Non si puo’ rimanere a guardare!

7 Gennaio 2009
1 Commento


                                                                      APPELLO

C’è un modo per evitare il massacro di civili
C’è un modo per salvare il popolo palestinese
C’è un modo per garantire la sicurezza di Israele e del suo popolo
C’è un modo per dare una possibilità alla pace in Medio Oriente
C’è un modo per non arrendersi alla legge del più forte
e affermare il diritto internazionale:
CESSATE IL FUOCO IN TUTTA L’AREA
RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE ISRAELIANE
FINE DELL’ASSEDIO DI GAZA
PROTEZIONE UMANITARIA INTERNAZIONALE
Facciamo appello a chi ha responsabilità politiche e a chi sente il dovere civile perché sia rotto il silenzio e si agiscaLe Nazioni Unite e l’Unione Europea escano dall’immobilismo e si attivino
per imporre il pieno rispetto del diritto internazionale

L’Italia democratica faccia la sua parte.

Le nostre organizzazioni si impegnano, insieme a chi lo vorrà,
per raccogliere e dare voce alla coscienza civile del nostro paese.

ACLI, ARCI, LEGAMBIENTE

1 commento

  • 1 Gaibfranco Sabattini
    7 Gennaio 2009 - 15:25

    Gianfranco Sabattini
    L’appello di ACLI, ARCI e LEGAMBIENTE per un cessate il fuoco in Medioriente, per il ritiro immediato delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza e per l’organizzazione di una protezione umanitaria internazionale a favore, è implicito nell’”Appello”, dei soli palestinesi dalla bombe di Israele appartiene ad una sorta di “retorica della tregua” da “sei palle un soldo”. I civili massacrati nella Striscia (non solo bambini e donne, ma anche uomini di mezza età ed anziani) non sono diversi da quelli massacrati nelle guerre del Dafur, di Grozny, Bagdad, Cabul, Belgrado e delle città e villaggi israeliani; anche questi caduti dovrebbero, o avrebbereo dovuto, sollecitare la richiesta di un “cessate il fuoco” e di una “protezione umanitaria” nella stessa misura in cui la richiesta è invocata per i soli civili di Gaza. L’appello di ACLI, ARCI, e LEGAMBIBTE è certo motivato da ragioni ampiemente condivisibili sul piano morale e su quelle del realismo politico; tuttavia, occorre riconoscerlo, se esso non è accompagnato da un impegno che vada al di là del puro e semplice obiettivo del “dare voce alla coscienza civile del nostro paese” per rifiutare la “sproporzione” della risposta di Israele alle “provocazioni” di Hamas fa correre il rischio che i risultati concreti di tale impegno siano destinati a conservarsi fragili e poco duraturi. Perché una tregua nell’area mediorientale sia possibile acquisirla a tempo indeterminato occorre, obiettivamente, che essa non sia solo il risultato di una mobilitazione acritica volta ad evocare un’”interposizione di forze di pace” per conto di un’istituzione internazionale da tempo screditata come l’ONU o iniziative inconcludenti di altri organismi come le istituzioni dell’Unione Europea, ma sia anche conseguenza della creazione delle condizioni necessarie perchè le parti in conflitto si riconoscano reciprocamente e dell’individuazione dei motivi per cui ciò, allo stato attuale, non avviene. Coloro che si impegnano per la realizzazione di una tregua devono, infatti, riconoscere e chiedere, a tutti i loro referenti, intanto che siano coinvolte su un piano di parità le parti più direttamente coinvolte (incluso Hamas, previa la sua rinuncia al non-riconosciemnto dello stato di Israele e ad azioni terroristiche condotte attraverso la realizzazione di “scudi” umani coinvolgenti le popolazioni civili dietro le quali nascondere la costituzione di forze armate e di riserve di materiale bellico); in secondo luogo che siano individuati gli attori internazionali che, per un verso, hanno sinora latitato nella risoluzione del probleme mediorientale e che, per un altro, sono allo stato attuale i principali responsabili della mancata realizzazione delle condizioni per una pace duratura (non solo l’Iran, ma anche tutti coloro - Sarkozy e stati arabi inclusi - che sono interessati al controllo della risorsa strategica petrolio).
    Tutti coloro che dichiarano la loro disponibilità per favorire l’emergere di una duratura pace in Medioriente, perciò, devono condure la loro azione nella consapevolezza di queste due dure alternative: o riescono a fare rinunciare da parte di chiunque lo sostenga il “rifiuto di Israele”, oppure dovranno adattarsi alla vista di ultriori ingiustificate sofferenze delle popolazioni civili, nel qual caso tutti gli “Appelli” dei pacifisti dovranno avere come scopo la liberazione dei palestinesi dalla mortale influenza di Hamas.

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