Gianna Lai
Mercoledì 11, alle ore 17, presso l’Istituto Colombo in via del Sole n. 20 -Cagliari, a cura del CIDI, verrà presentato il libro di Daniele Novara e Elena Passerini, Con gli altri imparo. le GUIDE Erickson. Partecipa Daniele Novara. Ecco una recensione del libro di Gianna Lai.
In copertina un gruppo di bambini sorridenti, che si stringono fra loro a cerchio, come dovessero ratificare un’intesa e dichiararsi pronti per la partenza: pronti a intonare una canzone insieme, a muovere i primi passi di un nuovo ballo, o ad aprire subito la sfida con la squadra avversaria? Prendono le mosse da questa emblematica immagine Daniele Novara e Elena Passerini nel loro bel libro CON GLI ALTRI IMPARO, le guide Erickson, da poco in libreria. Ed è già dando uno sguardo al sottotitolo, Far funzionare la classe come gruppo di apprendimento, che per il lettore comincia a delinearsi una prima risposta alle domande, si tratti di gioco o di impegno di studio o di attività di ricerca. Al centro la complessità dei processi di apprendimento, un’esperienza prima di tutto sociale l’apprendimento, e la costruzione di ‘una didattica focalizzata sulle attività di gruppo, contro ogni forma di didattica individualistica, ormai del tutto prevalente nella scuola di oggi’. In questo libro sono descritti ‘i metodi e le tecniche per una progettualità e una pratica educativa, che dalle risorse del gruppo prende le mosse, ‘in gruppo si impara meglio’, il lavoro di gruppo per ottenere apprendimenti significativi, per ricondurre il sapere ‘all’esperienza concreta e diretta’. E ricondurre alla capacità di regia maieutica la funzione del docente, che deve esprimersi nell’attivare ‘esperienze in cui gli alunni si muovono liberi, alla ricerca di soluzioni e di risposte autonome’. Contro la scuola fondata esclusivamente sull’ascolto dell’insegnante, e le risposte esatte degli studenti all’interrogazione, aiutare le persone ad imparare, sollecitando domande e interessi che mettano in movimento le curiosità degli alunni, per farne emergere attitudini e capacità. Senza giudizi e senza voti. Organizzare cioè, dicono gli autori, processi di apprendimento ’secondo una logica sociale’, in cui ‘l’errore è accettato come necessità evolutiva’, di maestro errore parlava Maria Montessori, e benvenuta è l’imitazione, che ‘consente la crescita dell’apprendimento’. E secondo le nuove consapevolezze pedagogiche del mutuo insegnamento tra compagni, da Freinet a Don Milani, perché si impara ‘osservando, imitando e riproducendo ciò che fanno gli altri’.
Si sviluppa man mano il quadro, e si arricchisce sempre di nuovi ragionamenti che, preparando alla sintesi, rinviano poi al nuovo tema, mettendone in luce articolazioni e complessità. Perchè l’argomento non è semplice, deve raggiungere educatori di vario livello, dagli insegnanti ai genitori, e la chiarezza del discorso è data proprio dall’evidenza con cui ogni nuova sintesi prende corpo al centro della pagina . Quasi che il libro cresca insieme alla presa di coscienza del lettore, per spianargli la strada attraverso le prime definizioni, dal più facile al più difficile, dal significato di ‘coesione ducativa’, fino allo sviluppo della figura dell’insegnante. Coesione educativa è saper comunicare e discutere tra docenti, ma anche tra genitori, ‘ponendo le basi per una collaborazione chiara e sostenibile’. Confrontarsi sui problemi concreti, esplicitando sempre i dissensi in modo costruttivo, e confermando ‘reciprocamente il ruolo dell’altro agli occhi degli educati’. E compito dell’insegnante è quello di organizzare i processi di apprendimento e la gestione del gruppo, motivandolo e sostenedolo nel lavoro, e ponendolo in grado di definire da sé la propria funzione. Secondo la capacità dell’adulto di rapportarsi agli studenti come persone degne di valore e rispetto, di saperli incoraggiare e valorizzare. Perché sentirsi accettati e rispettati dà sicurezza, essendo un processo lo sviluppo dell’identità di ciascuno, e la condivisione di un’esperienza collettiva, come quella scolastica, fondamentale per la formazione della personalità. Contro la scuola trasmissiva, se l’azione viene prima della teoria e dei contenuti, allora è necessario conoscere e saper regolare i processi che guidano l’apprendimento nelle varie fasi dell’età evolutiva, e innescare la relazione nel gruppo, a partire da un punto di vista operativamente cooperativo. Così ‘insegnare a litigare bene’ favorisce il ruolo del gruppo classe e ‘l’apprendimento di capacità ed esperienza di carattere sociale e relazionale’, la scuola in quanto acquisizione di conoscenza e di concreti comportamenti sociali.
In tutti quegli esempi, che alleggeriscono la stesura del testo e insieme ne rafforzano i contenuti, il senso profondo dei rituali, dal diario personale, alla storia del gruppo, al diario collettivo di classe. Il gomitolo per dare il turno di parola a ogni partecipante e vedere i collegamenti tra le persone, e tutte quelle attività esemplificative in risposta al ‘come fare’, che sorge spontaneo in chi legge. Dieci pagine di consultazione, da rivedere quando serve, ascolto, espressione, attenzione al linguaggio non verbale: ‘le attività’ descrivono giochi ed esercitazioni, modi di lavorare sull’emozione, significati nella costruzione di un’opera collettiva o di un giornale murale, che racconti la vita della classe. E la scrittura, che è comunicazione e capacità di elaborazione del pensiero, su cui si fondano tutte le attività, le attività per scrivere insieme. E poi la classe di tipo frontale, la disposizione a U e in cerchio e a piccoli gruppi. E il Consiglio di cooperazione, perchè circolino le idee e le proposte e la discussione.
Infine, nel Manifesto del buon conflitto, so-stare nel conflitto, la sintesi de ‘l’insegnare a litigare bene’, contro la visione giudicante e moralista della nostra scuola, che porta a sospensioni e bocciature. Si distingue tra conflitto, ‘esperienza generativa e ben situata nella relazione’, e violenza, che è invece distruttiva e responsabile della fine della relazione. Regolare il conflitto in senso educativo, il docente-regista, favorisce piuttosto l’esplicitazione dei conflitti, sicchè i prolemi non restino nell’ombra a causare violenza e bullismo, e fa domande, e lascia parlare. E insegna, attraverso il ’sistema di decantazion emotiva’, a stare sul problema, per attivare una trasformazione, una crescita nel gruppo, e giungere poi all’accordo finale.
Così l’intervento sulla relazione e sul gruppo, nella tragica vicenda di storie di bullismo, esito di un conflitto gestito male. Quali le domande, quale il percorso da compiere, secondo l’approccio maieutico? Gli autori ci invitano a scrivere, come fosse esercitazione seminariale, ed è l’iceberg del conflitto, nella figura del triangolo tratteggiata da Daniele Novara, a dare significato alla nostra partecipazione. E a rendere la complessità del processo, quel voler rappresentare la parte sommersa del conflitto come il vero problema da affrontare.
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