Antonello Murgia
Le prospettive future
La legge 833/1978 si è rivelata una buona legge, che ha promosso il concetto di salute come diritto universale contenuto nella nostra Costituzione ed ha prodotto un sensibile miglioramento sanitario della popolazione culminato nel riconoscimento per il nostro Servizio Sanitario del 2° posto al mondo (dopo la Francia), come qualità, nell’indagine OMS del 2000.
Lo scenario attuale presenta però elementi che preoccupano perché per la prima volta nella storia repubblicana si presenta la concreta possibilità di un arretramento rispetto a conquiste che sembrava non potessero essere messe in discussione. Scelte governative mettono in discussione il diritto alla salute e sembrano riporre fiducia nelle capacità del mercato di dare le risposte giuste. Si veda in proposito il libro verde del ministro Sacconi: “E’ finito il tempo della contrapposizione, tutta ideologica, tra Stato e mercato ovvero tra pubblico e privato. Un Welfare delle opportunità non può che scommettere su una virtuosa alleanza tra mercato e solidarietà”. Oggi che la ricetta neoliberista ha mostrato in pieno il suo fallimento, che proprio la scommessa dell’alleanza tra mercato e solidarietà è la coimputata della grave crisi delle principali Case automobilistiche USA, è preoccupante che il governo italiano proponga quella strada che la patria del liberismo sta mettendo in forte discussione. Peraltro, l’interesse privato è sempre in agguato, anche nei Paesi più consapevoli e virtuosi, in un settore come quello sanitario nel quale ruota la fetta più grande del bilancio degli Stati: la ricerca medica ha prodotto, in questi ultimi anni, la mappatura del genoma umano, generando con ciò la speranza di capire l’origine di molte malattie ad eziologia ancora sconosciuta e soprattutto di prevenirle o curarle. Aziende private hanno prontamente iniziato a commercializzare kit del costo di qualche centinaio di € per una valutazione genetica del rischio per una serie di malattie: ad uno studio pubblicato recentemente e di cui ha dato conto anche la stampa non specializzata, l’utilità di tali kit non è risultata superiore ai metodi tradizionali, a dimostrazione da un lato che c’è ancora molto da studiare e dall’altro che è opportuna una sana diffidenza dalle sirene private la cui ragione sociale è l’ottenimento di un pur legittimo guadagno.
Che dire poi del Ministero della Salute che nel nuovo assetto governativo non esiste più come dicastero autonomo, ma è stato incluso, assieme alle Politiche Sociali, nel Ministero del Lavoro, come se la salute fosse una variabile dipendente delle esigenze produttive?
E come interpretare i tagli alla sanità che, pur abilmente camuffati (compaiono non nel testo del D.L. 112/08 convertito nella legge 133/08, ma nella relazione tecnica di accompagnamento e nel DPEF 2009 – 2013) assommano nel triennio prossimo, secondo i calcoli del Dipartimento Welfare della CGIL, a circa nove miliardi di euro e sono assolutamente ingiustificati alla luce della spesa sanitaria rapportata al PIL degli ultimi anni?
In una situazione di questo tipo, occorre cercare un ancoraggio realistico, ma sicuro, che garantisca il nostro sistema sanitario dalla deriva neoliberista. Esso può essere, a mio avviso, individuato nel libro bianco licenziato dalla Comunità Europea il 27.10.2007, dal titolo “Un impegno comune per la salute: Approccio strategico dell’UE per il periodo 2008-2013”. Esso prende in considerazione i problemi sanitari presenti attualmente nei Paesi europei, come ad esempio quelli legati all’invecchiamento della popolazione (analizzati anche nel libro verde di Sacconi), ma non li demonizza, né li usa per secondi fini: “Favorire un invecchiamento sano significa, da un lato, promuovere la salute lungo tutto l’arco della vita in modo da prevenire i problemi di salute e le disabilità fin dalla più giovane età, e, dall’altro, combattere le disparità a livello di salute derivanti da fattori sociali, economici e ambientali. Questi aspetti sono strettamente legati all’obiettivo strategico generale della Commissione a favore della solidarietà”. L’Unione Europea ispira le sue scelte ai “valori generali di universalità, accesso a un’assistenza di buona qualità, equità e solidarietà”, ricordando che “La Carta dei diritti fondamentali riconosce il diritto di ogni cittadino di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche” e che per realizzare ciò “la partecipazione dei cittadini costituisce un valore fondamentale” e inoltre “occorre intensificare le attività di ricerca …e accrescere le capacità della sanità pubblica”.
Un punto critico del sistema è “la capacità di leggere, selezionare e capire le informazioni sanitarie onde poter elaborare giudizi fondati” e allora la Comunità europea impegna gli Stati membri nella “promozione di programmi di alfabetizzazione sanitaria”. Come si vede, è un approccio sostanzialmente opposto a quello del Governo, perché fatto di più ricerca e di potenziamento della sanità pubblica, nella consapevolezza che ”la spesa per la salute non costituisce solo un costo, ma rappresenta piuttosto un investimento”. Far rispettare in Italia le strategie delineate per il quinquennio 2009-2013 nel libro bianco della UE significherebbe mantenersi nel solco tracciato dalla Costituzione prima e dalla Legge di riforma sanitaria poi, impedendo così pesanti arretramenti nella tutela della salute, e sarebbe anche un bel modo per commemorare la L. 833/1978 e festeggiare il suo trentennale.
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