Macché uomo della provvidenza! Torniamo al collettivo

13 Gennaio 2009
1 Commento


Francesco Cocco

Siamo all’assurdo che in questi giorni la stampa di destra afferma di dolersi per la crisi che ha colpito i partiti eredi del movimento operaio. Il motivo di tale atteggiamento non nasce certo da una qualche preoccupazione per lo sgretolarsi di una sinistra che per tutto il Novecento ha affermato in Italia (e non solo) i valori di libertà, democrazia, progresso, onestà nell’amministrare la cosa pubblica.
Comprendiamo bene che la preoccupazione è solo apparente, finalizzata ad affermare una pretesa superiorità ideale della destra. Strumentale quindi alla conquista di una facile egemonia nello sfilacciato tessuto politico italiano. Ma per chi in quei valori ha creduto e per essi ha combattuto, la conflittualità presente nel Partito della Rifondazione comunista e nel Partito Democratico (tanto per indicare le due maggiori componenti che hanno un qualche titolo per richiamarsi a quella storia) non può non destare profonda tristezza ed amarezza.
Nella seconda metà del Novecento, alla crescita dei grandi partiti di sinistra e delle grandi organizzazioni democratiche di massa contribuiva in grande misura il sogno utopico del socialismo sovietico, alimentato dalla scarsa conoscenza di come in URSS si procedeva alla costruzione di una società nuova, di quanto scarsa fosse l’attenzione ai diritti umani, di come la nomenclatura di potere riservasse a sé un assurdo sistema di privilegi.
Quel sogno utopico scaldava i cuori e le menti, e la vittoria riportata nel 1945 dall’Armata Rossa sul nazifascismo faceva erroneamente intravedere solidità nel sistema sovietico ed avvalorava l’idea che la “storia marciava in quella direzione”. Quanta ingenuità in quel sogno! Ma esso non era solo vana utopia perché nasceva da esigenze di fondo della società, da quel bisogno di “passaggio dalla preistoria alla storia” che avrebbe dovuto liberare l’umanità dalle contraddizioni della società capitalistica. E quanto tali contraddizioni fossero e siano laceranti possiamo constatarlo ancora oggi con le terribili conseguenze che globalmente stanno colpendo il mondo del lavoro.
Eppure ad alimentare il movimento democratico del Novecento non era solo un sogno astratto. Era soprattutto un sistema di valori che faceva espresso riferimento ai bisogni della società, al ruolo nazionale delle classi lavoratrici nel garantire la crescita democratica e la modernizzazione dello Stato.
Uno dei grandi obiettivi proclamati era il completamento del processo risorgimentale che con la Resistenza e la Lotta di Liberazione aveva ripreso la sua marcia. La stessa riorganizzazione regionalista dello Stato si riallacciava alle correnti democratiche del Risorgimento che finalmente sembravano poter trovare attuazione.
All’indomani del crollo del muro di Berlino i gruppi dirigenti dei partiti di sinistra hanno dimenticato il grande ruolo ideale ed il progetto politico di radicale democratizzazione proprio del movimento democratico italiano. Spesso tra i leader si è sviluppata una frenetica corsa a rinnegare il proprio passato. Altri hanno affermato di voler tener alta la bandiera di quei valori, ma ha finito per prevalere la trasformazione in rendite politiche delle antiche idealità.
Sbaglieremmo a generalizzare e a trarne la conseguenza che non vi sia più alcuna possibilità di ripresa. Sono ancora in campo, anche se disperse, forze capaci di difendere un antico patrimonio ideale ed un progetto politico ancora valido negli obiettivi storici di fondo. Nell’immediato occorre non farsi fuorviare da falsi richiami, perché è più che mai valido il principio che per gli “oppressi” la liberazione non può venire che da sé stessi.
Così nessun popolo può pensare che la soluzione dei propri problemi gli venga da un qualche principe. Essa deriva esclusivamente dalla forza, dalla intelligenza, dalla vigilanza che ogni singolo saprà dispiegare per restare cittadino e non trasformarsi progressivamente e vergognosamente in suddito osannante.

1 commento

  • 1 Antonella
    13 Gennaio 2009 - 13:22

    Parole sante.
    Non voterò Soru perchè non rappresenta assolutamente quegli ideali e il dux di destra ed il dux di sinistra per me pari sono.
    Anzi quello di sinistra è molto peggio perchè tradisce i nostri ideali, la nostra cultura, le nostre battaglie, le nostre esperienze e porta solo ad una becera contrapposizione tra destra e sinistra ispirata dalla sola ambizione del potere per il potere e dalla finanza per la finanza. Ma la cosa ancor più grave è che non porta ad una crescita del senso civico dei nostri ragazzi, nè del senso di solidarietà, nè del senso di condivisione.
    Ma la colpa non è di Soru.
    La colpa è dei partiti che avrebbero dovuto rappresentare la continuazione degli ideali descritti in maniera egregia da Francesco Cocco, il PD in primis, per non parlare di rifondazione, Comunisti Italiani etc.
    Che squallore di spettacolo abbiamo sotto gli occhi, in questi giorni! Una squallida corsa per risalire sul carro di Soru da parte di persone che, anche recentemente lo hanno criticato, combattuto.
    Evidentemente la dignità di rimettere la schiena dritta è rimasta ai Socialisti ed all’IRS di mantenerla sempre e comunque. Onore al merito.
    Speriamo che Soru sia sconfitto perchè in democrazia una sconfitta dovrebbe portare ad interrogarsi sul deserto della sinistra e 5 anni potrebbero essere i tempi necessari per ricostruire un percorso etico e morale che nella sinistra fa acqua da tutte le parti.
    Non può valere ora, per noi il famoso “turiamoci il naso”, è troppo pericoloso. Una sconfitta potrebbe, spero, essere una salutare lezione per riprendere il nostro cammino.
    Dobbiamo dare una speranza ai nostri giovani e dobbiamo regalare loro la bella lezione che si deve conquistare la vittoria per la comunità, con la comunità, nella comunità dei cittadini, non ngli uffici privati del dux di sinistra e di destra.

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