Red
Massimo Villone, Alfiero Grandi, Silvia Manderino del Comitato contro l’Italicum, che ha promosso i due referendum abrogativi, hanno comunicato che l’obiettivo di raacogliere 500.000 firme non è stato raggiunto.
Abbiamo mancato l’obiettivo per 80.000 firme: 420.000 (418.239 per il premio di maggioranza e 422.555 per i capilista bloccati). Non bastano, ma sono comunque uno straordinario risultato della mobilitazione organizzata dal Comitato nazionale e dai comitati territoriali.
Cosa proponevamo? Anzitutto l’abrogazione del premio di maggioranza, compreso il ballottaggio senza soglia, che consegna i poteri di governo a un singolo partito, anche ampiamente minoritario nei consensi reali, e dei capilista a voto bloccato, per cui almeno i 2/3 dei futuri deputati sono nominati dai vertici di partito. Norme ancora più gravi alla luce delle modifiche costituzionali – volute dal governo e oggetto del referendum di ottobre – che affidano alla sola camera dei deputati il rapporto di fiducia con il governo e tolgono al senato la natura di assemblea elettiva.
I due quesiti abrogativi sull’Italicum son stati inseriti in una più vasta stagione referendaria, volta anche a decisivi temi sociali come la scuola, il lavoro, l’ambiente. Siamo convinti di avere per la nostra parte contribuito a un fondamentale recupero di partecipazione e di consapevolezza democratica. L’impegno di decine di migliaia di cittadini, che hanno dato vita a 400 comitati locali, è di grandissimo valore. Si sono spesi senza limiti nel raccogliere le 420.000 firme, avendo un unico, comune, interesse: la rinascita collettiva della democrazia nel Paese e l’impegno a diffondere e a comprendere quanto siano vitali coscienza e responsabilità di essere cittadini. A loro va il nostro apprezzamento e la nostra gratitudine. Il loro generoso impegno ha confermato che ci sono importanti potenzialità democratiche nel paese, che dovrebbero essere valorizzate da quanti hanno a cuore una democrazia viva.
Perché non ce l’abbiamo fatta a raggiungere la soglia minima delle 500.000 firme? Anzitutto per gli ostacoli palesi e occulti frapposti alla raccolta delle firme, che nonostante le chiacchiere sul radioso futuro informatico del nostro paese viene fatta secondo modalità che si possono definire ottocentesche. Il governo non ha mosso un dito per consentire l’uso della Pec per ottenere le certificazioni dai comuni. Con l’istituzione delle aree metropolitane i funzionari hanno perso il potere di certificazione che avevano nelle preesistenti province. Sopratutto questa deficienza ci ha impedito anche a Cagliari di raccogliere tante firme di elettori residenti nell’hinterland o nella provincia.
Sull’informazione è meglio stendere un velo pietoso. Della raccolta delle firme e delle sue ragioni hanno parlato solo il Fatto e il Manifesto. Questo assordante silenzio mediatico ha grandemente ostacolato il contatto con l’opinione pubblica, rendendo difficile spiegare perché Italicum e modifiche costituzionali sono un tutto unico, da valutare e modificare insieme. Soprattutto per questo deficit informativo non siamo riusciti a rendere evidente che meccanismi elettorali e modifiche costituzionali non riguardano solo la “casta”. Determinando le scelte politiche e la loro traduzione in regole giuridiche toccano in prospettiva le concrete condizioni di vita delle persone come, ad esempio, l’occupazione, l’istruzione, la salute, le pensioni.
L’incostituzionalità della legge ci ha indotto a perseguire con la via referendaria anche quella del giudizio davanti alla Corte costituzionale, avviando iniziative giudiziali in venti tribunali con l’obiettivo di far sollevare una questione di costituzionalità. Una iniziativa particolarmente gravosa, che ha già prodotto un primo risultato. La Corte si pronuncerà il prossimo 4 ottobre. Auspichiamo che voglia accogliere le nostre motivazioni di incostituzionalità.
La battaglia dunque continua. I 400 comitati territoriali fin qui sorti sono presenti in ogni parte del paese. Siamo oggi molto più radicati e diffusi di quando siamo partiti e stiamo lavorando intensamente nella campagna elettorale per il referendum costituzionale di ottobre. Questo è l’impegno prioritario per la difesa della Costituzione e della democrazia, nel quale dobbiamo spendere tutte le nostre energie nazionali e locali con un secco e forte NO alle deformazioni della Costituzione. Un successo del NO riaprirebbe anche il confronto sulla legge elettorale, che, non a caso, le oligarchie nazionali ed internazionali vorrebbero tale da imbrigliare la volontà popolare e bloccare la partecipazione democratica.Nei prossimi giorni verrà varato un programma per la campagna elettorale per il referendum costituzionale e per il suo autofinanziamento. Queste proposte verranno portate ad un incontro nazionale dei comitati territoriali convocato per il 16 luglio a Roma.
1 commento
1 francesco Cocco
6 Luglio 2016 - 11:48
Anche se l’obiettivo non è stato raggiunto, sarerbbe stato difficile raggiungere il quorum. Il Grande Furbo contava su questo aspetto. Quindi ora deve farsi più pressante l’impegno per il referendum di Ottobre……… ma ad ottobre ci sara in referendum ??|| Il grande Furbo condurrà la partita non in base alla correttezza istituzionale ma esclusivamente in base alla propria convenienza.
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