Andrea Raggio
Promosso dalla rivista Il Ritrovo dei sardi, si è svolto a Cagliari un dibattito su “Etica e responsabilità sociale nell’industria”. L’iniziativa ha avuto il merito di tentare di riportare sui temi dello sviluppo il dibattito elettorale, sino ad ora incentrato sulle sole candidature.
Per responsabilità sociale nell’impresa s’intende, secondo la definizione dell’Unione europea, l’integrazione da parte delle imprese di preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro attività economiche, oltre gli obblighi derivanti dalle leggi e dai contratti collettivi. Si tratta di un concetto entrato recentemente nel dibattito culturale ma anticipato dall’esperienza di Adriano Olivetti negli anni ‘50 e ‘60° alimentata da una forte carica ideale. L’Unione europea con la strategia di Lisbona 2000 ha dato al concetto una più ampia motivazione ancorandola sia all’interesse generale - lo sviluppo sostenibile - sia alla competitività delle singole imprese e del sistema-territorio. Da allora la buona pratica della responsabilità sociale è andata diffondendosi in Europa, meno in Italia.
Una forte sollecitazione a operare in questa direzione viene ora dalla crisi che viviamo, caratterizzata dall’intreccio della recessione economica con la dipendenza energetica e il mutamento climatico. Per queste sue caratteristiche la crisi globale minaccia conseguenze devastanti ma nello stesso tempo offre l’occasione di avviare un nuovo sviluppo basato sulla ridistribuzione della ricchezza a livello mondiale, dei singoli Stati e tra ceti sociali, sull’integrazione economia-ambiente, su un nuovo assetto delle relazioni e degli ordinamenti internazionali e, soprattutto in Italia, sulla moralizzazione della vita pubblica. Questa è la nuova frontiera della sinistra in Europa, in Italia e in Sardegna.
Far fronte all’emergenza economica e sociale nella logica di uno sviluppo nuovo è oggi il compito principale e urgente della politica e delle istituzioni ai diversi livelli. Un importante contributo, però, può e deve venire dall’assunzione di responsabilità da parte delle diverse componenti della società, da una partecipazione attiva, animata cioè da iniziative autonome in tutti i campi, in particolare in quello dell’etica. Più etica, è stato scritto, per rifondare l’economia. Ecco perché la responsabilità sociale d’impresa deve essere sostenuta e sollecitata da un clima pubblico favorevole, promosso dall’azione delle istituzioni e delle organizzazioni sociali e dal comportamento dei consumatori e utenti. Un’attività importante in questa direzione è stata svolta dall’anno 2000 dall’Unione europea e alcune regioni italiane, come la Toscana, hanno adottato anche appositi provvedimenti legislativi.
In Sardegna le imprese che hanno la certificazione RSI sono attualmente quattro. La pratica della responsabilità sociale è probabilmente più diffusa, ma in misura comunque molto limitata e interessa principalmente le piccole imprese. Le maggiori imprese industriali sino ad ora sono scarsamente impegnate e tendono, anzi, a scaricare interamente le conseguenze della crisi sui lavoratori, nell’indifferenza del Governo e della Regione.
E’ evidente che il richiamo alla responsabilità sociale delle imprese non solo non è sufficiente a fronteggiare l’emergenza e rilanciare lo sviluppo, ma in assenza di una politica organica rischia di scadere ad appello moralistico, a diversivo. Anche per questo è indispensabile che il Governo e la Regione adottino con urgenza interventi forti a sostegno dell’occupazione e delle fasce sociali deboli, interventi adeguati finanziariamente e sin d’ora orientati verso lo sviluppo nuovo e, quindi, su un’imprenditorialità piccola e media a elevata competitività. In questo quadro la responsabilità etica e sociale delle imprese può dare risultati importanti.
Le pratiche che si ispirano al concetto di RSI non si sostituiscono all’azione dei pubblici poteri ma possono concorrere a realizzare gli obiettivi che essi perseguono, soprattutto nel campo della salute pubblica, della catena dei prodotti alimentari, della sicurezza sul lavoro e del miglioramento dell’ambiente di lavoro, dell’inclusione sociale e della parità di genere, della formazione professionale continua, dell’innovazione in particolare in settori come l’edilizia e l’arredo urbano, del risparmio energetico. Il sistema delle imprese inoltre può dare, mediante comportamenti singoli e collettivi, un contributo importantissimo alla moralizzazione della via pubblica. Si denuncia giustamente l’Italia dei favori ma spesso si tace sulla Sardegna dei favori e del clientelismo. Eppure va estendendosi in misura preoccupante quella rete parassitaria di gruppi di potere più o meno occulti che condizionano la vita della Regione e dei comuni, in particolare quello di Cagliari. Il clientelismo e il favoritismo, è bene sottolinearlo, non solo sono comportamenti amorali e sul filo della legalità e spesso oltre la legalità, ma frenano lo sviluppo e la competitività.
La responsabilità etica e sociale nell’impresa è, in conclusione, aspetto tra i più importanti della democrazia partecipativa. Purtroppo l’attenzione sia del centrodestra che del centrosinistra è ostinatamente rivolto alla monocrazia. Proprio per questo dobbiamo sforzarci di indicare nella questione democratica il tema vero di questa battaglia elettorale e di quelle che verranno.
1 commento
1 MarDes
18 Gennaio 2009 - 10:48
Ne ha parlato tempo fa anche prof. Bottazzi in un seminario su questi temi. Diverse pubblicazioni della Franco Angeli permettono di avere anche degli esempi pratici italiani di come è stata realizzata la responsabilità sociale d’impresa a livello territoriale.
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