Amsicora
Più che un paese di santi, di naviganti ed eroi, l’Italia è un paese di pretesi giuristi. Ognuno interpreta e propone le soluzioni più strampalate e fantasiose e lo fa come se stesse dicendo cose serie, frutto di dottrina. In questi giorni l’invenzione è lo spacchettamento del referendum costituzionale: porre tanti distinti quesiti quanti sono i punti toccati dalla deforma Renzi-Boschi-Verdini. I radicali, che vogliono apparire sempre i primi della classe, hanno già depositato in Cassazione cinque blocchi di domande: 1) bicameralismo; 2) elezione e composizione del Senato; 3) elezione giudici Corte costituzionale; 4) Titolo V rapporti Stato-Regioni; 5) istituto referendario. A questo elenco dovrebbero aggiungersi i quesiti parziali sul procedimento legislativo e sull’abolizione del Cnel.
Secondo i suoi sostenitori lo spacchettamento dovrebbe essere richiesto dal comitato promotore se riuscirà a raccogliere entro il 14 luglio 500mila firme. In campo ci sono i radicali, il comitato per il No e il comitato per il Sì sostenuto dal Pd. Se nessuno di questi soggetti riesce a raccogliere le firme richieste, la palla dovrebbe passare ai parlamentari. Quelli che hanno chiesto il referendum potrebbero - secondo questa tesi - chiederne anche l’articolazione in distinti quesiti. Ora, l’ipotesi che gli stessi parlamentari possano fare due richieste diverse di referendum non è regolata. Ma niente paura i nostri sedicenti giuristi non si arrendono e, in nome del favor per la consultazione popolare, sostengono che ciò che non è vietato è ammesso.
Volete la mia, senza infingimenti? Tutte fragnacce! Si confonde ciò che doveva farsi con ciò che si è fatto. Una delle obiezioni più serie del fronte del NO, già nel 2006 contro il testo della revisione Berlusconi, è che la Costituzione si modifica per singoli punti, con emendamenti, sul modello USA. Questo sistema consente di integrare la Carta, aggiornandone l’impianto fondamentale senza stravolgimenti. Così negli States la Carta è sempre quella di fine Settecento dei padri fondatori, con integrazioni che l’hanno arricchita e migliorata. Il sistema degli emendamenti evita gli squilibri connessi alle modifiche estese e pervasive. Renzi vuol modificare circa 50 articoli su 139, più che una revisione è una demolizione. Un modo di procedere contro la lettera e lo spirito della Costituzione: l’art. 138, nel prevedere il referendum c.d. confermativo, in realtà oppositivo, ci dice che il quesito deve prestarsi ad una risposta secca, sì o no, e questo può farsi solo per revisioni limitate a singoli punti.
Ora, che butta male per Renzi i suoi zelanti difensori, palesi ed occulti, vogliono fare un passo indietro e proporre distinti referendum, in modo da disinnescare la mina che Renzi si è acceso sotto i piedi. Ma tecnicamente è un’operazione impossibile. Per spacchettare bisogna fare un’altra legge costituzionale o meglio tante leggi quanti sono i singoli punti da sottoporre a referendum. In pogni caso il testo sotto referendum andrebbe modificato prima della consultazione popolare. Ma questo, anche per ragione di tempi, è ora impossbile.
E allora cosa vogliono gli spacchettatori? Creare confusione, parare il fondo schiena di Renzi, creando pretesti per un rinvio della consultazione popolare.
Si prospetta il seguente scenario. Viene presentata la richiesta. L’ufficio elettorale centrale della Cassazione ha 30 giorni di tempo per accogliere o respingere l’istanza di spacchettamento. Nel primo caso i tempi di celebrazione del referendum, seppure depotenziato dall’effetto spacchettamento, rimangono quelli previsti, tra ottobre e dicembre 2016. Se, invece, lo spacchettamento sarà giudicato inammissibile, la procedura si complica. Alcuni giorni fa, Giuliano Amato, giudice della Corte costituzionale, ci ha svelato, per bocca di Radioradicale, quale è il vero esito dell’ipotesi spacchettamento: «Davanti alla richiesta del referendum spacchettato… la Cassazione potrebbe decidere per l’inammissibilità». Amato ben sa che si tratta di una ipotesi fantasiosa sul piano giuridico e dunque sicuramente inammissibile. In questo caso, prosegue il dottor sottile «mi aspetto che il comitato promotore di questo referendum, configurato come potere dello Stato ai fini del referendum, sollevi un conflitto di attribuzione con la Cassazione presso la Corte Costituzionale». «Ove questo accadesse — conclude Amato con una chiosa premonitrice — i tempi si allungherebbero, determinando un ulteriore slittamento» della data del referendum. Ecco, il vero obiettivo degli spacchettaori: creare confusione per allungare i tempi. In altre parole, far di tutto per salvare Renzi dalla ghigliottina in cui ha infilato da se stesso la testa. Ma noi sostenitori del No siamo per il rispetto dei tempi dell’esecuzione. Vogliamo, impietosamente e puntualmente, calare la lama! E dopo grideremo con gioia: “giustizia è fatta!”.
1 commento
1 Referendum | Aladin Pensiero
14 Luglio 2016 - 01:26
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