Franco Bandiera
Franco Bandiera, professore di Diritto Privato nell’Ateneo cagliaritano, inizia la collaborazione a questo sito con una riflessione sul caso Englaro.
1. Sul diritto a sospendere le cure alle quali è sottoposta Eluana Englaro si è pronunziata con sentenza passata in giudicato e, come tale, oramai incontestabile, la magistratura italiana.
Ora, non si comprende come possa pensare un Ministro della nostra Repubblica di imporre alle autorità sanitarie (ospedali pubblici e privati) di disattendere un provvedimento esecutivo, fra l’altro già passato in giudicato, del giudice. Riferisce la Rai che il Ministro avrebbe addirittura minacciato di revocare le convenzione all’ospedale di Udine che si era offerto di prestare assistenza alla famiglia Englaro qualora l’Amministrazione dell’Ospedale medesimo non avesse desistito da tale proposito.
Come può un Ministro della nostra Repubblica istigare i soggetti deputati all’osservanza del provvedimento giurisdizionale a disattenderlo? Ignora forse il nostro Ministro tali fondamentali principi? A questa stregua, un ministro potrebbe arrogarsi il potere di ordinare agli ufficiali giudiziari di non eseguire un provvedimento giudiziario o ad un ente pubblico di rifiutarsi di ottemperare al giudicato.
Viene calpestato il principio della separazione fra poteri legislativo, esecutivo e giudiziario risalente alla rivoluzione francese e si ha quasi l’impressione di ritornare indietro di svariate centinaia di anni, quando al sovrano spettava anche il potere di somministrare giustizia, di guisa che aveva l’ultima parola anche in tale contesto.
2. Di recente, l’Amministratore dell’ospedale di Udine ha avuto un moto di orgoglio e ha sottolineato in un intervista trasmessa dai telegiornali nazionali l’incongruenza ed irricevibilità delle richieste del Ministro; tuttavia, con un atteggiamento incoerente, forse dettato dal timore, ha poi dichiarato di voler attendere la “decisione” della Regione. L’ospedale di Udine. chiamato ad eseguire una sentenza esecutiva e definitiva, non ha necessità di alcuna altra autorizzazione e placet: può, o meglio deve, eseguire la sentenza.
Con un comportamento assolutamente irreprensibile ed encomiabile, i genitori di Eluana Englaro non hanno voluto percorrere alcuna scorciatoia e si sono sempre mossi nella piena legalità, senza mai cadere in polemica, alzare i toni o lasciarsi indurre alla facile spettacolarizzazione della vicenda, attendendo la decisione del giudice. Anche quando avrebbero potuto, forti di un provvedimento esecutivo, realizzare il loro obbiettivo, hanno atteso che un giudice di grado superiore decidesse delle contestazioni proposte e deliberasse in merito all’istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento del giudice di primo grado.
Mi piacerebbe che, come in tutti i paesi civili, il Ministro osservasse, come hanno fatto i genitori di Eluana, la legge italiana e, pertanto, non tentasse di ostacolare l’applicazione di un provvedimento giurisdizionale esecutivo e definitivo.
1 commento
1 Marcello Vignolo
6 Gennaio 2009 - 15:02
Salutiamo con piacere la nuova autorevole firma che arricchisce il sito.
Il caso del Ministro che, fuori da ogni regola, si arroga il diritto di dare disposizioni, non solo in contrasto con un provvedimento giurisdizionale passato in giudicato, ma addirittura esplicitamente rivolte ad impedire che a tale provvedimento possa ottemperarsi, si inserisce in un contesto di sempre più preoccupante perdita di valore del principio di legalità. Non ricordo, al momento, casi analoghi di così clamorosa ingerenza del potere esecutivo sui provvedimenti giurisdizionali, ma ricordo molto bene casi anche recentissimi nei quali quel fondamentale valore è stato calpestato, nel silenzio ed anzi con il compiacimento di una componente importante della società civile, alla quale evidentemente sfugge che quel principio di legalità non può tollerare eccezioni di sorta. Mi riferisco in particolare alla statutaria, sulla quale, personalmente, sono certo dovessero applicarsi i noti principi in materia di referendum confermativo che, in ragione del risultato referendario, avrebbero dovuto impedirne la promulgazione. Ma se su questo punto posso giungere, con grande sforzo, a credere all’onestà intellettuale di chi la pensa diversamente, del tutto impossibile è accettare che un democratico di indiscusso prestigio, già presidente della Corte Costituzionale, abbia potuto suggerire al Presidente della Regione - in assoluto dispregio delle regole - di modificare la formula della promulgazione della legge, per superare l’ostacolo che ne avrebbe impedito la promulgazione stessa. Ovviamente, il suggerimento è stato ben gradito e messo in pratica. Ma c’è da rimanere sgomenti di fronte a questi casi così clamorosi, perché essi non sono certo il frutto di errori tecnici, ma di una precisa volontà di concentrare nelle mani dell’esecutivo un potere sempre meno soggetto ad alcun controllo.
E’ auspicabile che nelle scuole e nelle università, insieme agli altri fondamentali valori della nostra carta costituzionale, trovi il giusto spazio la difesa del principio di legalità, che è anche condizione di sopravvivenza di ogni democrazia.
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