Gianna Lai
Nell’ambito delle “Letture della Costituzione”, organizzate dall’ANPI di Cagliari, Mariano Carboni. segretario regionale della FIOM-CGIL, ha parlato della deforma Renzi-Boschi-Verdini, guardandola dalla parte dei lavoratori. Ecco la sintesi del suo intervento.
L’ANPI lavora per promuovere la partecipazione. Ed è importante questo momento perché, secondo il mio Sindacato, la modifica della Carta è il punto di arrivo di un processo che ha prodotto un’involuzione a livello legislativo e sul fronte del lavoro e dell’intervento sociale.
Partiamo dall’Articolo 3 della Costituzione: quando si mette in discussione l’Art. 18 della Statuto dei lavoratori col jobs act e con la modifica del mercato lavoro, una rimessa in discussione strutturale dell’Art. 18, allora il principio di uguaglianza viene meno. Nelle imprese ora c’è il doppio regime: chi è assunto prima del jobs act avrà la possibilità di ricorrere al giudice, secondo l’Art.18, col diritto ad essere reintegrato. Invece il neoassunto non più, e può essere il giovane assunto a Sarroch, e può essere anche un cinquantacinquenne, il neo assunto: in caso di contenzionso, niente reintegra. Viene meno l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, e sempre più insistente si fa l’attacco all’Art. 18 del datore di lavoro, la parte più forte, contro i lavoratori, la parte debole. E il suo potere diviene lesivo della dignità del lavoratore.
Si introdusse una norma antidiscriminatoria con l’art. 18 dello Statuto, nel 1970…, la certezza del posto di lavoro una volta assunti in un’impresa con più di 15…dipendenti, e fu legge di applicazione della nostra Carta. Erano i tempi di un Sindacato forte: rappresentanza sociale di massa che esprimeva al massimo la sua funzione, la capacità di persone libere di associarsi ed organizzarsi per eleggere le proprie rappresentanze e partecipare alla Contrattazione, fino alla costruzione di tutte le strutture territoriali. Per entrare finalmente nel merito della distribuzione della ricchezza prodotta dal lavoro. Prendiamo l’Art. 40 della Costituzione, il diritto di sciopero è al centro della Contrattazione, lo strumento efficace, se vuoi ribaltare i rapporti di forza in azienda, è lo sciopero. E l’Art. 39 sulla disciplina del Sindacato. E il nesso tra l’art.18 dello Statuto e l’art.36 sulla retribuzione, ‘il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa’.
Per quanto riguarda il Contratto dei metalmeccanici, esso dà copertura a oltre 2 milioni di persone, ma dovrebbe darla a oltre 7 milioni perchè, in realtà, non si vogliono più rinnovare i Contratti. Il Contratto nazionale, infatti, non è solo salario ma riconoscimento della rappresentanza e di tutta la dinamica della contrattazione. Non tollera più l’Azienda il fastidio del confronto periodico, su salari e diritti, con le Associazioni nazionali di categoria. Ma il Contratto nazionale e le sue garanzie sono l’esito di un processo e di lotte di intere generazioni, che si sono battute per questo. E mantiene una valenza straordinaria, che segna il confine tra l’assunzione e il lavoro nero, il luogo in cui il contratto si applica, e si ha rispetto del lavoratore, e il lavoro precario e senza tutele. Un discorso a parte a proposito della condizione femminile nei luoghi di lavoro, salari più bassi e discriminazioni, da far impallidire ogni Fertility day!
Art 21 e Art. 18, libera associazione, libertà di espressione. C’è stato in questi anni un arretramento culturale del Sindacato imposto, in particolare, da Marchionne. Una cosa vergognosa, nella fabbrica più importante del Paese, a Pomigliano, centinaia di iscritti FIOM sono fuori dalla fabbrica, mentre vengono manomessi i diritti indispensabili…, sottoposti arbitrariamente a referendum in fabbrica dal datore di lavoro. Perchè la tendenza è precisa, se il voto è democratico e libero, la FIOM vince, ma se oggi si controlla il numero degli iscritti, la FIOM non è la più forte. C’è un clima di terrore, si vuole arrivare al superamento del Contratto nazionale, per un contratto di settore, e questo segna un grave arretramento. Una dinamica involutiva contro ogni capacità di reazione e di acquisizione di nuova coscienza, e allora bisogna, per rilanciare il lavoro, partire dalla nostra Carta che, come dice Landini, va applicata e non distrutta. E la CGIL propone, con la raccolta di milioni di firme, una Legge di iniziativa popolare per i diritti universali del lavoro, che spazzi via il jobs act e applichi la Costituzione.
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