Referendum: lo spassoso sì di Luigi Berlinguer

20 Settembre 2016
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Gonario Francesco Sedda

Anche Luigi Berlinguer ha sottoscritto l’appello della Sinistra per il Sì. E perché? Lo dice in un’intervista a L’Unità [”Ecco perché il Sì al referendum è di sinistra“, 7 settembre 2016]: «… condivido l’assoluta necessità di cancellare l’esistenza del Senato legislativo e politico, di cancellare il Cnel e le Province. Semplificare il sistema istituzionale secondo me è una necessità urgente». E pretende di dirlo con spirito non partigiano, con lo spirito di uno che «ama la Costituzione». Luigi Berlinguer si «addolora» perché «una parte considerevole dei No [mira] a buttare giù Renzi», vuole «legiferare in materia costituzionale avendo degli obiettivi di natura partitica», vuole usare la Costituzione «come una clava». Non si è addolorato invece quando M. Renzi era impegnato nella sua portentosa e rinnovatrice attività di architetto istituzionale, di “padre minorenne della patria” (ricordate il “capo del governo” come Sindaco d’Italia e il Senato dei Sindaci?). Non ne aveva ragione, perché anche M. Renzi da sempre ama la Costituzione tanto da farla morire, da sempre si tiene lontano dal legiferare in materia costituzionale avendo obiettivi di natura partitica, da sempre usa la piuma invece della clava. «Certo, Renzi per primo ha fatto l’errore clamoroso nel dire: mi dimetto se si perde, non mi dimetto … » – ammette L. Berlinguer. Ma sarebbe comunque un errore perdonabile rispetto alla grandezza della sua epocale opera rinnovatrice: sbaglia stando dalla parte del vero e del giusto. La gran parte dei No invece sbaglierebbe e sarebbe in preda a istinti cavernicoli.
Che fare perché il vero e il giusto venga riconosciuto dagli elettori? «L’unico modo è parlare nel merito, spiegare la riforma», interloquisce L’Unità. E L. Berlinguer conferma: «È l’unico modo …».
Finalmente qualcuno del fronte renziano (o “diversamente renziano”) che vuole parlare nel merito, spiegare la riforma! Ma la delusione è quasi istantanea. Infatti l’intervistato prosegue: «È l’unico modo. Ci sono istituti come il Cnel, il Senato, le Province, vecchi arnesi dannosi nel processo istituzionale italiano, quindi bisogna chiuderla [la riforma] e cancellarli [i vecchi arnesi]. Punto e basta».
Punto e basta?!!
Ma chi è che non vuole abolire il Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro)? Si può e si deve cancellarlo. La sua esistenza (anche se riconosciuta dalla Carta) non è stata una necessità “assoluta” neppure nel passato. È cosa da poco, già morta, che mettendola assieme al Senato e alle Province non serve neanche per fare gazzosa riformatrice.
E il Senato? Nella riforma retrograda e passatista sotto referendum la cancellazione del Senato non è prevista. Ma Luigi Berlinguer si contorce affermando ora la necessità assoluta di «cancellare l’esistenza del Senato legislativo e politico», ora che «il Senato va cambiato», ora che è giusto e urgente «abolire il Senato legislativo». Non è chiaro se la cancellazione del “Senato legislativo” riguardi la privazione di iniziativa legislativa o l’esclusione dai procedimenti legislativi. È comunque aumentato il numero dei procedimenti legislativi in cui è coinvolto il nuovo Senato mostriciattolo e sono destinati a complicarsi più che a “semplificarsi” i rapporti tra Camera dei deputati e Senato. Di cosa vuole entusiasmarsi L. Berlinguer?
Anche la cancellazione del “Senato politico” è mal detta se riguarda l’attribuzione del rapporto fiduciario col governo (il voto di fiducia) alla sola Camera dei deputati. Nonostante che il “residuo” di Senato proposto sia un mostriciattolo, esso resta comunque un’istituzione “politica”.
Se (art. 70) «la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e per le altre leggi costituzionali», per le leggi che riguardano minoranze linguistiche e referendum popolari, che riguardano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane, ecc. e che riguardano forme, termini e attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea; se questo è quel che rimane della Camera alta, vuol dire che il «Senato legislativo e politico» non è stato “cancellato”, non è stato “abolito”, ma è stato modificato (solamente «cambiato»). Ed è da escludere che si tratti di quella piena semplificazione istituzionale di cui L. Berlinguer sente «una necessità urgente» e di cui mena vanto.
E le province? Il dibattito sulla inadeguatezza delle Province per come le abbiamo conosciute storicamente e per come hanno operato nel passato aveva fatto maturare la convinzione quasi unanime di un loro superamento. Ma non si trattava di una questione nominale. La Provincia era (e ancora è) un Ente intermedio territoriale. Lo si può ridefinire come tale nel quadro istituzionale di Regioni che non riproducono nel loro ambito il centralismo statale oppure scioglierlo a favore dei Comuni, delle Unioni dei Comuni e delle Città metropolitane. Nel primo caso si sceglie un quadro istituzionale di potenziamento democratico e di cooperazione tra i Comuni nei territori e tra i territori; nel secondo caso se ne sceglie uno di competizione tra Comuni, tra questi e Unioni dei Comuni o Città metropolitane. E nella competizione vince sempre il più forte (che non è sempre il migliore); il più forte diventa più forte e il più debole più debole (o relativamente più debole); si esalta la crescita di ricchezza del più forte e si nasconde la perdita di ricchezza (assoluta o relativa) del più debole. Questa riforma retrograda sotto referendum nasce in un clima di liberismo inefficace e inefficiente, ma micidialmente antipopolare e antidemocratico; di delirio di accentramento statalista; di moralismo piccoloborghese che non perdona niente ai peccati del potere clientelare e corrotto, ma fa molti sconti allo stesso potere sognato come esente da quei peccati di cui si mostra indignato.
«Una vittoria del No – scrive L. Berlinguer – avrebbe questo straordinario risultato: che ci teniamo il Senato e l’Italicum, accidenti che successo!»
Accidenti che logica! Se vincerà il No ci terremo non solo il Senato, ma tutta la Costituzione vigente con la possibilità di buone revisioni e sarà molto improbabile che ci terremo l’Italicum; se vincerà il Sì avremo una nuova Costituzione pasticciata, un Senato mostriciattolo e con molta probabilità (quasi sicuramente) “la più bella legge elettorale del mondo”, l’Italicum!!!!!

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