Referendum: magistrati e coerenza costituzionale

13 Maggio 2016
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Tonino Dessì

scarpinato 675

Consentitemi di consigliare vivamente la lettura di questa intervista a Roberto Scarpinato, Procuratore generale della Repubblica di Palermo, pubblicata sul quotidiano La Repubblica.
Per quanto riguarda i temi strutturali del referendum costituzionale, il Procuratore generale centra molto efficacemente il raccordo tra modifiche della Seconda Parte della Costituzione e alterazione indotta della Prima Parte, inquadrando i moventi economico-sociali e politici in atto ai quali la legge costituzionale sottoposta alla consultazione obbedisce.
C’è poi una considerazione più generale, sul ruolo della magistratura nel programma costituzionale vigente, che trovo molto confortante, proprio in quanto espressa dal capo di un ufficio della pubblica accusa.
Una considerazione un pò impropriamente semplificata dal giornale, a mio avviso, nell’intitolazione, a testimonianza di una più complessiva distorsione dei temi costituzionali che emerge costantemente dalla lettura di questi temi in chiave di contingenza politica.
Il P.G. afferma infatti: “La magistratura italiana quindi è una magistratura costituzionale e in quanto tale la sua fedeltà alla legge costituzionale è prioritaria rispetto alla legge ordinaria”.
Ovvio che non sta parlando di una magistratura il cui compito sarebbe anzitutto quello di “vigilare sui politici” ed eventualmente, addirittura, non conformandosi alla legge.
I magistrati italiani credo sappiano bene che il loro controllo diffuso e generale di costituzionalità si esplica su tutti i soggetti e in tutti i rami dell’ordinamento -civile, amministrativo e penale- mediante l’eccezione di incostituzionalità, con la quale si innesca il processo alla legge davanti al Giudice delle leggi. Non può esercitarsi quindi mediante l’inosservanza della legge stessa, la quale peraltro, prima ancora dell’eventuale invocazione dell’eccezione di incostituzionalità, deve essere sempre oggetto di interpretazione e di eventuale applicazione entrambe “costituzionalmente orientate”.
Evidentemente il senso è un altro ed è quello di ribadire il concetto che nel nostro ordinamento democratico nessun comportamento è sottratto al canone e al vaglio della correttezza costituzionale e che questa doverosa funzione non può essere contestata nè sottratta ad alcun magistrato. Ciò implica anche che nessun magistrato può eludere l’obbligo di conformare l’esercizio della sua funzione al medesimo canone.
Fuoriuscendo per un attimo dal tema referendario, tale consapevolezza, una volta tanto lucidamente esplicitata da un P.G., incoraggia a nutrire l’auspicio, credo maggioritario, che proprio la funzione inquirente, nel disporre delle condizioni personali degli individui sottoposti a procedimento penale, non trascuri mai l’obbligo di osservare essa stessa, in primo luogo, le garanzie costituzionali poste a tutela dei diritti fondamentali delle persone (non solo quindi dei cittadini). Su questo aspetto, infatti, ancora troppo frequentemente insorgono dubbi, inquietudini, incertezze, esperienze contraddittorie.

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Roberto Scarpinato: “Compito delle toghe è vigilare sui politici, noi fedeli alla Carta più che alla legge”

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Il procuratore di Palermo dissente dal vicepresidente del Csm Legnini: “I magistrati possono partecipare al referendum”
di LIANA MILELLA
11 Maggio 2016
3′ di lettura
ROMA - “Se non capisci come funziona il gioco grande… sarai giocato”. Il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, toga famosa per le sue indagini sulla mafia, è convinto che i magistrati “debbano” esprimersi sul referendum non solo perché “è un nostro diritto “, ma per la futura valenza che la riforma comporta.

Il vice presidente del Csm Legnini (e altri con lui) dice che i magistrati non devono impegnarsi nella campagna referendaria perché finirebbero nella contesa politica. Che ne pensa?
“Mi permetto di dissentire. Forse a tanti non è sufficientemente chiaro quale sia la reale posta in gioco che travalica di molto la mera contingenza politica. A mio parere siamo dinanzi a uno spartiacque storico tra un prima e un dopo nel modo di essere dello Stato, della società e dello stesso ruolo della magistratura. Nulla è destinato a essere come prima”.

Cosa potrebbe cambiare nel futuro rispetto al passato?
“A proposito del passato mi consenta di partire da una testimonianza personale. Tanti anni fa ho deciso di lasciare il mio lavoro di dirigente della Banca d’Italia e di entrare in magistratura perché ero innamorato della promessa-scommessa contenuta nella Costituzione del 1948 alla quale ho giurato fedeltà “.

E quale sarebbe questa “promessa-scommessa “?
“Quella scritta nell’articolo 3 di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”. Era uno straordinario programma di lotta alle ingiustizie e un invito a innamorarsi del destino degli altri.

La Repubblica si impegnava a porre fine a una secolare storia nazionale che Sciascia e Salvemini avevano definito “di servi e padroni” perché sino ad allora intessuta di disuguaglianze e sopraffazioni che avevano avuto il loro acme nel fascismo e nella disfatta della seconda guerra mondiale”.

Sì, però l’attuale riforma costituzionale si occupa solo della seconda parte della Costituzione e lascia intatta la prima sui diritti. Cosa la turba lo stesso?
“La seconda parte è strettamente funzionale alla prima. Proprio per evitare che la promessa costituzionale restasse un libro dei sogni e per impedire che il pendolo della storia tornasse indietro a causa delle pulsioni autoritarie della parte più retriva della classe dirigente e del ritardo culturale delle masse, i padri costituenti concepirono nella seconda parte della Costituzione una complessa architettura istituzionale di impianto antioligarchico basata sulla centralità del Parlamento e sul reciproco bilanciamento dei poteri”.

E perché tutto questo coinvolgerebbe le toghe? Realizzare la promessa non era compito della politica?
“All’interno di questo disegno veniva affidato alla magistratura il ruolo strategico di vigilare sulla lealtà costituzionale delle contingenti maggioranze politiche di governo”.

Un’affermazione forte… Ma di quale vigilanza parla?
“I giudici, tra più interpretazioni possibili della legge ordinaria, devono privilegiare quella conforme alla Costituzione e, se ciò non è possibile, devono “processare la legge”, cioè sottoporla al vaglio della Consulta. La magistratura italiana quindi è una “magistratura costituzionale” e, in quanto tale, la sua fedeltà alla legge costituzionale è prioritaria rispetto a legge ordinaria. È una rivoluzione copernicana del rapporto tra politica e legge di tale portata che a tutt’oggi non è stata ancora metabolizzata da buona parte della classe politica che continua a lamentare che la magistratura intralcia la governabilità sovrapponendosi alla volontà del Parlamento”.

Con la riforma Renzi questo equilibrio potrebbe saltare?
“Alcune parti di questa riforma si iscrivono in un trend più complesso. Oggi tutto ciò rischia di restare solo una storia terminale della prima Repubblica, perché quello che Giovanni Falcone chiamava “il gioco grande”, si è riavviato su basi completamente nuove. Alla fine del secolo scorso, a seguito di fenomeni di portata storica e mondiale, sono completamente mutati i rapporti di forza sociali macrosistemici che furono alla base del compromesso liberal-democratico trasfuso nella Costituzione del 1948. Lo scioglimento del coatto matrimonio di interessi tra liberismo e democrazia ha messo in libertà gli “animal spirits” del primo che ha individuato nelle Costituzioni post fasciste del centro Europa una camicia di forza di cui liberarsi”.

Un attimo: cosa si sarebbe rimesso in moto?
“Si è avviato un complesso e sofisticato processo di reingegnerizzazione oligarchica del potere che si declina a livello sovranazionale e nazionale lungo due direttrici. La prima è quella di sovrapporre i principi cardini del liberismo a quelli costituzionali trasfondendo i primi in trattati internazionali e trasferendoli poi nelle costituzioni nazionali. Esempio tipico è l’articolo 81 della Costituzione che imponendo l’obbligo del pareggio di bilancio impedisce il finanziamento in deficit dello Stato sociale e trasforma i diritti assoluti sanciti nella prima parte della Costituzione in diritti relativi, cioè subordinati a discrezionali politiche di bilancio imposte da organi sovranazionali spesso di tipo informale e privi di legittimazione democratica. La seconda direttrice consiste nel trasferimento dei centri decisionali strategici negli esecutivi nazionali incardinati ad esecutivi sovranazionali, declassando i Parlamenti a organi di ratifica delle decisioni governative e sganciandoli dai territori tramite la selezione del personale parlamentare per cooptazione elitaria grazie a leggi elettorali ad hoc. Il gioco dialettico tra maggioranza- minoranza viene disinnescato grazie a premi di maggioranza tali da condannare le forze di opposizione all’impotenza”.

Questo è uno scenario politico. Perché ciò dovrebbe interessare la magistratura?
“Se muta la Costituzione, cioè la Supernorma che condiziona tutte le altre, rischia di cambiare di riflesso anche la giurisdizione. La magistratura già oggi è sempre più spesso chiamata a farsi carico della cosiddetta legalità sostenibile, cioè della subordinazione dei diritti alle esigenze dei mercati, e quindi delle forze che governano i mercati. L’articolo 81 della Costituzione ha costituzionalizzato il principio della legalità sostenibile che si avvia a divenire una norma di sistema baricentrica del processo di ricostituzionalizzazione in corso. La conformazione culturale della magistratura al nuovo corso potrà essere agevolata dalla possibilità di minoranze, trasformate artificialmente in maggioranze grazie al combinato disposto dell’Italicum e di alcune delle nuove norme costituzionali, di selezionare i giudici della Consulta e la componente laica del Csm”.

Cosa direbbe a un giovane magistrato oggi indeciso se impegnarsi nella campagna referendaria?
“Che se non capisci come funziona il gioco grande, sarai giocato. Da amministratore di giustizia rischi di trasformarti inconsapevolmente in amministratore di ingiustizia”.
Interviste Politica
roberto scarpinato

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