Red
Non è stravagante che le forze politiche sarde leggano l’esito delle elezioni politiche in chiave regionale. L’elettorato è fluttuante, è vero; e la consultazione regionale è diversa da quella nazionale. Ma certamente le elezioni politiche sono più di un test in vista delle regionali dell’anno venturo. Non è dunque fuor di luogo che Soru abbia preso la palla al balzo dalla valutazione del voto per chiedere una rapida definizione di alleanze e leader per la campagna ormai prossima. Il presidente, manco a dirlo, non si fa da parte. Lo aveva promesso quattro anni fa, ma ha mutato opinione. Non è la prima volta. Ma non gli si può contestare la pretesa di voler completare la sua opera. Ma qui sta il problema. Quale opera? Quella promessa di una nuova stagione fondata sul coinvolgimento di tutti i sardi “dalla schiena dritta” o quella sempre più praticata e fondata su una propensione quasi maniacale alla monocrazia? E’ su questo aspetto della sua presidenza che si sono consumati gli addii più ampi e significativi dal 2004 ad oggi. L’idea monocratica del resto è stata la vera cifra dell’azione soriana: dal PPR, fortemente limitativo delle autonomie e tutto incentrato sulle intese col Presidente, alle proposte di riforma della dirigenza e alla pratica amministrativa, col ritorno ad una fidelizzazione massima dei dirigenti, fino alla legge statutaria nella quale è trasfuso un presidenzialismo artificiale ed estremizzato. Soru, in una parola, oggi trasmette la sensazione del vincolo, della restrizione anziché quella della libertà, in ogni campo, da quello delle istituzioni a quello dell’iniziativa economica. Anche un soriano dell’autorevolezza di Pietrino Soddu lo ha rilevato in una recente intervista a www.altravoce.net. Non si può trascurare poi che Soru è indagato. E’ certamente vale per lui, come per tutti, la presunzione di non colpevolezza. Ma se, malauguratamente, il suo rinvio a giudizio avvenisse nell’imminenza delle elezioni? Che facciamo sfoderiamo l’armamentario belusconiano della giustizia ad orologeria? Per di più, non possiamo neppure inveire contro le “toghe nere”, perché questo in realtà è il loro colore! Insomma, un bel pasticcio.
La candidatura Soru, dunque, paradossalmente paga ora il conto alle aspettative sollevate e deluse: non solo l’intellettualità vera, ossia quella non asservita a logiche strumentali ai poteri, ma anche la piccola imprenditoria e il mondo agricolo sono in fuga da Mister Tiscali. E poi quale prospettiva offre un uomo che qualunque cosa faccia o dica divide anziché unire? Come può dar speranze un presidente che alimenta conflitti anziché creare sinergie? E per di più non fa nulla per recuperare; anzi sembra godere delle rotture che provoca. Insomma, un leader che anziché inverare una governance capace di decisione è l’emblema del presidenzialismo conflittuale e inefficace, perché privo di bilanciamenti e di senso della legalità. In questo quadro una semplice riproposizione di Soru, senza alcuna messa a punto, rischia di riprodurre in Sardegna la sconfitta Illy. Perché l’area sardista dovrebbe sostenerlo? E la Sinistra sarda dallo SDI a Sinistra democratica? Certo non può sperare nel sostegno di quella sinistra che ha fatto la battaglia referendaria e che ha visto nella defenestrazione di Pigliaru e Dessì il punto di rottura con un’area democratica e di sinistra poco incline alle logiche di potere e puntigliosamente orientata ad una riforma intellettuale morale nell’Isola. Anche PRC e PDCI non possono rischiare la scomparsa nell’ultimo loro baluardo: il fronte regionale. Possono continuare ad offrire il volto di chi agita grandi temi e porta a casa solo un assessorato e qualche posto di sottogoverno? Possono, PRC e PDCI, mettere da parte anche la pregiudiziale antipresidenzialista costantemente avanzata a livello nazionale? Soru poi desta molte critiche anche nel PD, anche in quella parte che vuole un vero cambiamento, non solo nel vecchio notabilato, col quale invero l’illustre seddoresu è sceso a patti.
Pietrino Soddu, saggiamente, invita Soru a recuperare. Ma basta, se possibile, ricucire con Pigliaru? O inserire nella squadra qualche altra personalità? Soru ormai è un politico scarsamente affidabile, che desta più sospetti che entusiasmi. Per recuperare, dovrebbe dar prove forti, inequivocabili. Ad esempio proporre un’altra legge Statutaria, dialogando col Comitato per il NO. E, nel riequilibrio della forma di governo, è disponibile a fare una giunta vera, con assessori veri? Personalità scelte non fra i suoi consulenti, ma in ragione della loro propensione alla collaborazione autonoma e competente anziché all’appiattimento servile. E ancora: è disposto ad espungere dai provvedimenti finora adottati la costante tendenza a creare gerarchie? A rinunciare alle costruzioni piramidali immancabilmente incentrate sul presidente? E’ pronto a dare ai sardi l’idea della libertà nell’iniziativa anziché quella del vincolo e della tutela occhiuta e soffocante. Chissà! Un compito difficile per Soru, che però finora non pare porsi il problema. Ma pretendere arroccamenti o invocare il voto utile è rischioso. Può convincere qualche politico con la sindrome da scomparsa. Ma l’elettorato ci starà? Il 13 e 14 aprile ha mostrato di non gradire il ricatto. E ancor di più lo ha fatto con Rutelli. Altro che turarsi il naso! Alle politiche e a Roma, molti delusi del centrosinistra hanno votato altrove o sono rimasti a casa. Ed allora? Più che al voto utile Soru dovrebbe pensare a rendersi utile al centrosinistra. Lo farà?
Per tornare a vincere. Si può ripartire dalla Sardegna?
2 Maggio 2008
1 Commento
1 commento
1 andrea raggio
2 Maggio 2008 - 19:16
Concordo pienamente con la critica a Soru. Osservo però che il suo comportamento monocratico, è in linea con l’attuale assetto governatoriale della regione. Non credo che Soru sia disposto a cambiare. La regione, invece, può e deve cambiare. In questo fine legislatura? Il tempo è poco, ma è sufficiente per avanzare una candidatura nuova, di svolta programmatica. I candidabili del PD sono tutti paciosamente rassegnati al quieto vivere. C’è qualcuno che ha voglia di scuotersi? Batta un colpo. Comunque non rinuncerei a porre in primo piano la svolta programmatica.
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