Satta non giura, ma quanti Satta ci sono nelle istituzioni?

22 Aprile 2016
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 Andrea Pubusa

L'arresto di Giovanni Satta

Se c’è una curiosità nel caso di Giovanni Satta, il consigliere regionale dell’Uds in carcere (v. foto) per associazione a delinquere e traffico internazionale di stupefacenti, non è ch’egli venga sospeso. E non solo perché non può giurare in aula, ma perché per tutti i dipendenti pubblici e per le persone che svolgono funzioni pubbliche l’arresto comporta la sospensione automatica, vincolata. Il motivo? Molto semplice: non possono svolgere le loro funzioni dal carcere.  Basta la disciplina generale. Non c’è bisogno si scomodare la legge Severino, come ha fatto la prefettura di Cagliari. Anche se una procedura particolare può trovare giustificazione nel particolare status del consigliere regionale, che è componente - non lo si dimentichi - di un organo legislativo, ossia di un parlamento, quali i Consigli regionali sono, anche se tutti se ne sono scordati, primi fra tutti i Consigli regionali stessi.
Si legge sui giornali che, in attesa del
la (scontata) decisione di Palazzo Chigi sulla sospensione, Satta incasserà lo stesso il 70 per cento dello stipendio base. Ma della correttezza di questa soluzione si può dubitare assai: prima del giuramento il Satta non è componente del Consiglio, non è in carica, per cui non ha giustificazion ch’egli percepisca, a tale titolo, un emolumento, foss’anche ridotto.
Ma tutto questo ha una sua disciplina e non desta interesse, sono questioni per legulei. Ciò che invece colpisce è che ormai sempre più frequentemente eletti alle assemblee rappresentative sono coinvolti in fatti criminosi commessi non nell’esercizio delle proprie funzioni, come nei ben noti abusi d’ufficio, ma prima o a prescindere dall’elezione. Gli eletti spesso fanno parte di vere e proprie associazioni criminali che spacciano, fanno traffici illeciti, rapinano e truccano appalti, su su fino a guidare la mano di ministri nel redigere emendamenti e articoli di legge. Talora i protagonisti delle diverse bande si conoscono e si toccano. L’assalto ai furgoni portavalori con a capo il vicesindaco di Villagrande fa il paio con l’organizzazione degli appalti truccati, per la conoscenza reciproca - almeno stando ai giornali - dei promotori di queste organizzazioni del crimine.
Forse non è azzardato concludere che spesso, non siamo in presenza di eletti che per caso delinquono nell’esercixio del potere, ma di delinquenti e bande che assaltano le istituzioni, che se ne impossessano, rientrenado la conquista di ruoli pubblici nella loro strategia criminale complessiva. Quindi le liste hanno a loro base non semplici consorterie locali, ma vere e proprie organizzazioni malavitose.
Questa considerazione pone molti quesiti, primo fra tutti quello sulla qualità della c.d. governance prodotta dalle leggi elettorali ipermaggioritarie. Non è che questi strumenti, comprimendo fino ad annullarla la rappresentanza, finiscano non solo per favorire la formazione o la perpetuazione di oligarchie autoreferenziali (la casta), ma addirittura la formazione di gruppi di potere criminali? Viene in mente il modello mafioso, anche se, nella mafia classica, le istituzioni venivano asservite tramite la corruzione degli amministratori, mentre qui gli amministratori sono i diretti protagonisti dei fenomeni criminali.
Di fronte a tutto questo, forse, i pallettoni ai sindaci sono un fatto di minore gravità, se non fosse che i fenomeni si saldano in una base comune. Gli uni e gli altri sono il frutto dell’avvizzimento della democrazia locale, delle leggi truffaldine che hanno ucciso la rappresentanza e il protagonismo delle comunità. Si cerca il rimedio nelle telecamere, e scopriremo fra non molto anche lì affari e malaffari. Si dimentica che il controllo vero non è quello del televideo, ma  quello democratico, che si esercita anzitutto nelle istituzioni, se esse sono veramente rappresentative. Ma per far questo ci vuole un radicale ripensamento ed una inversione di rotta rispetto alla sciagurata corsa a leggi elettorali che non rinforzano maggioranze esistenti, ma trasformano infime minoranze in maggioranze bulgare. Nei Comuni come alla Regione, come a Roma governano oligarchie espressione di cerchie ristrette, talora, come dice la cronaca, che ha il suo nucleo in bande criminali organizzate, altre, come nel caso di Renzi, in gruppi neanche eletti.
Vogliamo iniziare la bonifica dalle leggi elettorali?

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