Cari Pigliaru e Ganau, che indecorosa la vostra genuflessione ai piedi di Renzi!

14 Novembre 2016
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Andrea Pubusa

lecchino 12–Ormai la servitù è stata soppressa da anni. Negli States col XII emendamento ratificato il 18 dicembre 1865. Tuttavia, continua ad essere un fenomeno sostanzialmente molto diffuso. Lo testimonia Kevin Bales, I nuovi schiavi. La merce umana nell’economia globale, Milano, Feltrinelli, 2000, pp. 265 (ed. originale. 1999). Ma c’è servitù e servitù. Quella forzosa di chi vi è costretto dalla povertà e quella che invece è volontaria, per vocazione o per vantaggio. Servitù volontaria non è una contraddizione in termini? O, come si dice, un ossimoro? Dovrebbe esserlo. Ma guardatevi in giro, amici miei. C’è in FI verso l’ex cavaliere, ieri più di oggi, e ora c’è nelle alte sfere del PD & dintorni verso Renzi. Volete un esempio di casa nostra? Cos’è se non servaggio volontario quello di chi, sindaco o presidente di regione, dice sì o tace di fronte ad uno scasso costituzionale che devasta le autonomie locali modificando il titolo V? Non si tratta di devastazione solo di testi, astratta. No, no, è scasso sostanziale e profondo. Si toglie rappresentanza ai territori, si lascia che le decisioni sulle periferie siano adottate da oligarchie centrali, infischiandosene degli interessi e dei bisogni locali. Diventa indiscutibile, a livello regionale e locale, lo stoccaggio delle scorie nucleari nelle miniere sarde  o l’ubicazione di termovalorizzatori o la trivellazione del territorio o, ancora, la proliferazione della pale eoliche e simili amenità.
Cari Pigliaru e Ganau siete, rispettivamente, presidente della Regione sarda e del Consiglio regionale. Avete giurato di far valere, con dignità e onestà, le ragioni delle istituzioni che presiedete e invece, dicendo sì, le tradite in nome della disciplina di partito. Un’aberrazione dei nostri giorni. Un travisamento totale del ruolo di presidenti dei massimi organi regionali, Consiglio e Giunta. Un tradimento della fiducia e del mandato dei sardi sull’altare di un allineamento al capo del vostro partito, il bugiardo di Rignano.
Che la modifica del titolo V sia devastante per l’autonomia regionale e locale è ammesso da voi stessi. Non siete voi che dite che noi sardi siamo salvi perché - parole vostre! - tutelati dallo Statuto speciale, testo - a vosto dire - non toccato dalla modifica renziana del titolo V della Costituzione e intangibile senza il nostro consenso. Per intaccare la nostra autonomia - proclamate ai quattro venti - ci vuole la revisione dello Statuto, che può essere moficato solo “d’intesa” con la Regione. Certo, se la custodia e la garanzia della nostra autonomia speciale è affidata a persone come voi, cari Pigliaru e Ganau, stiamo freschi! Possiamo dormire sonni tranquilli! Anche perché voi subito dopo smentite… voi stessi. Quando noi del NO abbiamo richiamato l’art. 17 dello Statuto per mettere in luce il paradosso del vostro Sì ad un Senato dove noi sardi non possiamo mandare consiglieri regionali perché incompatibili con quella carica, avete detto che no, che l’art. 17 non si applica, che è abrogato implicitamente e simili amenità. Quando vi conviene dite che è granitico, intangibile, quando salta alla luce la contraddittorietà vostra di votare un testo che, combinato con l’art. 17 dello Statuto, nega ai sardi non solo il voto, ma anche la presenza in senato, allora mutate giurisprudenza! Di più e peggio: ammettete che lo Statuto può essere calpestato dal governo per via interpretativa! E perché allora - vien da chiedevi - solo l’art. 17 può essere tenuto in non cale e non anche le alrre parti del nostro  Statuto? Misteri della fede o, meglio, della mala fede! Forse siete stati fuorviati da Demuro che, nell’occasione, però dimentica una cosa piccola, piccola, e cioè che la legge speciale prevale riguardo al suo oggetto sulla legge generale. E dunque il nostro Statuto, in Sardegna, prevale sul titolo V della Costituzione, come anche voi fino ad ieri avete ammesso, e ammettete ancora oggi - senza avvertire la contraddizione logica prima che giuridica - per tutte le altre norme del nostro Statuto. Un guazzabuglio, un’offesa all’intelligenza vostra e di noi sardi! La spiegazione di tutto questo arrampicarsi sugli specchi e contraddirsi sapete dove sta? Sta nel desiderio di compiacere al capo, nel vostro spirito servile verso Renzi. A costo della dignità, a costo di tradire l’alta funzione di custodi e difensori della nostra autonomia. E ciò che è più grave (e doloroso) è che sotto questa indecorosa genuflessione c’è la disinvoltura di chi, se il Sì perde (come perderà), è pronto al bacio della pantofola di chi verrà. Ci sarà pur sempre un capo a Roma! Che pena!
Cari letttori e lettrici, amici miei, qui però sono in gioco i destini della Sardegna, il futuro del Paese. Il giudizio morale non basta. Bisogna batterli questi signori. Una valanga di no metterà le cose a posto. Cari Francesco e Gianfranco, il NO raddrizzerà anche la vostra schiena deboluccia.

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