Andrea Murru
L’Associazione Nazionale Comuni italiani (e le sue derivazioni regionali) rappresenta i propri associati, i comuni, rispetto agli altri interlocutori istituzionali quali regioni, governo nazionale e Parlamento. Tra le altre cose, fornisce consulenza ed assistenza anche con la predisposizione di specifici corsi di formazione per gli amministratori locali. Da questo emerge chiaramente come, quantomeno a livello teorico, detta associazione costituisca una risorsa per i sindaci e, di riflesso, per i cittadini delle cui amministrazioni essi sono portatori d’interessi. Questo dovrebbe rendere l’associazione altra e differente dagli altri enti istituzionali e non, come alcuni vorrebbero, organo decentrato e magari propagatore (da propaganda) delle loro scelte politiche. Organo quindi interlocutore e non mero uditore ed esecutore.
Detto ciò mi domando cosa sottintenda la campagna che stanno conducendo alcuni consiglieri regionali, alcuni dei quali fisicamente presenti ed attivi (anche gli “assenti” lo sono tuttora), rispetto all’elezione (N.B. non nomina) del futuro Presidente dell’Anci #Sardegna. Premessa la loro inopportuna attiva presenza che cerca di condizionare la suddetta elezione occorrerebbe avere visione profetica ed immaginare quale ultima “voglia” debba soddisfare. Darei per scontata la sempre verde necessità di radicare il proprio potere territorialmente (la pdl statutaria di riforma della legge elettorale potrebbe fungere da spinta in tale direzione) come pure il mai sopito tentativo di soppesarsi tra correnti (non rileva la presenza di sindaci d’ispirazione differente in un’ipotetico partito della nazione); un’ulteriore chiave di lettura potrebbe aversi inquadrando, tra le prossime rilevanti scadenze, il #referendum costituzionale, che stando alle ultime rilevazioni vede la tendenziale salita dei contrari. Detta riforma, come tutti hanno oramai capito, reca con se un forte accentramento delle competenze in capo al governo centrale che potrà, con la c.d. clausola di supremazia intervenire nelle materie di competenza regionale quando lo richieda “la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica” (ampia formulazione entro la quale potrà, un domani, essere ricompreso un po’ di tutto e, quindi, altamente pericolosa). Le materie che potrebbero subire detto “scippo” non sono di poco conto : pianificazione del territorio regionale; dotazione infrastrutturale; programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali; promozione dello sviluppo economico locale, servizi alle imprese e per la formazione professionale; servizi scolastici, promozione del diritto allo studio, anche universitario, attività culturali e promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici locali; valorizzazione e organizzazione regionale del turismo; relazioni finanziarie tra gli enti territoriali della Regione, rappresentanza delle minoranze linguistiche.
Sempre in tema di riforma costituzionale l’attuale art. 114 Cost ci dice che “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni“. La ripartizione così delineata ha voluto porre l’accento sulla maggiore vicinanza ai cittadini di quegli enti che si è ritenuto fossero non solo maggiormente rappresentativi ma anche, e soprattutto, maggiormente in grado di soddisfare le esigenze della collettività di riferimento. La riforma su cui saremmo a breve chiamati ad esprimerci ha delineato un Senato il cui compito sarà di raccordo “tra lo Stato e gli enti costitutivi della Repubblica” (prego di rileggere l’art 114 sopra nel quale compare in primis il comune). Quest’impostazione dovrebbe comportare la soppressione della Conferenza Stato-Regioni, oggi unico organo di coordinamento tra il centro e la periferia per l’attuazione delle leggi e per la ripartizione dei finanziamenti regionali. Stante così le cose, difficilmente opinabile è il timore che, di seguito, potrebbe venire soppresso anche l’altro interlocutore di cui stiamo parlando, l’Anci appunto. D’altronde il futuro Senato sarà composto da 21 sindaci e 74 consiglieri regionali, scelti dai Consigli regionali (leggasi nominati dalle segreterie di partito). Unico argine ad una deriva del genere, a parte respingere la riforma costituzionale con un secco e corale #NO, è quella di restituire dignità ai comuni e quindi a chi questi dovrebbe rappresentare. Ecco perché la vergognosa rappresentazione messa in scena il 23 Settembre scorso non può essere lasciata a se stessa e relegata al mero ruolo di bega o becero campanilismo. Essa ha una natura ed una prospettiva assai maggiore ed interroga tutti noi, invitandoci a riflettere e ad estendere tale riflessione ai nostri primi cittadini il cui mandato da noi promana.
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