Luisiana Gaita
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Nel rapporto, relativo al 2014, emergono segnali di miglioramento: negli ultimi 5 anni le violenze fisiche o sessuali sono diminuite dal 13,3% all’11,3%, ma crescono dal 26,3% al 40,2% quelle più gravi che provocano ferite. Secondo il dossier di We World Onlus il 25% dei giovani giustifica i maschi violenti e ActionAid denuncia la poca trasparenza nell’utilizzo dei fondi stanziati grazie alla legge sul femminicidio
di Luisiana Gaita | 24 novembre 2015
Non solo 25 novembre. La violenza sulle donne si consuma ogni giorno: sono quasi 7 milioni – secondo i dati dell’ultimo rapporto Istat – le vittime che hanno subìto qualche forma di abuso nel corso della propria vita. Mentre secondo quanto emerge nel dossier “Rosa Shocking 2″ dell’associazione We World Onlus per un under 30 su tre gli episodi di violenza domestica vanno affrontati dentro le mura di casa. Tra dati allarmanti, app per difendersi sempre più diffuse e polemiche su quanto effettivamente si fa per combattere il fenomeno, l’ultima denuncia arriva da ActionAid e riguarda la mancanza di trasparenza sull’utilizzo dei fondi ad hoc da parte delle amministrazioni pubbliche.
UNA DONNA SU TRE HA SUBITO VIOLENZA – Secondo i dati dell’Istat (aggiornati al giugno scorso e relativi al 2014), sono 6 milioni e 788mila le donne che hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni. Praticamente una donna su tre. Il 20,2% è stata vittima di violenza fisica, il 21% di violenza sessuale, il 5,4% di forme più gravi di abusi come stupri (si parla di 652mila casi) e tentati stupri (746mila). Mentre a rendersi responsabili delle molestie sono nella maggior parte dei casi (il 76,8%) degli sconosciuti, il 62,7% degli stupri è commesso da un partner attuale o precedente. Il 10,6% delle donne ha subìto violenze sessuali prima dei 16 anni. Aumenta la percentuale dei bambini che hanno assistito ad episodi di violenza sulla propria madre (si è passati dal 60,3% del 2006 al 65,2% del 2014).
LA MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA – Nel rapporto Istat emergono segnali di miglioramento: negli ultimi 5 anni le violenze fisiche o sessuali sono passate dal 13,3% all’11,3%, rispetto ai 5 anni precedenti il 2006. Un calo dovuto soprattutto a una maggiore consapevolezza delle donne, che riescono con maggiore frequenza a prevenire situazioni di pericolo e a uscire da relazioni a rischio. Più spesso considerano la violenza subìta un reato (dal 14,3% al 29,6%) e la denunciano di più alle forze dell’ordine (dal 6,7% all’11,8%). Nessun segno di miglioramento per quanto riguarda gli stupri e i tentati stupri (1,2% sia per il 2006 sia per il 2014). Le violenze sono più gravi: aumentano quelle che hanno causato ferite (dal 26,3% al 40,2% da partner) e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita (dal 18,8% del 2006 al 34,5% del 2014).
L’INDULGENZA DEGLI UNDER 30 – Ai dati Istat vanno incrociati con quelli del rapporto “Rosa Shocking 2. Violenza e stereotipi di genere: generazioni a confronto e prevenzione“, che l’associazione We World Onlus ha condotto insieme a Ipsos Italia. Secondo il dossier il 32% dei ragazzi tra i 18 e i 29 anni afferma che gli episodi di violenza vanno affrontati all’interno della mura domestiche. Non solo. Per il 25% (un giovane su 4) la violenza sulle donne è giustificato dal troppo amore oppure al livello di esasperazione al quale gli uomini sarebbero condotti da determinati atteggiamenti delle donne.
POCA TRASPARENZA NELL’UTILIZZO DEI FONDI – L’ultima denuncia sul fenomeno arriva da ActionAid, i centri antiviolenza della rete Dire e Wister. Le associazioni si sono riunite per presentare la mappatura delle risorse stanziate grazie alla legge sul femminicidio 119/2013 e finora spese. “Per il piano antiviolenza 2013/2014 sono stati stanziati 16 milioni e 400mila euro, ma solo 6 milioni sono arrivati nelle case rifugio” segnala ActionAid. Che chiede l’elaborazione di una mappa dei centri antiviolenza e più trasparenza nella gestione dei fondi da parte delle amministrazioni. Per monitorare la destinazione delle risorse si sono potuti raccogliere i dati di sole sette amministrazioni. Solo per dieci Regioni si può consultare la lista delle strutture che hanno beneficiato dei fondi statali e solo in cinque – Piemonte, Veneto, Puglia, Sicilia e Sardegna – sono stati pubblicati online i nomi di ciascun centro con le risorse ricevute. Dall’analisi delle delibere regionali, poi, “è emerso che non sempre i dati relativi al numero dei centri antiviolenza – come ha evidenziato il monitoraggio – combaciano con quelli del documento di riparto della Conferenza Stato-Regioni“.
LA TECNOLOGIA CHE SALVA LE DONNE – Sono sempre più numerose, invece, le App che aiutano le donne vittime di violenza, come Shaw, acronimo di Soroptimist Help Application Women. L’App connette l’utente al 112 per richiedere aiuto in situazioni di emergenza e fornisce anche informazioni legali su violenza e stalking mettendo in contatto la vittima con il centro antiviolenza più vicino. A Milano, la Asl e l’associazione Telefono Donna hanno lanciato l’applicazione gratuita “Stop Stalking” in cinque lingue diverse: italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. Si possono memorizzare su un diario episodi preoccupanti, dagli appostamenti alle percosse per poi inviare le informazioni allo sportello stalking di Telefono Donna, aperto 24 ore su 24. Si chiama, invece, “Save the Woman” un’altra applicazione – studiata per prevenire gli abusi – lanciata dalla società Smartland e dalla criminologa Roberta Bruzzone. Attraverso un test si stabilisce il livello del rischio di violenza da parte del proprio partner, superato il quale la App consiglia di rivolgersi a un centro antiviolenza.
di Luisiana Gaita | 24 novembre 2015
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