Carlo Smuraglia
Il presidente nazionale dell’ANPI nell’ultimo n. della rivista online formula delle acute notazioni sulle buone ragioni del NO alla revisione Renzi-Boschi-Verdini. Eccole:
► Questa campagna referendaria
I sostenitori del “ SI’ “ (Governo e Partito Democratico in testa) stanno
intensificando la campagna, utilizzando presenza di Ministri, illustrazioni di
iniziative di Governo, argomenti di schietto carattere populista, lasciando
sempre più sullo sfondo le questioni di merito. Salvo, poi, lamentarsi perché gli
italiani e le italiane conoscono poco della riforma ed hanno bisogno di essere
informati.
Prendo a caso due temi, frequentemente ricorrenti nelle parole e negli
interventi soprattutto di Renzi: “diminuiamo i politici” e “la legge elettorale è
meno importante della riforma del Senato, quindi possiamo anche cambiarla, se
ciò è utile a chiarire le incertezze”. Due temi veramente non consoni ad una
campagna referendaria che voglia davvero informare. Il primo: “mandiamo a
casa (o diminuiamo) i politici”. Davvero abbiamo bisogno di meno politica?
Oppure ci occorre più politica, ma vera, seria, incorruttibile e disponibile a
lavorare per il bene del Paese, e non per interessi particolari? Qui sta il grande
equivoco che si vuole creare, approfittando della scontentezza di tanti cittadini
di fronte a istituzioni e partiti. Ma ciò che non va, ed è evidente per tutti, è la
cattiva qualità di questa politica, fatta di annunci, di dichiarazioni, di promesse,
di “mance”; una politica che ci fa assistere allo spettacolo di più di duecento
parlamentari che cambiano gruppo politico nel giro di pochi mesi, e certamente
non per ragioni ideologiche; una politica in cui si cerca di salvare i corrotti dalle
indagini giudiziarie e si vedono con sfavore le intercettazioni, che pure hanno
reso grandi servizi alla causa della lotta contro la mafia e contro la corruzione.
Una politica in virtù della quale leggi importanti giacciono in Parlamento da
tempo (parlo delle leggi sulla tortura, sullo jus soli, sulla giustizia, sulla
prescrizione, e così via) non per il rimpallo tra Camera e Senato, ma perché c’è
chi ne ostacola l’iter, per ragioni di partito o di gruppo.
Davvero, tutto questo si risolve mandando a casa un po’ di “politici “? Oppure si
tratta solo di un modo di rivolgersi alla “pancia” - come si dice con una brutta
espressione – anziché alla ragione? Qui sta proprio il peggior populismo:
sollecitare gli istinti più elementari, per evitare il ragionamento serio e gli
argomenti, veri, che occorrerebbe trattare.
Si pensi alla diminuzione di parlamentari, dichiarata a gran voce come un fatto
decisivo. Ma perché si vorrebbero mandare via duecento Senatori, lasciando
intatto il numero dei Deputati? Perché quelle dei Senatori sarebbero “poltrone”
e quelle dei Deputati no? In molti interventi, ho chiesto – invano - perché,
volendo ridurre il numero complessivo dei parlamentari per ragioni di
funzionalità, non si è pensato ad una riduzione proporzionale tra le due Camere.
Eliminando duecento deputati su seicentotrenta e cento senatori su
trecentoquindici, si sarebbe ottenuta una riduzione equamente ripartita ed un
“risparmio” maggiore, perché alla fine, invece di duecento posti in meno -
previsti da questa legge di riforma - ce ne sarebbero stati addirittura trecento.
Non lo si è fatto e non si riesce a ottenere una spiegazione, solo perché
l’intento era semplicemente quello di svilire il Senato. Non c’entrano le poltrone,
non c’entra la politica (che ha bisogno di essere riformata, ma in ben altro
modo) e non c’entra il risparmio, già modestissimo, ma che nell’ipotesi di una
riduzione proporzionale tra le due Camere sarebbe stato addirittura maggiore.
Dunque, non ci raccontano la verità e non ci dicono quali sono i reali propositi.
Inoltre, lo fanno cercando di approfittare di alcuni sentimenti (taluni anche
giusti) che corrono tra i cittadini, per ottenere un risultato che non va
nell’interesse del Paese, ma in quello del partito che, ipoteticamente,
vincerebbe le elezioni, avrebbe la maggioranza assoluta alla Camera e non
troverebbe più ostacoli al Senato.
E non ci si dica che non proponiamo nulla. Fra l’altro, sosteniamo da tempo la
necessità di una rigenerazione, di un rinnovamento della politica; e lo
sosteniamo sempre, chiarendo che non è questione di numeri, ma di
comportamenti, di obbedienza al dettato dell’art. 54 della Costituzione che vuole
che le funzioni pubbliche siano esercitate con “disciplina e onore” ed a quello
dell’art. 49, che vuole che i partiti siano associazioni democratiche che
consentono ai cittadini, per loro mezzo, di “concorrere con metodo democratico
a determinare la politica nazionale”. E ancora: è il caso di farla finita con
l’assunto, più volte “gridato”, che se non passa questa riforma, se ne riparlerà
fra vent’anni. Ma perché mai? Alla Costituzione si è messo mano più volte
(sedici) dal 1948 in poi, ed altre volte si è tentato di farlo, non trovando poi il
consenso necessario (una volta nello stesso Parlamento ed un’altra da parte dei
cittadini). Se non passa la riforma, nulla impedisce di discutere, da subito, su
quell’aggiustamento del “bicameralismo perfetto” che si potrebbe fare in poche
settimane, con un consenso diffuso. E addirittura si potrebbe approfittare
dell’occasione per fare ciò che ora non si è fatto (favorire davvero la
partecipazione dei cittadini alla produzione legislativa; definire uno Statuto delle
opposizioni e così via). Sarebbe sempre buon tempo per compiere finalmente
quella “rigenerazione della politica” cui più volte abbiamo fatto - invano -
riferimento. L’altro grande tema sul quale si cerca di influenzare la campagna
referendaria è quello relativo alla rilevanza della legge elettorale. Dapprima c’è
stato detto che la legge elettorale non c’entra con la riforma del Senato, ma poi
sono stati smentiti dalla Corte Costituzionale che, rinviando a dopo il
Referendum l’esame della legittimità dell’Italicum, per non influenzare la
campagna in corso, ha dimostrato che c’è un intimo nesso. A questo punto, si è
dovuto riconoscere che la legge elettorale c‘entra, eccome, visto che il
“combinato disposto” con la riforma del Senato è tutt’altro che un parto della
mente dei sostenitori del “ NO “, ma un’effettiva e pericolosa realtà, così che si
è cominciato a dire che la legge elettorale si può anche cambiare. E’ singolare
che ora “tutti” lo chiedano, questo cambiamento, naturalmente non
nell’interesse del Paese, ma ciascuno nel proprio. Alla fine, Renzi ha “ceduto” ed
ha cominciato a dare la sua disponibilità. Strano, perché quella legge gli piaceva
molto, al punto da imprimerle un corso del tutto peculiare, con l’azzeramento
degli emendamenti, il rigetto di ogni sorta di miglioramento ed infine, col
sottoporla al voto finale con la fiducia. E’ del tutto evidente che questa
“disponibilità” è dovuta all’intento di accontentare qualcuno, all’interno del
Governo e qualcuno anche all’interno del suo Partito. Ma davvero una legge
elettorale può cambiare per ragioni come queste? Ed ancora, perché mai non si
parla, se non a denti stretti, del vistoso premio di maggioranza e ancor meno
dei cento nominati? Bisogna avvertire i cittadini che non si tratta d’altro che
delle classiche “promesse da marinaio”; posto che, prima del 4 dicembre, non è
materialmente possibile l’introduzione di qualsiasi modifica. Tutto il resto sono
chiacchiere, promesse, parole al vento, che si dissiperanno – dopo il 4 dicembre
– come nebbia al sole. Oppure, finiranno, comunque, nel nulla, nella
impossibilità di raggiungere qualche punto fermo, su un tema sul quale ci sono
tante idee diverse quanti sono i partiti e i gruppi parlamentari. Nel frattempo
resta intatto il disegno complessivo: la conquista della maggioranza assoluta
alla Camera, senza avere un vero contropotere in un Senato ormai svirilizzato.
E’ tutto qui, il nocciolo del problema. L’abbiamo detto più volte: a noi questo
disegno non piace, non per una questione di “ gusti “, ma perché lo riteniamo
pericoloso per il Paese, che ha diritto ad un vero sistema democratico, sia per
quanto riguarda la legge elettorale, sia per ciò che attiene all’esistenza di due
Camere, con alcune differenziazioni tra loro, ma parimenti valide, sul piano del
bilanciamento dei poteri.
► La “nostra” campagna
Si è tenuta sabato, a Roma, la riunione dei nostri “responsabili” provinciali per
la campagna referendaria. Una riunione molto partecipata, molto “calda” ed
appassionata, di persone fortemente e seriamente impegnate e determinate.
Una quantità di interventi (si è dovuta contenere la discussione in ristretti limiti
di tempo per ciascuno, così da dar modo a tutti di parlare), le conclusioni e poi
il ritorno a casa dopo una giornata faticosa, ma decisamente proiettata verso un
impegno sempre maggiore. Ne ho riportato un’impressione eccellente e voglio
esprimere un ringraziamento ai tanti che erano presenti, con sincera e reale
partecipazione.
Confido che porteranno questo spirito nelle loro sedi e riusciranno a coinvolgere
tutta l’ANPI in una battaglia di estremo valore e di grandissima importanza,
per il bene che vogliamo a questo Paese e per l’affezione che da sempre
portiamo ad una Costituzione che nasce dal sacrificio e dal sogno di libertà e di
democrazia di tanti che combatterono in quegli anni, in condizioni spesso
difficilissime.
Al termine, abbiamo consegnato alla stampa, e riportiamo qui di seguito, un
documento che riassume le più recenti posizioni e decisioni dell’Associazione e
le linee principali del programma per questi due mesi di campagna referendaria.
In sintesi, vogliamo realizzare molte iniziative, dibattiti e confronti; ma contiamo
soprattutto sul contatto quotidiano con le cittadine e i cittadini, per informarli ed
aiutarli a capire ed orientarsi, sulla base non delle suggestioni, ma delle ragioni.
Ecco il testo del Documento:
L’ANPI Nazionale, anche a seguito della discussione con i “responsabili”
provinciali per la campagna referendaria, esprime il convincimento che sia più
che mai necessario che essa si svolga sul merito, respingendo ogni tentativo di
influenzare gli elettori in modi diversi da quelli che si risolvono in una vera
informazione.
Deplora che si sia pensato di utilizzare come quesito il titolo (molto lungo e
complesso della legge) senza altra giustificazione che quella di “influenzare” gli
elettori a favore del SI’, con argomenti più attinenti all’antipolitica che al merito.
Deplora che si continui a ricorrere a ricatti sul piano economico e politico,
sostenendo che se vincesse il NO, per l’Italia sarebbe una catastrofe economica
e addirittura un pericolo di involuzione fascista.
Insiste perché si resti sulle questioni principali e vere sulle quali i cittadini
devono esprimersi.
Auspica un intervento chiarificatore ed autorevole del Presidente della
Repubblica per garantire una campagna sul merito e in condizioni paritarie per i
sostenitori delle tesi contrapposte.
Infine, assicura che nei due mesi che verranno l’ANPI si atterrà rigorosamente
ad iniziative di informazione e di sostegno alla tesi del “NO”, rivolgendosi alla
ragione dei cittadini e delle cittadine e non alle impressioni e alle paure.
Annuncia che oltre alle numerosissime iniziative promosse in sede locale, ci
saranno iniziative di più vasto respiro in dieci città ed una, di carattere
nazionale, a Roma, nell’ultima fase della campagna e precisamente il 25
novembre; che inoltre, nei giorni 4 e 5 novembre sarà realizzata una “staffetta”
di 24 ore in streaming tra il sud e il nord (dalla Sicilia alla Valle d’Aosta), con la
partecipazione di Associazioni, Sindacati, musicisti, registi e studenti.
Comunica, infine, che l’ANPI è stata e sarà sempre rispettosa della libertà di
stampa e del diritto di critica, ma ritiene che altrettanto rispetto meritino i valori
della persona (individuale e associata) inseriti più volte dalla Corte di
Cassazione tra i beni tutelati dalla Costituzione.
Pertanto, mentre ha taciuto anche a fronte di attacchi a dirigenti dell’ANPI ed
alla stessa Associazione, certamente poco apprezzabili e spesso vili, ma non tali
da mettere in discussione i predetti fondamentali valori, ritiene necessario
reagire – anche in sede giudiziaria (e a tale scopo è già stato dato mandato ai
propri legali) – contro l’articolo scritto da Giancarlo Perna sul quotidiano
“Libero”, del 29 agosto 2016, perché fortemente lesivo della personalità e
dell’immagine del Prof. Carlo Smuraglia, come persona e come Presidente
nazionale dell’ANPI, così come contro l’intera pagina dedicata, sempre da
“Libero” del 1 settembre 2016, all’Associazione, con articoli e titoli gravemente
lesivi dell’immagine e della reputazione dell’ANPI. Assicura che non vi è, in
questa iniziativa, alcun tentativo di comprimere il diritto di critica, ma solo
l’intento di riaffermare che il diritto all’immagine, alla reputazione e all’onore –
di persona o di Associazione – sono valori intangibili, ai sensi della Carta
costituzionale; e dunque meritevoli di tutela, nell’interesse non solo dei singoli
ma dell’intera collettività.
Roma, 1 ottobre 2016
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1 commento
1 Oggi domenica 6 novembre 2016 | Aladin Pensiero
6 Novembre 2016 - 11:26
[…] ANPI: un NO di buone ragioni di Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell’ANPI. - segue – Il presidente nazionale dell’ANPI nell’ultimo n. della rivista online formula […]
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