Andrea Pubusa
Volete sapere quale è la balla più grande di Renzi? Questa: in base alla deforma costituzionale sottoposta a referendum i senatori non avranno indennità. E sapete su cosa si fonda? Precisamente sull’art. 69. Oggi, il testo vigente recita: “I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge“. Nel testo Renzi-Boschi-Verdini scompare la parola “Parlamento“, che viene sistituita dalla locuzione “Camera dei deputati”. Il “nuovo” articolo suona così: ”I membri della Camera dei deputati ricevono una indennità stabilita dalla legge“. Ergo, dicono i nostri scassinatori costituzionali, i senatori non avranno indennità. Ma bravi! Che soloni! Non capite neanche ciò che scrivete! Facciamo l’analisi del testo? La norma vigente, dicendo che “i membri del Parlamento ricevono una indennità“, costituzionalizza l’indennità, ossia dice che i parlamentari devono avere un’indennità di carica. Sarebbe troppo lungo indicare la genesi di questa previsione. In estrema sintesi, l’indennità è dovuta per consentire un esercizio libero e dignitoso di una carica così importante negli ordinamenti democratici e per garantire a tutti, anche alle persone non facoltose, di poter essere eletti. Per capirci è una disposizione che sviluppa l’art. 3, capovverso Cost., secondo cui la Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono l’uguaglianza dei cittadini e limitano la partecipazione dei lavoratori all’organizzazione sociale, economica e politica del Paese. Dunque è una disposizione positiva, basti ricordare che a fine ‘800 taluni deputati del sorgente Partito socialista, essendo talora lavoratori, erano privi di mezzi per esercitare il mandato, che richiede il soggiorno a Roma e l’abbandono delle attività lavorative abituali. Uno di loro, Oddino Morgari, è rimasto famoso perchè dormiva in treno viaggiando di notte e sfruttando così la franchigia riservata ai deputati dalle ferrovie dello Stato.
Bene, L’attuale art. 69 pone poi quella che in termini tecnico-giuridici si chiama “riserva di legge”. E’ la legge che disciplina l’indennità. C’è in questa previsione una garanzia per i cittadini-contribuenti. L’indennità dev’essere decisa dal Parlamento alla luce del sole, attraverso una legge e non con regolamento, benché i regolamenti parlamentari siano qualcosa di più di un semplice regolamento amministrativo. In altri termini, il dibattito parlamentare deve rendere pubblico l’intendimento, per esempio, di aumentare le indennità così da consentire il controllo sociale, tramite i media e la discussione pubblica. Questo è o dovrebbe essere un antidoto a indennità eccessive, cosa che peraltro è avvenuta nel nostro Paese e, peggio, nei giorni scorsi la proposta di decurtazione proposta dal M5S è stata cassata proprio dal PD, che invece nelle piazze agita, demagogocamente e falsamente, l’esigenza del contenimento della spesa!
Ta, ta, tan! Cosa dice il testo di Renzi? Non dice nulla per i senatori. L’art. 69 li ignora. Ecco, dicono i sostenitori del sì, l’indennità dei senatori scompare! Ma è proprio così? Analizziamo il testo applicando i normali canoni interpretativi. Il fatto che per i senatori non sia costituzionalizzata l’indennità non vuol dire ch’essa non possa essere prevista, che sia vietato disporla. Non c’è divieto. Si può introdurre, ma, ciò che è peggio, la si può stabilre con fonte non legislativa, ossia con regolamento del Senato o addirittura con decisione dell’Ufficio di Presidenza del ”nuovo” Senato. In altri termini può essere disciplinata con fonte non legislativa, perché il “nuovo” art. 69 di marca renziana non prevede alcuna riserva di legge per il trattamento dei senatori.
La discipina “nuova” è, pertanto, più favorevole ai senatori e meno garantista per i cittadini-contribuenti! E allora volete la più facile delle previsioni. Il “nuovo” Senato, poco dopo avere formato i propri organi interni (presidente, ufficio di presidenza e questori), deciderà sul trattamento, e lo farà con atto interno, regolamento o delibera dell’Ufficio di presidenza. Direte, ma non saranno così sfacciati i consiglieri-sindaci-senatori da chiamare il loro compenso “indennità”. Signori belli, potrebbero farlo. Non c’è un divieto. Ma ammettiamo che abbiano pudore, che siano timorati del popolo, parleranno di diaria, di rimborso spese o simili, ma vedrete che, pian piano, avrà un ammontare non diverso da quello previsto per i membri della Camera dei deputati.
Ci sarebbe anche un altro modo per nascondere l’introduzione di un compenso a favore dei futuri consiglieri-sindaci-senatori: porre a carico dell’ente di provenienza la spesa. Chi impedisce al Consiglio regionale o comunale di disporre un rimborso spese e una diaria per un loro componente chiamato a così alto incarico?
Morale della favola: Renzi è il ballista del secolo; quelli del Sì non sanno interpretare neanche le norme ch’essi stessi scrivono o appoggiano, e scambiano per divieto una disciplina di favore per i “nuovi” senatori. Ma il 4 dicembre li sistemiamo per le feste!
1 commento
1 Oggi martedì 8 novembre 2016 | Aladin Pensiero
8 Novembre 2016 - 11:21
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