Il migliore antidoto alle oligarchie? La partecipazione

18 Ottobre 2016
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Aldo Lobina

Anche a me  è sembrato   non condivisibile il discorso di Scalfari su Repubblica a proposito di democrazia , ripreso giustamente da Gustavo Zagrebelski e dall’articolo su Democrazia Oggi di Andrea Pubusa e Tonino Dessì. In qualche modo Scalfari giustifica l’oligarchia, ne fa quasi una diretta conseguenza della democrazia.
E’ vero invece che purtroppo anche un sistema democratico può trasformarsi in una vera e propria oligarchia, anzi solo un sistema democratico può degenerare così, in considerazione del fatto che fuori dalla democrazia abbiamo solo oligarchie o peggio  tirannidi. Fatta questa premessa, è chiaro che anche  io attribuisco un valore negativo alla oligarchia, che rischia di esercitare il potere indebitamente, slegata dal mandato popolare,  magari coartato da leggi elettorali  ancora porcelline, come l’Italicum.
Le democrazie rappresentative,  insieme alla democrazia diretta e a quella partecipata rappresentano la declinazione di un sistema di governo che riconosce come fondamentale la sovranità popolare. Esse - complementate dalle forme  moderne   di democrazia diretta e partecipata,   che ne  rappresentano giusti correttivi – per ovvi motivi di organizzazione e di attuazione, istituzionalizzano la rappresentanza, riducendo di fatto, attraverso il sistema della delega, il numero dei decisori.  Realizzano cioè  - o dovrebbero realizzare – i governanti migliori, quelli degli  aristoi, migliori perché scelti legittimamente tra quelli che vengono considerati capaci più di altri di esercitare un mandato  attento al bene comune. Che può essere conseguito a condizione che siano messi in campo contrappesi e controlli e che tutto il sistema abbia tempi certi di fine mandato, freno all’esercizio arbitrario di ogni potere.
Già… il potere. E’ del potere che parliamo quando ci riferiamo a oligarchia e democrazia. Il potere che esprime la  libertà di essere e di fare e che in politica riassume “la capacità di stabilire regole per tutti, di imporre a tutti il rispetto di queste regole o in conclusione di prendere decisioni obbligatorie, di fatto o in diritto, per tutti” (Aron). Ma sempre nel rispetto dell’interesse collettivo, non asservito a interessi particolaristici che lo contrastino.
Il potere democratico – così come si è conformato modernamente -  fa valere la forza di una maggioranza di fronte ad una opposizione. La forza del demos, i cui rappresentanti sono scelti per esercitare un potere di servizio, in una democrazia perfetta.  Questa è la considerazione più rilevante.  Solo quando chi è scelto per quella funzione non risponde più a chi l’ha eletto, ma ai propri interessi o peggio ancora agli interessi di altri – i poteri forti, le banche,  il capitale speculativo finanziario – e per farlo si allea con una burocrazia servile e interessata dagli stessi appetiti, allora ci troviamo a celebrare la morte di quella societas  in cui ciascuno è socio, legato agli altri da un destino comune, per legge naturale, prima che politica.
Le buone leggi allora, il rispetto delle minoranze, la libera circolazione delle idee e della informazione sono conquista di civiltà e la buona politica lo strumento  per sostenerle.
Stante  l’inapplicabilità dell’assemblearismo continuo, la democrazia rappresentativa, mitigata da quella partecipativa che si avvale di cittadini, partiti, sindacati, associazioni mi sembra il migliore antidoto a quelle oligarchie che Scalfari considera come necessarie, come dati di fatto obbligati , mentre per me rappresentano oscuri  dati di mis-fatto.
L’argomento non è legato solo ai grandi sistemi. Anche nelle piccole realtà, nei Comuni di questa Sardegna, si vivono esperienze deludenti e non entusiasmanti in cui chi comanda è fuori dalle istituzioni, legittimamente elette.   Ma questa è un’altra storia…

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