Unioni e convivenze civili: un colpo al bigottismo, ma avranno grande avvenire?

12 Maggio 2016
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A.P.

Bacio scenografico

Confesso: penso che il matrimonio sia un istituto superato. Rispondeva all’esigenza del mondo contadino di unire le forze e di dare sfogo alla sessualità in una società chiusa, oltre che per assicurare la certezza della paternità nelle successioni. Ma, ora scomparso quel mondo e con l’acquisita libertà sessuale a che serve? La riprova? Ormai, oltre il 50% dei giovani non si sposa e chi lo fa, in percentuale altissima, si separa e divorzia, spesso con conseguenze traumatiche. E questi risvolti, talvolta drammatici, sono un forte dissuasore nei riguardi del matrimonio. Per questo, scherzosamente, dico a studenti ed amici, che - data la situazione - un istituto a cui dovrebbe estendersi l’usucapione è il matrimonio: dovrebbe perfezionarsi, senza alcun rito, solo dopo vent’anni di pubblica e pacifica convivenza!
Che dire dunque della legge sulle unioni civili? Estende i diritti alle coppie gay, e l’ampliamento dei diritti è sempre un fatto positivo. Anzi, ho sempre pensato che questo - l’ampliamento dei diritti - sia il modo serio di revisione della Costituzione con emendamenti puntuali, che consentano un quesito omogeneo cui rispondere con un sì o un no al referendum. Questa è materia addirittura da emendamento costituzionale. Non le porcate alla Berlusconi (2006) o alla Renzi oggi, che stravolgono la Carta con un corpo di articoli che investe parti diverse.
Il disegno di legge sulle unioni civili è dunque positivo, e non darei molto peso (a parte le perverse motivazioni) alla mancata previsione dell’obbligo di fedeltà, perché questa c’è o non c’è, a prescindere dai proclami normativi, e mi sembra poco utile - fra l’altro - far discendere dall’infedeltà effetti particolari.
Quanto alla c.d. convivenza di fatto, in realtà questa non è più “di fatto”, posto che ormai è normativamente disciplinata. E’ una nuova forma di matrimonio, quella probabilmente d’ora innanzi destinata ad esse più diffusa per la maggior semplicità di scioglimento, anche se oramai anche separarsi e divorziare è diventato semplice in caso di accordo o in mancanza di figli o di beni. Sarà ugualmente complicato e traumatico sciogliere le convivenze in caso di presenza di figli o di beni, anche perché c’è obbligo di mantenimento nel caso in cui il coniuge separato non disponga di adeguati redditi propri. Il mantenimento durerà per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza. Sono queste le questioni che accendono le liti e il contenzioso in tutti i casi in cui si spezza un sodalizio.
Ma hanno un radioso avvenire questi istituti? Trattandosi di una nuova forma di matrimonio civile, la convivenza di fatto è destinata al pari del matrimonio ad essere poco utilizzata. Chi finora non si è sposato in Comune perché dovrebbe farlo con la nuova disciplina? A parte il diritto sacrosanto all’unione civile, anche per i gay - realisticamente - valgono le stesse dinamiche di costume.
Insomma, bene, anzi benissimo, l’estensione dei diritti, ma i nuovi istituti sono un semplice adeguamento ai tempi di una disciplina che in Italia, per il noto bigottismo, era ferma ad un’era ormai definitivamente tramontata da decenni, mentre rimangono tutte le controindicazioni di fatto e di costume dei nostri tempi a formalizzare le convivenze.

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