Scasso Renzi: checché ne pensi Pigliaru, la morsa neocentralista stringerà anche la Sardegna

27 Ottobre 2016
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Tonino Dessì

Pigliaru-Renzi

 (Dareste a questi la gestione di un chioschetto?) 

Alla fin fine, grazie al post sul profilo Facebook del Presidente della Regione si è svolta una discussione pubblica a più voci di una certa importanza, sul referendum, in Sardegna.
Il Presidente ha riportato un trafiletto sulla condizione delle Regioni speciali nella riforma costituzionale, comparso sul Corriere della Sera, nel quale si spiega che appunto le Regioni speciali troveranno una garanzia assoluta e perenne della loro condizione attuale.
Il dibattito è rivelatore non solo dei diversi livelli di comprensione di questa parte non irrilevante delle modifiche costituzionali, ma anche delle diverse concezioni dell’autonomia regionale in campo oggi in Sardegna.
La chiave di analisi è relativa alla nuova norma che ripristinerà l’”interesse nazionale” come principio autorizzativo dell’interferenza statale sulla legislazione regionale ordinaria.
E’ significativo leggere nei commenti dei sostenitori della riforma Renzi-Boschi l’opinione secondo cui quel limite sarebbe stato “colpevolmente eliminato” dalla riforma del 2001 (fortemente voluta dal centrosinistra di allora, che addirittura l’approvò in Parlamento a maggioranza e ne chiese ed ottenne poi la conferma con apposito referendum costituzionale).
Sarà stata, a loro soggettivo avviso, una decisione “colpevole”, tuttavia è stata una decisione consapevolissima, assunta dal Parlamento sulla scorta di un dibattito giuridico precedente durato trent’anni, praticamente fin dall’istituzione delle Regioni ordinarie (il tema era stato posto anche prima dalle Regioni speciali, ma esse fino alla creazione delle ordinarie erano isolate e considerate ancora un corpo estraneo nell’ordinamento centralista statale di allora).
È proprio questo, il giudizio che segna uno spartiacque sia nella valutazione dell’esperienza storica delle Regioni, tanto ordinarie quanto speciali, sia nelle previsioni sul rispettivo futuro.
Ed è il discrimine tra chi propende ancora per uno sviluppo, anche in senso federale, dell’impianto regionalista della Repubblica e chi si sta semplicemente acconciando alla sua liquidazione.
Sono quindi valutazioni di tipo politico, che tuttavia incidono nella discussione sulle norme, sul loro significato letterale e sulla loro collocazione sistematica.
A chi ritenga che il primo canone dell’interpretazione giuridica sia ancora quello razionale e non quello dell’azzeccagarbugli cui sembra ispirata la redazione di gran parte delle norme della riforma Renzi-Boschi, dovrebbe essere peraltro sufficiente ricordare che l’interesse nazionale, in pratica il punto di vista e la decisione prevalente dello Stato centrale, espunto dai limiti alla potestà legislativa regionale dalla riforma costituzionale del 2001, ricomparirebbe con la “clausola di supremazia speciale” nell’articolo 117 della Costituzione, come riscritto dalla riforma.
Nel testo degli articoli 3, 4, 5 dello Statuto speciale quel limite era contenuto ( http://www.regione.sardegna.it/…/1_13_20041227120402.pdf ) e lo è tuttora (http://consiglio.regione.sardegna.it/Manuale…/Statuto.pdf ).
Solo che dal 2001 lo stesso limite è stato reso inoperante dall’articolo 10 della legge costituzionale n. 3/2001, che ha esteso alle Regioni speciali la nuova, più ampia autonomia concessa alle Regioni ordinarie. Il testo vigente dell’articolo 117 quel limite non lo ammette. Lo Stato infatti non ha più potuto invocarlo in quei termini.
La ricomparsa dell’interesse nazionale come limite per le Regioni ordinarie nella clausola di supremazia speciale e del corrispettivo potere di interferenza statale, farebbe sì, automaticamente, che l’interesse nazionale ridivenga operativo come limite ordinamentale anche nei confronti delle Regioni speciali.
Non c’è “clausola di garanzia” che tenga.
Io sulla questione ci ho già scritto e chi abbia voglia di cimentarsi col post presidenziale può rivedersi i miei argomenti ( https://www.democraziaoggi.it/?p=4582#more-4582 ).
Spero di esser stato abbastanza chiaro che li possa capire chiunque.
So benissimo che anche molti sostenitori del NO esprimono l’opinione che la clausola di garanzia sia una contraddizione intrinseca del progetto di riforma. Ma anche a loro ho già rappresentato che non si dovrebbero usare, per ragioni di polemica, argomenti distorti. Il professor Ainis, un giurista non proprio amante delle specialità regionali, ha addirittura sostenuto che in virtù della clausola di garanzia le cinque Regioni speciali assurgerebbero al ruolo di altrettanti “super Stati”. Bene. Chi ritiene che la nostra specialità abbia configurato la Sardegna attuale come un super Stato e che la clausola di garanzia ci preservi in tale condizione, si accomodi e voti SI. Il professor Ainis, che pure è tra gli oppositori di principio alla riforma, dovrebbe preoccuparsi assai di più, in quanto, se vincerà il NO, come lui auspica e come io spero avvenga per motivi diametralmente diversi dai suoi, la Sardegna resterà quel super Stato senza bisogno alcuno della clausola di garanzia. Et de hoc satis

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