Una risposta all’indebito arruolamento di Pietro Ingrao tra gli ispiratori della revisione costituzionale Renzi-Boschi.
da Maria Luisa Boccia | 22 Mag 2016 | Archivio Ingrao, Interventi, Problemi della Democrazia, Riforme costituzionali |
La risposta della presidente CRS al materiale propagandistico che, su Facebook, attribuisce indebitamente a Pietro Ingrao un approccio alla questione istituzionale coincidente con l’impianto di revisione costituzionale Renzi-Boschi.
Gustavo Zagrebelsky lo aveva previsto, con buon anticipo, ed aveva risposto, in un documento di “Giustizia e Libertà”, pubblicato quasi integralmente da “Il fatto quotidiano” (6marzo 2016), dal quale riprendiamo le prime righe e il punto 10 che ci interessa:
“Nella campagna per il referendum costituzionale i fautori del Si useranno alcuni slogan. Noi, i fautori del No, risponderemo con argomenti.
Loro diranno, noi diciamo
10. Diranno che i partiti di sinistra, già al tempo della Costituente, avevano criticato il bicameralismo (cuore della riforma) e che perfino Pietro Ingrao, ancora negli anni 80, si espresse per l’abolizione del Senato.
Noi diciamo: andate a leggere i resoconti di quei dibattiti e vi renderete conto che si trattava, allora, di semplificare le istituzioni parlamentari per dare più forza alla rappresentanza democratica e fare del Parlamento il centro della vita politica (si parlava di “centralità del Parlamento”). La visione era quella della democrazia partecipativa o, nel linguaggio di Ingrao della “democrazia di massa”. Oggi è tutto il contrario: si tratta di consolidare il primato dell’esecutivo, emaerginado la rappreserntanza, in quanto portatrice di autonome istanze democratiche.
Per facilitare la lettura, pubblichiamo una pagina di Ingrao, proprio sulla commissione Bozzi.
“può apparire, in fondo, singolare che quei gruppi politici i quali fanno imputazione al Parlamento di prolissità e di ‘lentocrazia’, non solo abbiano scartato la via limpida e ragionevole del monocameralismo e della riduzione del numero dei parlamentari, ma siano approdati ad una proposta di bicameralismo confuso, che rischia di aumentare aspramente il contenzioso fra i due rami del Parlamento, e quindi produrre nuovi tipi di ritardo.
(…) Contemporaneamente si creano condizioni tali per cui la programmazione dei lavori parlamentari risulta essere tutta agita attraverso la combinazione della decretazione d’urgenza, con la ‘corsia preferenziale’ e con il ricorso allargato al meccanismo del voto di fiducia. (…) Insomma: si ha l’immagine di una proposta a carattere fortemente partitico, tesa a rafforzare i poteri di un ceto politico governante, che si è formato e depositato in questi decenni.”
Quanto alla legge elettorale, che è parte sostanziale del sistema politico-istituzionale, Ingrao è sempre stato un convinto proporzionalista, in ragione di una legittimazione allargata e plurale del Parlamento. Lo conferma il giudizio, formulato nel 1985, nel testo qui citato, sulla legge maggioritaria, proposta dalla Dc nel ’53: “la legge maggioritaria (…) produceva un forte spostamento non solo nei numeri delle presenze in Parlamento, ma nel ruolo e volto del Parlamento stesso, in quelle sue funzioni legittimanti e connettive che erano scritte nel dettato costituzionale.”
Non solo, come si vede, Ingrao era per una riforma del Parlamento di segno opposto a quella attuata dal governo Renzi. Ma quest’ultima, lungi dall’essere un’innovazione mai finora neppure immaginata, come si vuol far credere, non è nulla più che il compimento di un disegno di revisione costituzionale, già in atto negli anni ’80. Il cui segno di fondo per Ingrao era quello “di affrontare le novità palesi – sociali ed istituzionali – attraverso l’uso di metodi non direi centralistici, ma di preminenza di oligarchie dirigenziali”.
Le citazioni sono da “Crisi e riforma del Parlamento”, Ediesse 2014, p. 59-60 e p.51.
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