Antonello Melis
Caro Andrea,
sono un compagno di Giba ti scrivo perché ho trovato stimolanti l’intervento tuo su Lanusei e quello di Tonino Dessì sull’area metropolitana. Anch’io mi sono chiesto cosa farà dei territori se passerà la modifica sulla composizione e sulle funzioni del Senato. I tre senatori che Renzi dà alla Sardegna, saranno presumibilmente il presidente della Regione, il sindaco di Cagliari o Sassari, a seconda degli equilibri, il leader dell’opposizione in Consiglio regionale. Sarà una decisione presa nei conciliaboli riservati dei big dei partiti o, meglio, delle consorterie politiche, a cui si son ridotti PD e FI. Ma a noi chi ci rappresenta?
Come sai, noi, nel Sulcis, abbiamo avuto dei buoni senatori da Pirastu a a Giovanni Berlinguer, a Giovanetti, a Tore Cherchi. Tutte persone che si sono molto interessate del nostro territorio ed erano in contatto stretto con le organizzazioni sindacali, gli amministratori e le sezioni di partito. In una parola, le tematiche del Sulcis erano rappresentate in modo accettabile a livello nazionale. Col nuovo senato, per quanto sensibili e operosi, mi sembra poco credibile che il sindaco di Cagliari o quello di Sassari possa occuparsi di noi o che so io?, del Medio Campidano, della Baronia o del Logudoro. Se a questo aggiungi che la provincia è divenuta un’appendice della Regione, essendo retta da un Commissario regionale, ben si comprende che la reppresentanza è quasi azzerata.
Caro Andrea, l’attacco è diretto contro la sovranità popolare, che si esprime ai vari livelli e complessivamentee c’è un’evidemte devastazione dell’art. 5 Cost. che pone il principio delle autonomie locali, che la Repubblica non crea o concede, ma “riconosce e promuove“.
Di fronte a tutto questo mi colpisce e mi addolora che gli amministratori locali e i sindaci non siano insorti a difesa dei propri cittadini e di una Costituzione, la nostra, che incentra la democrazia sulle libertà individuali e su quelle collettive e territoriali, dunque anche sull’autnomia comunale, provinciale e regionale. E “autonomia” vuol dire indirizzo politico-amministrativo autodeterminato, deciso col voto popolare in libere elezioni.
Mi colpisce anche lo spirito servile dei nostri vertici regionali, che alla difesa dell’autonomia delle nostre istituzioni territoriali, preferiscono una fedeltà al capo del loro partito, il PD. E’ una perdita verticale di cultura istituzionale, un buttare al macero decenni di elaborazione autonomista, da Gransci a Sturzo, da Lussu a Dossetti.
Cosa succederà dopo è già chiaro. Il senato verrà formato in modo frammentato e con minor coinvolgimento persino rispetto alla recente formazione degli organi della città metropolitana di Cagliari, le unioni di comuni saranno di nomina regionale e noi saremo solo detinatari delle decisioni di una oligarchia o casta che dir si voglia. Dobbiamo opporci con decisione e fermezza. No pasaran!
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