Andrea Pubusa
L’altro giorno i dirigenti sardi di SEL, Massimo Zedda, Uras ed altri hanno espresso una valutazione politica che ha avuto rilievo anche nei media nazionali. Cosa han detto i nostri prodi di tanto importante? A ben vedere, niente di nuovo rispetto alle loro scelte politiche di questi anni. La rilevanza sta però nell’avere esplcitato i presupposti politici generali della loro azione, delineando una forte distinzione da Sinistra Italiana, che viene assunta a simbolo di un fallimento. In buona sostanza Zedda e compagni dicono che SEL può vivere solo se si propone come appendice del PD. Non c’è spazio per una collocazione autonoma nella tenaglia PD-M5S. E siccome i pentastellati non trattano neppure coi naufraghi della sinistra, a costoro non rimane che cercare fortuna elettorale, ponendosi come l’ala sinistra dello schieramento di centro-destra che fa capo a Renzi . E così come Alfano e Verdini coprono l’ala destra dell’alleanza, SEL copre l’ala sinistra. Di qui la critica a Sinistra italiana, che non sfonda da sola e rischia seriamente di scomparire alla prossima scadenza elettorale nazionale.
Ora, non si può contestare il realismo di questa analisi, ma - a ben vedere - essa manifesta una volontà di resa incondizionata, di rinuncia alle ragioni profonde di rigenerazione della sinistra su cui SEL era nata. Zedda & C. ammettono che questo obiettivo, oggi riproposto da Sinistra Italiana, è velleitario e irrealistico perché questo spazio è ormai occupato dal M5S e, dunque, per sopravvivere non rimane che appoggiarsi al PD, condividendone il destino. A ragione, dunque, Michele Piras denuncia il carattere rinunciatario di questa posizione e stimola a mantenere viva un’ipotesi di percorso autonomo.
Se allarghiamo lo sguardo vediamo nella sinistra altre rinunce. La CGIL, ad esempio, che si è guardata bene dallo schierarsi per il NO nel referendum costituzionale, rimanendo paralizzata, ma sostanzialmente dando man forte a Renzi. In questi atti di SEL e della CGIL vedo un “cupio dissolvi“, un’istintiva propensione al suicidio, per SEL ormai perpetrato e in fase di esito finale (estinzione totale), per la CGIL in fase avanzata di esecuzione. Basti pensare che il governo Renzi ha sostanzialmente liquidato lo Statuto dei lavoratori e con la riforma costituzionale mira a limitare fortemente la rappresentanza politica con un Senato non elettivo, con la soppressione delle province elettive, con una legge elettorale che riduce il voto dei cittadini a simulacro vuoto senza potere sostanziale di scelta della propria rappresentanza. Ora, la CGIL ben sa che l’attacco alla rappresentanza generale ha uno specifico precedente nell’eliminazione della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, come ben mi ha fatto notare un lavoratore dell’industria in un illuminante intervento di qualche tempo fa ad Iglesias.
In questo quadro di sostanziale rinuncia alle ragioni storiche della propria esistenza SEL e gli altri piccoli gruppi della sinistra e ora anche la CGIL lasciano al M5S l’intera rappresentanza delle forze di alternativa, come appare sempre più chiaro anche ai compagni e alle compagne più incerti. Non è questione di simpatia o meno verso i pentastellati, è che la difesa seza riserve della Costituzione è uno dei loro obiettivi fondamentali e che la vittoria del NO non è rimessa ai comunicati clandestini di SEL o ai documenti critici e senza impegno della CGIL, ma alla mobilitazione decisa da Grillo e dai suoi nella campagna d’autunno in convergenza obiettiva col Comitato per il NO.
Si parva licet componere magnis, la situazione attuale mi ricorda l’abdicazione dei partiti socialisti nel 1914 quando votarono i crediti di guerra schierandosi con le loro rispettive borghesie nazionali. Qui SEL (Pdci, Rifondazione etc.) e la CGIL fanno altrettanto allineandosi a Renzi o rimanendo ambigui in una battaglia centrale e decisiva per le sorti del Paese quale è quella per la difesa della Costituzione contro lo scasso accentratore renziano. Corrono veloci verso il precipizio. Certo, c’è ancora tempo per rimediare, Landini ci ha detto l’altra sera che a settembre la CGIL prenderà posizione sul referendum (e pare che l’orientamento prevalente sia per il NO). Meglio tardi che mai, ma gran parte del danno è già fatto.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.
Lascia un commento