Hanno fatto un sudoku e lo chiamano semplificazione

14 Aprile 2016
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 Carlo Dore jr.

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Avantieri, mentre alla Camera si svolgeva la surreale votazione di approvazione in seconda lettura della deforma costituzionale Renzi-Boschi-Verdini, a Cagliari tenevamo un incontro per illustrare il procedimento legislativo attuale e quello “deformato”. Ecco una sintesi estrema della bella relazione di Carlo Dore jr.

Quali gli obiettivi dichiarati della modifica costituzionale Renzi-Boschi-Verdini? Maggiore efficienza del sistema politico, procedimento legislativo più semplice e agile, riduzione dei costi della politica.
Funzionale all’attuazione di questo obiettivo sarebbe il “superamento del bicameralismo perfetto” delineato dagli art. 70 ss. Cost.: l’impianto della riforma si regge infatti sulla presenza della Camera dei Deputati (eletta grazie all’Italicum) a cui spetta il potere di accordare la fiducia al governo e di approvare gran parte delle leggi (quelle per la cui approvazione la Carta non richiede il concorso del Senato), e appunto di un Senato descritto come una sorta di Bundesrat all’italiana.
Muovendo dal problema della riduzione dei costi della politica, occorre subito segnalare che la qualità di una democrazia non può essere valutata esclusivamente in termini economici. E’ certo che la mancata corresponsione di una indennità ai nuovi senatori (la cui remunerazione si esaurisce nelle spettanze ad essi riconosciute in ragione della loro carica di sindaco o di consigliere regionale) porterà ad una riduzione della spesa corrente, ma è altrettanto certo che questa riduzione non sarà tanto sensibile da alleggerire in maniera decisiva il bilancio dello Stato.
I nuovi senatori, infatti, avranno comunque diritto a dei rimborsi per le spese di viaggio e di pernottamento; inoltre, la presenza di un “Senato” (seppure non elettivo) implica comunque che, lungi dall’essere trasformata in un museo, la struttura organizzativa di Palazzo Madama continuerà ad operare, e i costi che questa struttura comporta continueranno a gravare sulle casse dello Stato.
Il nuovo testo non supera il bicameralismo, ma introduce un “monocameralismo spurio” o “bicameralismo sciancato”. Dall’esame del testo della riforma, una prima criticità viene subito posta all’attenzione dell’interprete: il bicameralismo perfetto non viene integralmente superato. Il Senato continua infatti a concorrere all’approvazione di alcuni importanti disegni di legge.
In particolare, il Senato partecipa all’approvazione:
1) delle leggi costituzionali e di revisione costituzionale;
2) delle leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali in materia di referendum popolari e “altre forme di consultazione anche delle formazioni sociali” (ndr., quali siano queste particolari forme di consultazione delle formazioni sociali non è dato sapere…)
3) delle leggi elettorali e delle leggi che disciplinano l’ordinamento e gli organi di governo dei Comuni, delle Città metropolitane nonché delle varie forme di associazione tra i Comuni;
4) delle c.d. leggi comunitarie;
5) delle leggi che determinano i casi di incompatibilità e di ineleggibilità dei senatori;
6) della legge che attribuisce i seggi in Senato e che regola l’elezione dei Senatori tra consiglieri regionali e sindaci (e già sul punto si apre un potenziale problema di costituzionalità: può questa legge essere approvata dal Senato nella sua attuale composizione, ancorché il nuovo testo della Carta ne rimetta l’approvazione a un Senato rappresentativo delle istituzioni territoriali?)
7) delle leggi di ratifica dei trattati UE, della legge che contiene l’ordinamento di Roma capitale, delle leggi che delegano alle Regioni la potestà regolamentare in materie di esclusiva competenza statale; delle leggi che regolano le condizioni in presenza delle quali le Regioni possono siglare intese con altri Stati o con enti territoriali di altri Stati; altre leggi in materia di enti locali.
Problema: se da un lato è comprensibile il coinvolgimento del nuovo Senato nel procedimento di approvazione di leggi che riguardano le autonomie locali, d’altro lato non si comprende né la ragione per cui un Senato rappresentativo delle istituzioni territoriali debba concorrere all’approvazione di leggi che riguardano il sistema istituzionale statale, né il motivo che giustifica la scelta di attribuire a un Senato composto da consiglieri regionali e sindaci una funzione di raccordo tra Stato, enti costituzionali e UE.
Ed ecco il quesito: “semplificazione o complicazione”? La risposta all’interrogativo emerge dalla semplice lettura delle disposizioni approvate ieri dalla Camera: un procedimento legislativo delineato con assoluta linearità ed unico viene sostituito da almeno cinque sotto-procedimenti, caratterizzati da un affannoso gioco di rinvii ad altre norme, pareri non vincolanti e termini di dubbia valenza. “Le leggi siano poche, semplici e chiare, affinché nessuno per capirle abbia bisogno di nessuno”: le scelte di Renzi sono lontane anni-luce dal monito di Montesquieu.

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