Gianfranco Sabattini
La deforma Renzi rientra a pieno titolo nell’attacco del neoliberismo alle Costituzioni del secondo dopoguerra e alla nostra. Non è un caso che a sostegno di Renzi siano scesi in campo tutti i campioni del potere finanziario ed economico, italiani e stranieri. E’ dunque importante comprenderne le radici, anche al fine di meglio combattere lo scasso di Renzi nel referendum di domenica prossima e nella battaglia poltica successiva. Ci aiuta nella riflessione Gianfranco Sabattini, autorevole economista dell’Ateneo cagliaritano.
Nonostante gli effetti negativi della Grande Recessione, dai quali molti Paesi stentano a liberarsi, i liberali “duri e puri” come Alberto Mingardi (“L’invenzione del neoliberismo”, in Nuova Storia Contemporanea, n. 6/2015”) sono del parere che le critiche rivolte al pensiero neoliberista della Mont Pelerin Society, di Frederich Hayek, Milton Friedman e di altri importanti economisti, abbiano dato luogo ad una sorta di “leggenda nera”, secondo la quale nel corso del secolo scorso, le istituzioni della socialdemocrazia hanno addomesticato il capitalismo, facendone un “agnello”, che poteva essere tosato senza essere ucciso: al mercato era assegnato il compito di produrre ricchezza, alla politica la sua distribuzione. Per usare le parole di Mingardi: “L’una cosa e l’altra hanno garantito crescita e pace sociale nel secondo dopoguerra. Un rallentamento dell’economia nei primi anni Settanta, ha però aperto la porta a forze reazionarie, incarnate dai due principali leader del mondo occidentale nel decennio successivo: Ronald Reagan e Margaret Thatcher”.
Sul piano politico, secondo la “leggenda nera” evocata da Mingardi, questi leader politici avrebbero dato il là ad un “repentino e ingiustificato ripudio delle conquiste sociali del passato”, mentre un’abile propaganda avrebbe indotto il pubblico dei Paesi ad economia capitalistica ad accettare la presunta superiorità dell’ordine spontaneo del mercato. I vent’anni successivi al crollo del “Muro di Berlino”, sempre secondo la “leggenda nera”, sarebbero stati caratterizzati da un “progressivo abbattimento delle frontiere, da una crescente deregolamentazione e dal declino dell’imposizione fiscale sui ceti elevati, che hanno condotto il mondo due volte sull’orlo del baratro: prima, con la crisi finanziaria del 2007-2008 e poi, quel che più conta, con una persistente divaricazione sociale”. L’esposizione del mondo a questo doppio pericolo sarebbe stata, secondo i critici del pensiero neoliberista, non un “incidente della storia ma l’esito di un programma”, che sarebbe stato presentato al pubblico sotto il titolo di neoliberismo.
La parola neoliberismo, a parere di Mingardi, avrebbe una “storia curiosa”; e non si può che concordare con lui. La parola si riferisce a una linea di pensiero elaborata nel 1938, in occasione di una conferenza internazionale svoltasi a Parigi, intitolata “Colloque Walter Lippman”, allo scopo di formulare una nuova traduzione normativa del liberalismo in campo economico, come reazione al liberismo “laissezfairista” e al diffondersi delle idee del collettivismo socialista. Se si considera che all’origine il neoliberismo proposto dopo la conferenza parigina, indicava un liberismo nuovo rispetto a quello dell’originario “laissez faire”, in quanto più attento alle conseguenze sociali negative del libero mercato deregolamentato, il neoliberismo proposto alla fine degli anni Settanta ha “cambiato pelle”; esso è risultato orientato a porre rimedio ai difetti che venivano addebitati al neoliberismo della fine degli anni Trenta. In particolare, esso proponeva di ricuperare la libertà d’iniziativa, sacrificata a causa dell’eccessivo impegno con cui era stato perseguito il fine di “ammansire” gli effetti degli “animal spirit” dell’originario laissez-faire; in altri termini, esso proponeva di ridurre gli esiti negativi dell’eccessiva regolamentazione della quale era stato oggetto il libero mercato.
Sennonché, a parere di Mingardi, nonostante che i critici del neoliberismo della fine degli anni Settanta dichiarino di aver fede nella democrazia, le loro tesi, che si sarebbero consolidate con il diffondersi della “leggenda nera”, sarebbero contraddittorie rispetto ai fondamenti della democrazia stessa. Ciò perché i critici mancherebbero di “raccapezzarsi”, quando i cittadini, agendo di testa loro, scelgono come governanti dei liberali, come David Cameron nel Regno Unito e Angela Merkel in Germania; in questi casi, per i formulatori della “leggenda nera” sul neoiberismo della Mont Pelerin Society qualcosa non tornerebbe; fatto, questo, che spingerebbe inevitabilmente i critici a pensare che la responsabilità della controrivoluzione sia da ricondursi a qualcuno che, identificato in un “intellettuale collettivo”, avrebbe ordito la trama della controrivoluzione.
La verità è che la controrivoluzione neoliberista non è stata l’esito di alcuna trama o cospirazione; è stata solo il risultato del fatto che le forze riformiste e quelle che avevano contribuito ad addomesticare gli animal spirit del capitalismo, dopo essere state tanti anni al potere, sono diventate conservatrici; nel senso che, tutte le forze riformatrici, quasi dimenticando come con la loro azione politica fosse stato possibile assicurare la crescita dei Paesi da esse governati in condizioni di pace sociale, non hanno saputo contrastare, dopo il raggiungimento del loro “scopo”, in presenza delle difficoltà causate dalla mancata formulazione di un orizzonte ideale sul piano sociale più avanzato, le idee di coloro che da sempre criticavano le loro linee di azione politica.
Al riguardo quello che è accaduto in Italia è emblematico; dopo i “gloriosi trent’anni” (1945-1975), la prevalenza del pensiero neoliberista “montpeleriniano” ha portato alla liquidazione dell’economia mista; successivamente, con la crescente integrazione dell’economia in quella globale, le nuove regole economiche adottate sono state tutte finalizzate ad adattare le condizioni di funzionamento dell’economia nazionale alle esigenze del capitalismo mondiale, con il risultato che l’Italia e tanti altri Paesi si trovano ancora a subire gli effetti negativi della Grande Recessione scoppiata nel 2007/2008.
La revisione della Costituzione in Italia e ancor prima l’attacco ai diritti del lavoro con le leggi ordinarie (Jobs Act, pensioni, scuola etc.) si pongono, in questo quadro, come un adattamento del quadro legislativo e costituzionale alle esigenze del grande capitale e dei poteri finanziari mondiali. In particolare, risponde a questo lo svuotamento delle assemblee elettive fino al Parlamento e la cancallazione delle autonomie regionali e locali. Per il grande capitale la democrazia, i sindacati, le elezioni sono un disturbo, che bisogna eliminare concentrando il potere nelle mani di un capo o di pochi.
2 commenti
1 aldo lobina
1 Dicembre 2016 - 09:01
E’ evidente la necessità di un neo umanesimo, in cui l’uomo torni ad essere al centro della storia. Fine e non strumento. Solo così una società, il consorzio umano, può vivere e prosperare senza autodistruggersi. L’avevano capito bene i nostri padri costituenti che avevano messo il lavoro come fondamento della repubblica. La ricerca di un tenore di vita egoistico ed edonistico, tipica di una antropologia liberista de-regolata, genera mostri che si alimentano di ingiustizia e perfino di crudeltà. Le social democrazie in Occidente vanno perdendo progressivamente la capacità di difendere i valori ideali, conquistate come sono dall’etica del dio denaro. Il fatto che un partito come il PD in Italia, di radici popolari, abbia sposato logiche assuefatte alla legge della giungla, ostili al bilanciamento dei poteri e al decentramento, la dice lunga sulla temperie che rischia di abbattersi pesantemente sul Paese, se dovesse realizzarsi il progetto ispiratore della riforma costituzionale.
La cosa grave è che in molti campioni della social democrazia allignano gli animal spirit del neoliberismo che fa mancare un progetto sociale alternativo al leaderismo e neocentralismo cui ci si inginocchia.
Se Renzi fa quello che non aveva avuto il coraggio di fare neppure Berlusconi e lo fa senza essere efficacemente contrastato neanche al suo interno, vuol dire che il mostro si è mangiato anche il PD.
2 Oggi giovedì 1° dicembre 2016 | Aladin Pensiero
1 Dicembre 2016 - 09:43
[…] Il neoliberismo eversore dei diritti sociali e della democrazia. Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi. Oggi giovedì 1° dicembre 2016 aladinews, Sabattini su Democraziaoggi Aladinews […]
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