Andrea Pubusa
Sull’Italicum la Corte Costituzionale rinvia l’udienza fissata per il 4 ottobre probabilmente ai primi di gennaio. La scelta del rinvio dopo l’udienza pubblica del 4 era considerata molto probabile. Ha prevalso, invece, la linea dell’accelerazione, che evita, tra l’altro, il confronto tra le parti in udienza, dove le ragioni dei ricorrenti si sarebbero opposte a quelle dell’Avvocatura dello Stato, per conto della Presidenza del Consiglio, con l’effetto di incardinare il dibattito. Il decreto del presidente Grossi non conterrebbe, da quanto risulta, specifiche ed esplicite motivazioni. Ma la decisione è legata soprattutto all’esigenza di non interferire sulla campagna referendaria e con il lavoro del legislatore, in una fase in cui è emersa una volontà politica di mettere mano all’Italicum, dichiarata dallo stesso Renzi, e già sono state presentate mozioni in tal senso in parlamento. <
Come valutare questa decisione? E’ un soccorso a Renzi in evidente difficoltà o è una scelta dettata da buon senso costituzionale? A ben vedere, tra qualche settimana si voterà per il referendum costituzionale: una qualsiasi decisione ora sull’Italicum da parte della Corte poteva suonare come una promozione o una bocciatura anticipata dell’intero pacchetto di riforme. Tanto più che in quelle norme è prevista anche la possibilità, su richiesta di un terzo dei deputati o un quarto dei senatori, di sottoporre alla Corte Costituzionale la legge elettorale. Una sorta di “check up” preventivo che abbraccerebbe tutto l’impianto dell’Italicum. Perché, quindi, limitarsi a esaminare il 4 ottobre i soli motivi sollevati dai tribunali di Messina e Torino? E’ vero che in queste ordinanze vengono ‘impugnati’ i nodi più stringenti dell’Italicum, come lo sbarramento al 3%, le pluricandidature per i capilista, e soprattutto il premio al ballottaggio senza una soglia minima di voti, meccanismo per cui anche con un risultato contenuto al primo turno, si può conseguire la maggioranza assoluta dei seggi. Ma attendere - è stato il ragionamento della Corte - consente di posticipare il controllo effettuandone uno a 360 gradi, dopo che i cittadini si saranno espressi sul referendum.
Altro elemento di riflessione è dato dal fatto che nuove ordinanze che sollevano dubbi sull’Italicum potrebbero giungere alla Consulta: una c’è già, proviene dal tribunale di Perugia, ma era fuori termine per poter essere discussa il 4. Di ricorsi però ne sono stati promossi ben 23 e quindi altri tribunali potrebbero mettersi in moto.
Da un punto di vista più strettamente politico, poi, la decisione della Corte mette in luce l’indissolubile legame fra l’Italicum e la revisione di Renzi, assecondando in questo una dei punti essenziali del ragionamento del NO, che viene motibato nel convergente effetto accentratore della revisione e dell’Italicum. Si tratta di testi che cospirano all’obiettivo comune di rafforazare l’esecutivo in danno del Parlamento e delle minoranze. Inoltre, la permanenza dell’Italicum e l’improbabile sua modifica entro la data di svolgimento del referendum toglie alla ondeggiante opposizione interna del PD (Bersani & C.) l’alibi della modifica dell’Italicum. Anche se non esclude che Renzi intorbidi le acque con false disponibilità a modifiche sostanziali.
Certo, una botta sull’Italicum avrebbe fatto perdere di credibilità l’intera proposta istituzionale del duo Renzi-Boschi.
Comunque, ad una valutazione complessiva, il rinvio può inquadrarsi in una linea della Corte costituzionale di non interferire sul referendum, lasciando che il giudizio del corpo elettorale si manifesti in relazione all’intera proposta Renzi nella sua stretta e perversa connessione revisione costituzionale/legge elettorale.
Le ragioni del NO rimangono immutate e semmai rafforzate.
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