Andrea Pubusa
Può sembrar strano, ma nella periferia la pregnanza e l’insensatezza dello scasso Renzi-Boschi-Verdini si coglie meglio. Il fatto è che i guasti di quel testo si notano con più nitidezza, vengono esaltati dall’esperienza concreta. L’altro giorno a Carbonia ho partecipato ad un’affollata assemblea per il NO e mi hanno colpito alcuni interventi. Per esempio, l’attacco alla rappresentanza in periferia è colto con più immediatezza. Quando ho detto che il senato ipotizzato da Renzi limita la rappresentanza dei territori, perché consente che solo quelli più forti (Cagliari e Sassari) abbiano senatori, il messaggio è stato rilanciato da un intervento che ha fatto il punto sulle province. Bene o male le province elettive rappresentavano i territori nel loro insieme. Ora, coi commissari regionali a capo delle province, quella rappresentanza è venuta meno. Le popolazioni sono più sole, più isolate, i loro immani problemi hanno meno possibilità di filtrare nei processi decisionali regionali e nazionali. Quindi, modificare le province, aggiornarne le funzioni era necessario, ma la loro esistenza come enti dipendenti dalla Regione, come appendice regionale, anziché come espressione dell’autonomia dei territori, è una perdita secca di peso politico, di capacità delle popolazioni locali di far valere le proprie ragioni.
L’attacco alla rappresentanza è stato ripreso poi da alcuni lavoratori, sempre presenti nelle lotte di fabbrica di questi decenni. Uno di loro ha messo in luce come questo attacco al carattere rappresentativo delle province e ora perfino del Senato abbia la sua origine nel drastico ridimensionamento degli organismi di difesa dei lavoratori nei luoghi di lavoro. L’eversione dello Statuto dei lavoratori disposta col Job act ne è la riprova. A cosa mira la soppressione dell’art. 18 se non a questo? La reintroduzione del licenziamento facile costituisce l’antidoto più forte alla partecipazione dei lavoratori alle lotte nei luoghi di lavoro, li riconduce sotto il tallone dell’imprenditore che ridiventa padrone. C’è poi la compressione della contrattazione sindacale, da quella aziendale a quella nazionale, a cancellare la rappresentanza dei lavoratori, il loro potere, se non decisionale, partecipativo.
Un altro lavoratore mette in luce come questo processo di svilimento della rappresentanza nelle istituzioni e nei luoghi di lavoro incide sulla prima parte della Costituzione, contrariamente a quanto sostengono i sostenitori del sì. Questo è il modo per infilzare insieme non solo il principio lavorista (l’Italia è una repubblica …fondata sul lavoro), ma anche il principio democratico (L’Italia è una repubblica democratica…) perché il carattere democratico è dato dalla uguale capacità di diritti dei cittadini e dalla loro capacità di partecipare all’organizzazione economica, sociale e politica del Paese. E’ un affossamento dell’art. 3 Cost. che pone appunto il principio di uguaglianza e della partecipazione. Il principio fondamentale che ispira le norme costituzionali in materia di lavoro “è consacrato nell’art. 2, nella parte in cui riconosce ad ogni uomo valore di fine in sé e perciò attribuisce ad esso, in quanto essenza dotata di una propria maturale dignità”, la titolarità di diritti, “inviolabili”, ossia “intangibili”. Questo diceva Mortati, grande costituzionalista e padre costituente nelle sue mirabili pagine sul lavoro nella Costituzione. E, questi lavoratori di Carbonia, pur senza essere costituzionalisti. intuiscono e desumono dalla loro esperienza concreta che tutto si tiene e le modifiche di Renzi alla Carta e alla legislazione ordinaria sul lavoro ha come effetto diretto ed evidente un rinsecchimento dei principi fondamentali, incidendo perfino sulla sovranità popolare, che torna ad essere sovranità dei gruppi economici forti e di un ceto politico che ne è in larga misura espressione, dati i processi di nomina dall’alto.
Calamandrei diceva che la Costituzione è nata non nel chiuso delle aule di ricerca ma nel vivo della lotta di Liberazione, in ogni luogo dove si è versato del sangue per la libertà. Le discussioni con i lavoratori, immersi nella grande difficoltà della crisi e prime vittime della restrizione degli spazi democratici, ne sono la conferma. Nei luoghi di lavoro e nelle periferie, dove i problemi sono più gravi e incidono più immediatamente sulla carne della gente, il senso del testo Renzi-Boschi-Verdini viene colto in tutta la sua portata antipopolare. Questo, contrariamente a quanto pensano molti e lo stesso Renzi, fa pensare che ogni barzelletta di Renzi in TV anziché portargli voti, gliene faccia perdere. Risulta indisponente agli occhi di chi è in diffcoltà il capo del governo, che enuncia, ridendo, mirabolanti progressi del Paese. Chi la crisi la vive sulla propria pelle o la vede intorno, a casa di perenti, amici e conoscenti, ad ogni uscitas di Renzi in TV s’incavola. In fondo l’arma non tanto segreta del NO è lo stesso Renzi.
1 commento
1 Impegnati per il NO | Aladin Pensiero
4 Ottobre 2016 - 10:09
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