasto esposto per diversi giorni, fu poi bruciato e le ceneri sparse al vento. Disgustoso! Come per i martiri di Palabanda impiccati nel 1813.
E Efisio Tola? Il 10 giugno 1833 Tola venne condannato a “pena della morte ignominiosa, semplicemente per aver letto la Giovane Italia di Giuseppe Mazzini”, e la condanna venne eseguita il giorno successivo. La motivazione della sentenza fu così esposta sulla “Gazzetta Piemontese“, il giornale ufficiale del Regno di Sardegna, del 13 giugno 1833:
« per avere, fin dal 5 di aprile, avuto fra le mani libri sediziosi, avere avuto notizie, e non averle rivelate ai superiori o ad altre autorità, di alcune trame sediziose intese a sovvertire il governo di S. M. ed a sostituirvi un regime demagogico che comprendesse tutta l’Italia; per aver comunicato i detti scritti ad altri militari ed aver cercato di procurar partigiani alle dette trame. »
(Atto Vannucci et al., “I martiri della libertà italiana dal 1794 al 1848, memorie raccolte da Atto Vannucci“. Milano, L. Bortolotti e C., 1877-1880, p. 426)
Ricordava Montanelli:
« La requisitoria più severa si appuntò sul tenente sardo Efisio Tola che negl’interrogatori respinse qualsiasi addebito, si rifiutò di fare qualsiasi rivelazione e, di fronte al plotone di esecuzione, si denudò sereno da solo il petto dicendo: “voi versate un sangue innocente, ma io vi insegnerò come si debba e come si sappia morire. La crudeltà sotto nome di giustizia mi vuol morto e morrò: non sono né reo né ho complici: e se pure ne avessi né il nome sardo né il mio farei prezzo di tanta infamia e tanta viltà.”. »
(Indro Montanelli, Risorgimento. Milano, Rizzoli, 1973, p. 70)
Ma - direte - tempi lontani. Poi è venuto il Risorgimento e l’Unità d’Italia. E l’eccidio di Sanluri? Su trumbullu de Seddori e’ del 1881. Bava Beccaris in antemprima, in salsa seddorese! Repressione violenta: sei morti fra… i morti di fame in rivolta per il pane.
Ottocento, si dirà. Umberto I l’ha pagata cara. Col nuovo secolo, nuovo re, Vittorio Emanuele III, nuova musica. No, no, compagni ed amici, stessa musica, lo strumento e’ sempre lo stesso, fa sempre ta-ta-tan, fucileria! I caduti di Buggerru sono ancora nei nostri cuori e nella storia del Movimento Operaio non solo sardo. E i morti della sommossa di Cagliari del 1906? A chi se non a loro, il manovale sedicenne Giovanni Casula, colpito alla spalla, ed al fruttivendolo diciannovenne Rodolfo Cardia, raggiunto da una fucililata al cranio, va intitolata l’attuale via Crispi? Nessuno lo ricorda, ma lì, dietro al Comune, all’imbocco con piazza del Carmine, hanno perso la loro giovane vita per aver cercato, con la lotta, migliori condizioni di vita.
Da Cagliari il movimento di massa si estese al bacino minerario del Sulcis-iglesiente-guspinese A Gonnesa due dimostranti uccisi e diciassette feriti. A Nebida altri due dimostranti uccisi e 15 feriti. La protesta dilago’ ben presto in tutta l’isola con scontri e altri morti. Compagni ed amici, l’esercito unitario e’ stato usato per la guerra interna dichiarata dai Savoia contro le classi subalterne, contro il Meridione e le Isole! E il grande macello della Grande Guerra? E l’eccidio di Iglesias del 1921? E il fascismo, il buio della dittatura e l’immane tragedia della seconda guerra mondiale?
Bene, Casula, ci ricorda questa spietata sequenza, un incubo per i ceti popolari, i pastori, i contadini, il nascente movimento operaio. Ma ci narra anche delle rapine, delle svendite dei beni pregiati, della distruzione dell’ambiente con la deforestazione selvaggia. La statizzazione di beni comuni essenziali per la vita delle masse. Il prelievo delle risorse sulla pelle dei minatori, trattati come bestie. L’attacco rozzo e totale alla cultura dei sardi, considerati razza inferiore.
Alla fine vien solo da chiedersi come noi sardi possiamo ancora, senza vergogna, intitolare vie e piazze ai Savoia, ai loro ministri e generali. Come, senza senso di colpa verso i caduti per la libertà, ma anche verso quanti hanno patito un giogo odioso e disumano, possiamo ancora onorare nei nostri paesi e nelle nostre città chi ha fatto così male all’Isola. Come possiamo nutrire rispetto verso chi ci ha così manifestamente e senza ritegno disprezzato. Verso chi ha cosi’ duramente umiliato i nostri padri, mentre intorno gia’ le idee di liberta’ e dignita’ si difondevano nel Nuovo e Vecchio Mondo? Autonomismo, sovranismo, indipendentismo non c’entrano. E neppure essere regionalisti tiepidi, tiepidissimi. Basta essere democratici normali per capire. Casula ha ragione: noi sardi, di qualsivoglia tendenza, potremmo guardarci allo specchio, con tranquilla coscienza, solo quando i Savoia avranno il posto che si meritano: non vie e piazze per loro, niente monumenti, ma la pattumiera piu’ ignomigniosa della storia.
1 commento
1 Oggi mercoledì 11 gennaio 2017 | Aladin Pensiero
11 Gennaio 2017 - 08:16
[…] incubo per i sardi sotto i Savoia, ma non li abbiamo ancora relegati nella pattumiera della storia! Andrea Pubusa su Democraziaoggi. Francesco Casula aladinews […]
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